#poetrylovers di tutto il mondo, felice domenica!
Chiudiamo l'anno 2022 con i soliti buoni propositi, gli auguri di tante care cose e un articolo alquanto... “vanitoso”; sì, perché l'intento spudorato è quello di vantare. Non me stessa, chiaramente, bensì una delle meglio riuscite produzioni piemontesi degli ultimi decenni: la PENNA.
Lontani dalle più comuni immagini di automobili, gianduiotti e vino (di cui siamo fieri, per carità!), vogliamo quest'oggi avvicinarci alla storia economico-sociale di una ridente cittadina della provincia di Torino, Settimo Torinese, per molti anni leader nella produzione di un oggetto tanto simbolico quanto essenziale. E vorrete mica la vostra affezionata Johanna Poetessa non sia informata su un fatto simile!? Dove prendono vita le penne, lei accorre!
Mi sembra già di sentire le domande che vanno formandosi: come Settimo T.se è potuta diventare la capitale internazionale degli articoli per la scrittura, quali fattori e personaggi hanno giocato il ruolo di catalizzatori, “scrivendo” così una pagina di rilievo nella storia locale?
Impossibile non partire dagli incredibili traguardi raggiunti dalle aziende locali e non tenerne conto per saggiarne la tenacia. A partire dal secondo dopoguerra, infatti, spesso in condizioni sfavorevoli e senza il sostegno di finanziatori esterni o incentivi statali (oggi tanto in voga, allora neppure concepiti), coraggiosi lavoratori settimesi – operai e piccoli artigiani trasformatisi poi in imprenditori – seppero diversificare le produzioni in base alla domanda del mercato e al gusto che andava formandosi nel pubblico. Ciò dimostrò sin da subito le loro grandi capacità di adattamento e la spinta creativa in un momento di ritrovato slancio misto pur sempre a scie di paura.
Un breve ma completo excursus sui passaggi salienti: attorno alla metà del XIX secolo, nel Piemonte governato da Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II, la famiglia Pagliero cominciò a specializzarsi nella fabbricazione di bottoni in osso, un’attività che trovò terreno fertile soprattutto dopo l’Unità d’Italia. Proseguendo con la sua storia, fu proprio di ritorno da un viaggio in Veneto (nel 1912) che il capostipite, Luigi Pagliero, iniziò a lavorare materiali alternativi quali l'avorio, la tartaruga, la galalite e la celluloide: quell'evoluzione segnò la prima fase di un lungo e complesso processo di diversificazione produttiva. Il passo successivo fu di avventurarsi nel campo delle penne stilografiche e delle matite a mina scorrevole. Come ogni rivoluzionario che si rispetti, venne presto imitato: i primi furono quelli ribattezzati goliardicamente “veronesi” (ricordiamo Favetta, Giacomazzi, Draba), lavoratori immigrati che si stanziarono infine nel ramo meridionale del Monte Baldo, fra il lago di Garda e la valle dell’Adige.
Durante il secondo conflitto mondiale, com'era prevedibile, furono in molti a dedicarsi alla produzione di penne: lavandai, artigiani, negozianti, meccanici... Ovunque sorsero laboratori, anche grazie alle lucrose commesse germaniche. Non soltanto più Settimo, bensì un effetto domino che pervase i comuni limitrofi di Volpiano, Leinì, Borgaro e Brandizzo. Tuttavia, finita la guerra, in un contesto economico assai mutato e più conscio del mercato europeo, chi riuscì a perseverare e conseguire risultati duraturi nel settore della cancelleria dovette necessariamente provvedere a migliorarne la qualità, puntando ad esempio sulle materie termoplastiche, sull'incremento della produzione e della sua varietà e, ancora, sull'automatizzazione degli impianti, continuando parallelamente la ricerca di nuovi acquirenti per le penne a sfera e le penne a feltro (i cosiddetti “pennarelli”). Da questo momento in poi si riscontrano i maggiori successi per l'industria settimese.
Per quanto curioso e affascinante, questo episodio della storia economica piemontese mette in luce un fatto: gli operatori di settore - detti “piumisti”, com'erano chiamati a Settimo T.se - non seguirono “rotte” prestabilite in vista di precisi “approdi” e non seppero reinventarsi o prevedere le future difficoltà che li avrebbero investiti. In altre parole, la maggior parte delle attività non ebbe piena coscienza delle caratteristiche, delle implicazioni e dei limiti intrinsechi a una crescita destinata a mutare, seppur sbalorditiva.
Un autentico fiume d’oro il quale, tuttavia, non riuscì a inondare ma soltanto a lambire Settimo e dintorni.
Nonostante ciò, “fino agli anni 70-80 del secolo scorso uscivano dalle fabbriche di Settimo circa otto milioni di penne al giorno” (Silvio Bertotto, Una città in punta di penna)!
Dal 2008 in poi, invece, con l’utilizzo massiccio degli strumenti digitali di scrittura, la delocalizzazione delle aziende, l’arrivo dei prodotti asiatici e la pesante crisi economica, è iniziata una profonda e costante curva di discesa nella produzione locale di penne. Oggi, in quei medesimi territori, le aziende di settore ancora attive sono meno di dieci e la maggioranza non si occupa più di penne stilografiche bensì di penne a sfera promozionali o pennarelli in plastica. Anch’esse si sono ridimensionate e alcune - spesso piccole imprese familiari - hanno orientato le proprie produzioni verso oggetti di altissima gamma, venduti e apprezzati soprattutto sul mercato estero.
Quello stesso inclemente mercato che tutt'oggi contribuisce a selezionare drasticamente le aziende (per non dire decapitare), risparmiando soltanto chi sa stare al passo.
Tuttavia, in un contesto di forte globalizzazione economica e spaventosa concorrenza dai paesi dell'est, l'industria della penna piemontese resiste seppure in formato ridotto: laddove tutto era nato ed esploso, prosegue una tradizione di alta qualità e funzionalità. La scrittura, per ora, è salva!
Conoscevate questa storia?
La lirica di oggi è tratta dalla raccolta “Uno spasso” (1967) della meravigliosa poetessa polacca Wisława Szymborska.
LA GIOIA DI SCRIVERE
Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un'acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio – anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola “bosco”.
Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.
In una goccia d'inchiostro c'è una buona scorta
di cacciatori con l'occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.
Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d'occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.
C'è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a un mio comando incessante?
La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d'una mano mortale.
Questo verso in particolare:
“C'è dunque un mondo”
Perché non proporci di conoscerlo sempre meglio, tramite la #scrittura, appunto – la #lettura – l'#arte – la #poesia?
Pensateci su.
A proposito, buone feste! E, nel dubbio, regalate una penna!