Starving Pets nasce come progetto parallelo e solitario di Andy, voce e chitarra nei Farmer Sea, attivi nella scena indipendente italiana tra il 2004 e il 2016. Starving Pets ha quasi sempre suonato in acustico aprendo concerti di artisti stranieri. “No Shake, No Feels” è il debutto ufficiale di Starving Pets uscito per Dead End Street Records. Tutte le canzoni del disco sono state realizzate da livelli sonori diversi che si amalgamano all’interno della forma canzone, lasciando ampio spazio alla libertà espressiva dell’unico musicista esterno coinvolto (il batterista Francesco Alloa) e alla sapiente produzione artistica di Manuel Volpe, con cui Andrea ha lavorato a stretto contatto sia per la costruzione che per la destrutturazione dei pezzi.
Come si è avvicinato alla musica Starving Pets e perché si chiama così?
Starving Pets si è avvicinato alla musica quasi per caso. Non arrivo da una famiglia di persone che suonavano uno strumento. Ascoltavano tanta musica italiana. Quindi diciamo che sono andato controcorrente rispetto alle mie radici. Il mio primo tentativo di band è stato alle elementari, nella soffitta del condominio dove abitavano i miei genitori. Una pianola Bontempi e una chitarra acustica. È durata una prova. Il secondo tentativo in seconda superiore. Sempre tastiera Bontempi con drum machine incorporata e chitarra acustica. Provavamo a risuonare l’unplugged dei Nirvana. Diciamo che da lì in poi non mi sono mai più fermato. Il nome Starving Pets nasce perché suona bene e perché è come racchiudere insieme tutti gli starving pets del mondo, con le loro sofferenze e i loro dolori.
Cosa ispira la scrittura dei suoi testi?
All’inizio sicuramente relazioni sentimentali e di amicizia andate in rovina. Col passare del tempo i significati sono diventati sempre più universali e spigolosi. Quindi oltre a sentimenti e amicizie rovinate, anche il dolore, la perdita, il distacco.
Ci racconta come è nato l’Ep No Shake, no Feels?
È nato quasi per caso ed è stato sviluppato lungo il 2020, avendo più tempo a disposizione per concentrarmi sui pezzi. Da qui è venuta fuori una manciata di canzoni molto casalinghe che poi sono state sviluppate in sala prove e successivamente in studio. Nonostante i soli sei pezzi e i 25 minuti di durata lo considero un vero e proprio disco e non un EP.
Quanto è importante la produzione in un lavoro discografico e quanto lo è stata nel suo ultimo Ep?
La produzione è fondamentale, ma solo se dietro ci sono delle belle canzoni e delle belle melodie. Per questo disco sono stato parecchio fortunato perché ho lavorato con il produttore e amico Manuel Volpe, che ha una sensibilità musicale veramente unica. È sempre capace di suggerire la soluzione giusta e ha il polso per capire quando alcune soluzioni di arrangiamento non funzionano.
La sua Torino musicale e non.
La mia Torino musicale è prettamente underground. Nonostante sembri immobile in superficie sotto c’è sempre del movimento. Mancano un po’ le strutture e gli spazi per dare risalto a questo sottobosco musicale. Per fortuna ci sono appuntamenti imperdibili come TOdays e Jazz is dead, per citarne due.
News, live in programma, appuntamenti.
Sto preparando il live in formazione a trio e anche in solo. Presto usciranno le prime date e non vedo l’ora di suonare questo disco dal vivo.