"La Regione Piemonte si compiace di aver ispirato e anticipato l’emendamento al Pnrr, su cui il governo ha posto la fiducia, per finanziare l'accesso ai Consultori alle associazioni cosiddette pro-vita, anziché garantire - con investimenti adeguati da destinare ai servizi pubblici - la piena applicazione della L. 194. Il percorso di decisione della donna (e i servizi deputati ad accompagnarlo) non è un’arena: è un passaggio intenso per il quale si deve garantire rispetto alla libera scelta di ognuna", attaccano Cgil Piemonte e Cgil Torino.
Continua la propaganda pro-famiglia, ma la realtà è che anche in Piemonte mancano i servizi a supporto della genitorialità, gli asili nido e le materne pubbliche non coprono tutto il territorio piemontese ed i consultori, come abbiamo già denunciato, funzionano ad orario ridotto con gravi carenze soprattutto rispetto al supporto alle neo-mamme.
Anche il Comune di Torino, nel documento di indirizzo alla programmazione sanitaria, ha ricordato che i Consultori attualmente attivi garantiscono una copertura inferiore agli standard di legge (1 ogni 20.000 ab.), con disponibilità di operatori per equipe multiprofessionale inferiore alla media nazionale.
Aumentare i consultori e gli operatori che ci lavorano è totalmente alternativo al “modello Torino” delineato dalla Regione Piemonte con la stanza dell’ascolto all’Ospedale Sant’Anna, mai realizzata, ed in attesa del giudizio sul ricorso presentato da CGIL Nazionale, Piemonte e Torino e la Funzione Pubblica non è altro che la conferma che questa maggioranza di governo, identica a quella della Regione, sbandierano simboli vuoti.
Non a caso siamo in campagna elettorale ed il corpo delle donne diventa ancora strumento di propaganda.
Viene esaltato un fondo “nascente” le cui risorse non hanno alcuna trasparenza sull’utilizzo. E soprattutto davvero si può sostenere che pagare un po’ di pannolini o latte alle neo-mamme è la soluzione proposta per incrementare e sostenere la maternità?
La politica, quella intesa per il bene comune, sa perfettamente che è sua responsabilità applicare una legge fortemente voluta dal popolo italiano, e chiede innanzitutto il rispetto all’autodeterminazione delle donne e il pieno funzionamento dei servizi per garantire questo principio inviolabile.
Come già comunicato e sostenuto anche nel presidio tenuto davanti alla Regione, il 6 febbraio scorso, le risorse pubbliche devono servire a sostenere la sanità pubblica.