Attualità | 01 giugno 2025, 07:00

2 Giugno: dalle ceneri della Guerra alla Repubblica

2 Giugno: dalle ceneri della Guerra alla Repubblica

Il 2 giugno 1946 segna uno spartiacque nella storia d’Italia. Quel giorno, per la prima volta, tutti gli italiani – per la prima volta donne comprese – furono chiamati alle urne per scegliere tra monarchia e repubblica. Vinse la seconda, con 12.718.019 voti contro i 10.709.423 raccolti dalla monarchia. Ma dietro i numeri c’era molto di più: c’erano le memorie fresche della guerra, le rovine del fascismo, e la volontà di ricostruire una nazione libera. In questo scenario, Piemonte e Liguria giocarono un ruolo decisivo, sia sul piano simbolico che concreto.

Il passaggio dalla monarchia sabauda alla repubblica non fu solo una questione di sistema politico, ma anche di identità culturale e storica. Piemonte e Liguria – terre di antiche tradizioni, ma anche di forti spinte popolari e intellettuali – furono centrali in questo processo. Con figure come Togliatti, Einaudi, Parri, Pertini e Terracini, il Nord-Ovest dell’Italia divenne culla di una nuova visione del Paese.

Il contesto regionale: dalla Resistenza alla Scelta

Nel Nord-Ovest d’Italia, la scelta repubblicana maturò in un contesto segnato dalla guerra, dalla lotta partigiana e dalla voglia di rinascita. Il Piemonte, culla della monarchia e terra della dinastia sabauda, visse un travaglio profondo. In alcune zone permaneva una certa fedeltà alla corona, ma l’esperienza del conflitto e, soprattutto, l’impegno nella Resistenza cambiarono radicalmente il volto politico e civile della regione. Le brigate partigiane e il Comitato di Liberazione Nazionale operarono non solo come strumenti di liberazione, ma anche come vere e proprie scuole di democrazia, capaci di forgiare una nuova coscienza politica. Fu così che nei centri urbani e operai, da Torino a Cuneo, il voto del 2 giugno 1946 si tradusse in una netta affermazione repubblicana, nonostante il forte simbolismo ancora legato alla monarchia.

Anche la Liguria visse una trasformazione altrettanto intensa. Regione dal forte spirito civile e solidale, fu tra le prime a insorgere contro l’occupazione nazifascista. L’insurrezione di Genova, culminata nella resa delle truppe tedesche senza bisogno dell’intervento alleato, rappresenta uno dei momenti più alti e autonomi della Resistenza italiana. La scelta repubblicana, qui, fu vissuta come un atto morale oltre che politico, un netto rifiuto del passato monarchico e fascista. A Genova, La Spezia, Savona, il voto per la Repubblica fu il coronamento di una lunga stagione di impegno civile, sostenuto anche dalla forte presenza del movimento operaio e sindacale.

In entrambe le regioni, l’impatto della guerra era stato durissimo: città distrutte, famiglie lacerate, industrie in macerie. Ma da quelle rovine emerse una speranza condivisa, quella di un’Italia nuova, costruita dal basso, fondata sul sacrificio e sulla partecipazione di chi aveva lottato per la libertà. Pur partendo da tradizioni diverse, Piemonte e Liguria arrivarono unite alla svolta del 2 giugno: il sogno della Repubblica nacque anche qui, nelle valli, nelle fabbriche, nelle piazze, tra le montagne e lungo il mare.

Le voci della Repubblica: figure politiche centrali

Nel delicato passaggio dalla guerra alla democrazia, alcune figure emersero con forza come interpreti e costruttori della nuova Repubblica. Provenienti da esperienze e formazioni diverse, seppero incarnare, ciascuno a modo suo, le speranze, le tensioni e le aspirazioni di un’Italia che si risvegliava dalle macerie del fascismo.

Palmiro Togliatti, nato a Genova e cresciuto politicamente a Torino, fu tra i protagonisti assoluti del dopoguerra. Leader del Partito Comunista Italiano, fu capace di guidare il PCI verso un ruolo pienamente istituzionale, contribuendo in modo decisivo ai lavori dell’Assemblea Costituente. Il suo legame con il mondo operaio del Nord, in particolare quello piemontese, era profondo, e il suo impegno per una Repubblica democratica e partecipata lo rese uno degli architetti principali della nuova Italia.

A rappresentare l’anima liberale e moderata del Piemonte fu Luigi Einaudi, nato a Carrù e noto per la sua autorevolezza come economista e intellettuale. Dopo la Liberazione, Einaudi divenne una delle figure chiave per garantire la stabilità economica e istituzionale del paese, fino a essere eletto Presidente della Repubblica nel 1948. Simbolo di rigore morale e pensiero razionale, la sua figura unì l’eccellenza accademica alla responsabilità politica in un tempo di grandi incertezze.

Altra figura centrale fu Ferruccio Parri, originario di Pinerolo, ex comandante partigiano e primo Presidente del Consiglio dell’Italia libera. La sua breve esperienza di governo, segnata da forti tensioni interne, rappresentò però un passaggio cruciale: per la prima volta, un uomo della Resistenza sedeva alla guida dello Stato, portando nelle istituzioni la memoria viva della lotta antifascista.

In Liguria, la voce più limpida e intransigente fu quella di Sandro Pertini, savonese, socialista, perseguitato e imprigionato per anni dal regime fascista. Deputato all’Assemblea Costituente, poi Presidente della Camera e infine della Repubblica, Pertini divenne per generazioni la coscienza morale della democrazia italiana. Il suo esempio, fatto di integrità, passione civile e fermezza, parlava direttamente al cuore del paese.

Chiuse questo coro Umberto Terracini, anche lui ligure, genovese di nascita e comunista di lungo corso. Primo Presidente dell’Assemblea Costituente, Terracini fu una figura centrale nel processo di scrittura della Costituzione. La sua autorevolezza e la sua coerenza politica garantirono un equilibrio prezioso nei momenti più delicati dei lavori. In lui si specchiava la continuità tra l’antifascismo militante e la costruzione di una Repubblica parlamentare fondata sui diritti e sulla partecipazione.

Queste voci, pur diverse per provenienza, cultura e percorso, contribuirono insieme a dare forma e sostanza a una Repubblica nata dalla lotta, ma costruita sul dialogo e sulla speranza.

Gli intellettuali: la coscienza critica della Nazione

Nel cammino faticoso che portò l’Italia dalla guerra alla Repubblica, accanto ai politici e ai partigiani, un ruolo fondamentale fu giocato dagli intellettuali. Non si limitarono a commentare il cambiamento: lo accompagnarono, lo stimolarono, ne furono coscienza critica e motore morale. Le loro opere, le loro scelte, persino i loro silenzi, contribuirono a definire l’identità di una nazione che cercava di rifondarsi.

A Torino, Norberto Bobbio rappresentò con lucidità e rigore il volto riflessivo della democrazia italiana. Filosofo del diritto, formatosi tra le aule universitarie e le tensioni politiche del suo tempo, Bobbio fu molto più di un accademico: le sue riflessioni su libertà, Stato e partecipazione civile divennero punti di riferimento per il pensiero repubblicano. Con sobrietà e chiarezza, riuscì a dare voce ai dilemmi e alle speranze di una società in trasformazione, influenzando il dibattito pubblico e intere generazioni.

Non lontano da lui, un’altra figura straordinaria, torinese di adozione, Leone Ginzburg, incarnò il coraggio dell’impegno culturale in tempi bui. Intellettuale ebreo, direttore editoriale della neonata casa editrice Einaudi, Ginzburg fu tra i principali animatori dell’antifascismo torinese. Arrestato e torturato dai nazifascisti, morì nel 1944 nel carcere romano di Regina Coeli. La sua fine tragica ne fece un martire della libertà, ma il suo lavoro editoriale e il suo pensiero restano una pietra angolare dell’Italia che rinasceva nel segno della giustizia e della cultura.

Altrettanto attento alla realtà profonda del paese, Carlo Levi offrì una testimonianza unica delle disuguaglianze italiane. Con Cristo si è fermato a Eboli, frutto della sua esperienza di confino durante il fascismo, Levi raccontò un Sud dimenticato, quasi premoderno, portando alla luce le contraddizioni sociali di un’Italia divisa e fragile. Pittore, scrittore, senatore, Levi fu intellettuale a tutto tondo, e la sua voce contribuì a orientare l’azione politica verso un’attenzione nuova alle marginalità.

Dalle colline delle Langhe, Beppe Fenoglio fu invece la voce più intensa della Resistenza vissuta in prima persona. Nato ad Alba, combatté con le formazioni autonome partigiane e operò come interprete per gli Alleati. I suoi romanzi, tra cui Il partigiano Johnny, Una questione privata e I ventitré giorni della città di Alba, restituiscono con straordinaria forza narrativa il dramma morale e umano della guerra partigiana. La sua scrittura, tesa e limpida, è oggi considerata una delle vette della letteratura italiana del secondo dopoguerra.

Infine, da Genova giungeva la voce poetica di Eugenio Montale. Lontano dalle piazze e dai proclami, Montale seppe rappresentare l’antifascismo dell’anima. La sua poesia, sobria e penetrante, parlava del male di vivere e della necessità di resistere nel silenzio e nella dignità. Premio Nobel per la Letteratura, divenne senatore a vita e simbolo di un’Italia che cercava nella cultura non solo bellezza, ma anche verità e giustizia.

Questi intellettuali non offrirono ricette semplici né visioni consolatorie. Ma fu proprio nella loro capacità di interrogare la realtà, di restare fedeli alla complessità e di unire pensiero e azione, che si formò il tessuto etico e culturale della Repubblica. La loro eredità continua a parlare, a ricordarci che la democrazia non si costruisce solo con le leggi, ma anche — e soprattutto — con le idee.

Un voto, una rinascita

Il Piemonte e la Liguria non furono solo spettatori, ma attori protagonisti della nascita della Repubblica. Nelle loro valli e città, nei loro intellettuali e partigiani, si formò quella coscienza democratica che rese possibile il 2 giugno 1946.

Quel giorno, oggi Festa della Repubblica, non è un ricordo sbiadito. È un’eredità viva, costruita sulle scelte e sui sacrifici di una generazione che volle dire addio alla monarchia e alla guerra per abbracciare la libertà. Un’eredità che nasce anche – e forse soprattutto – tra le Alpi piemontesi e i caruggi liguri.

Ed il nostro gruppo editoriale è presente nei luoghi dove è nata e cresciuta la coscienza democratica del Paese: da Torino a Cuneo e Alba, da Genova a Savona. Città che hanno formato le menti e nutrito il pensiero degli uomini e delle donne che resero possibile il 2 giugno.

Valeria Toscano

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