Sanità | 09 giugno 2025, 18:25

La difficile vita di chi è affetto da ipoparatiroidismo: la cura efficace c'è, ma i costi sono elevati

In Piemonte si stimano 800 persone affette dalla malattia rara con un serio impatto sul sistema. Così dalla Regione arriva la proposta di un ordine del giorno (bipartisan) da inserire nel nuovo piano sociosanitario

Foto di Piron Guillame- tramite Unsplash

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Formicolii agli arti, crampi, mani che si irrigidiscono, difficoltà a muoversi, parlare, fino alla tetania. Senso di ansia, paura, depressione, fatica, nebbia mentale. Sintomi che possono sfociare in cataratta, infezioni, insufficienza renale, convulsioni, aritmie. Una condizione altamente invalidamente, come testimonia Marta Cecconi, presidente dell’Associazione per i Pazienti con Ipoparatiroidismo. Una malattia che ti costringe a correre in ospedale quando i sintomi si presentano, per una flebo di calcio e fosforo che consente di ritornare temporaneamente alla normalità, se va bene, dopo 48 ore. Fino alla crisi successiva. 

In poche parole, una vita che non é più vita. Che non permette di allontanarsi troppo da casa e che si ripercuote anche sulla sfera lavorativa e degli affetti. È quanto racconta chi ogni giorno deve fare i conti con questa malattia rara, le cui manifestazioni, così come i sintomi e gli apparati colpiti, sono i più i diversi. Spesso le cause sono post operatorie, a seguito di interventi chirurgici al collo, in particolar modo dovute a rimozioni di linfonodi in ambito oncologico. Mentre a volte l'origine è autoimmune. 

800 pazienti solo in Piemonte

In Italia è stato calcolato che ogni anno si verificano 3.000 ricoveri per complicanze acute date da questo disturbo che mediamente prevedono circa sette giorni di degenza. In Piemonte si stimano 800 pazienti presi in carico. La cura prevede un trattamento con calcio e vitamina D per compensare la mancata produzione dell'ormone paratiroideo che crea squilibri del metabolismo. 

Ma c'è una cura sostitutiva

Una soluzione a basso costo, ma che obbliga una buona parte dei pazienti a dosaggi elevati, che spesso sfociano in problemi collaterali. Da anni si va profilando una terapia sostitutiva innovativa, basata su iniezioni sotto cutanee, ogni 24 ore di Palopegteriparatide, che sostituisce l’ormone mancante. Utilizzato regolarmente in diversi stati europei, i miglioramenti della qualità di vita sono stati verificati sul lungo periodo. In Italia, però, è ancora in fase di approvazione da parte dell’Aifa. E il primo freno sono i costi del trattamento, molto superiori al classico con calcio e vitamina D.

Il tema sul tavolo della Regione

E ora il tema arriva sui tavoli della Regione, mentre si pensa a un ordine del giorno da inserire nella predisposizione del nuovo piano sociosanitario del Piemonte. Una proposta che è arrivata durante il convegno “Innovazione organizzativa nei percorsi di diagnosi, cura, follow-up. Focus on Ipoparatiroidismo” di Motore Sanità con il contributo non condizionato di Ascendis Pharma

Un atto politico bipartisan, proposto dalla consigliera della IV Commissione Sanità, Nadia Conticelli e accolto dal presidente della Commissione Bilancio della Regione Piemonte e membro della commissione Sanità, Roberto Ravello, entrambi presenti al convegno organizzato all’NH hotel di via Porta Palatina insieme ai consiglieri della IV Commissione Sanità della Regione Piemonte Alberto Avetta, Laura Pompeo, Gianna Pentenero.

Il 40% necessita una terapia alternativa

 Come ha spiegato Gianluca Aimaretti, Presidente SIE e Direttore SCDU Endocrinologia presso l’AOU Maggiore della Carità Novara l'ipoparatiroidismo è una malattia endocrina rara che porta a bassi livelli di calcio nel sangue (ipocalcemia) e alti livelli di fosfato (iperfosfatemia). In Italia, si stima che l'ipoparatiroidismo colpisca circa 10.000-15.000 persone, con una prevalenza che varia tra 6,4 e 37 casi ogni 100.000 persone e un'incidenza compresa tra 0,8 e 2,3 nuovi casi ogni 100.000 persone all'anno. In Piemonte sono circa 800 i pazienti presi in carico presso i centri di riferimento distribuiti sul territorio, di questi il 40%-50% avrebbe bisogno di una terapia innovativa. La causa più comune di ipoparatiroidismo è post-chirurgica, seguita da forme autoimmuni con una prevalenza minore. E' maggiormente prevalente nel sesso femminile e in pazienti giovani (30-40 anni) in piena età lavorativa. 

"La diagnosi - ha proseguito Aimaretti -  si basa sulla valutazione dei sintomi e sull'esecuzione di esami ematochimici specifici. L'obiettivo del trattamento è mantenere i livelli di calcio sierico nel range di normalità, evitando l'ipercalciuria per prevenire complicanze renali. La terapia convenzionale che include Calcio e Vitamina D, nonostante allevii i sintomi, non sostituisce il PTH carente e può portare a complicanze a lungo termine, tra cui problemi renali, calcificazioni extrascheletriche.”

L'analisi costi-benefici

"Lo scadimento della qualità di vita e le numerose morbilità associate alla malattia sono responsabili di un significativo numero di richieste di prestazioni sanitarie da parte di questi pazienti, con conseguente dispendio di risorse di personale ed economiche – ha spiegato Emanuela Arvat, professoressa Dipartimento Scienze Mediche Università degli Studi di Torino.

“Sono state proposte terapie sostitutive – ha proseguito Arvat -. Recenti progressi nella comprensione della fisiopatologia di questa patologia hanno aperto la strada a nuovi approcci terapeutici, in parte ancora oggetto di studi clinici, hanno dimostrato risultati promettenti. Il loro utilizzo futuro nella pratica clinica dipenderà dai risultati di efficacia clinica, di tollerabilità, di impatto sulla salute globale a lungo termine e di miglioramento della qualità di vita dei pazienti. D’altra parte, una attenta valutazione farmaco-economica di costo-beneficio, parametro in futuro sempre più rilevante nella valutazione della sostenibilità delle nuove terapie mediche, avrà un grande peso sulla fruibilità di queste terapie nei pazienti affetti da ipoparatiroidismo cronico”.

Daniele Caponnetto

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