Economia e lavoro | 31 luglio 2025, 08:23

Cosa sono gli easter egg nei videogiochi e perché sono cult

Nel vasto universo dei videogiochi esiste una dimensione nascosta, ricca di sorpresa e piccoli dettagli spesso invisibili per gran parte degli utenti: quella degli Easter Egg.

Cosa sono gli easter egg nei videogiochi e perché sono cult

Nel vasto universo dei videogiochi esiste una dimensione nascosta, ricca di sorpresa e piccoli dettagli spesso invisibili per gran parte degli utenti: quella degli Easter Egg. Ben più che semplici bonus o oggetti utili nel gioco: si tratta di contenuti volutamente celati dagli sviluppatori, spesso con significati ironici, affettuosi o simbolici.

Come ci spiega ExpressVPN nel suo articolo di approfondimento, il nome “Easter Egg” attinge alla tradizione della caccia alle uova di Pasqua. Si tratta di un passatempo diffuso soprattutto nei Paesi anglosassoni, in cui uova decorate o di cioccolato vengono nascoste e i partecipanti al gioco devono trovarle. Gli Easter Egg nei videogiochi si ispirano proprio a questo concetto: contenuti segreti, celati dai loro stessi creatori, tutti da scoprire attraverso un esercizio di attenzione e spirito di esplorazione.

Easter Egg nei videogiochi: cosa sono

Una stanza segreta, un riferimento a serie televisive o film famosi, persino un messaggio ad una persona cara: un Easter Egg può assumere molteplici forme. In genere si tratta di piccoli omaggi alla cultura pop, mentre altre volte assistiamo ad una sorta di firma lasciata da chi ha lavorato al gioco. È il caso del celebre Adventure, pubblicato da Atari per la sua console Atari 2600, che nel 1980 segnò l’inizio di questa pratica come atto di “ribellione creativa”.

A rendere gli Easter Egg così affascinanti è il senso di scoperta ad essi collegato. Trovare uno di questi segreti, esplorando ogni angolo, codice o indizio, implica andare oltre il gioco. I momenti di condivisione con la community online, poi, diventano occasioni di celebrazione collettiva: nascono teorie, si aprono discussioni, si costruiscono veri e propri miti digitali attorno a pochi secondi di imprevedibilità. Gli Easter Egg, insomma, creano un ponte tra sviluppatori e giocatori, trasformando la curiosità in un’esperienza collettiva.

Easter Egg nei videogiochi: un fenomeno cult

Nel tempo, insomma, gli Easter Egg sono diventati autentici elementi di culto nel mondo videoludico e non solo. Ma cos’è che li rende così speciali? Perché questi contenuti, spesso irrilevanti a fini di trama, riescono a suscitare un entusiasmo quasi ossessivo? La risposta è da ricercare nell’alchimia tra mistero, creatività e senso di appartenenza. Anche il contesto incide: siamo in un’epoca in cui i giochi vengono consumati sempre più velocemente. E così, questi segreti rappresentano una forma di “resistenza” alla modernità: il videogiocatore è portato a rallentare, a esplorare e osservare il mondo in cui si immerge con occhi nuovi. L’impatto con la scoperta crea un immenso senso di soddisfazione: non si tratta solo di “trovare qualcosa”, ma di aggiudicarsi una vera e propria sfida.

Gli Easter Egg, insomma, si rivelano come un fenomeno culturale anche per la loro capacità di creare community: scoprirne uno, magari condividendolo sui social, è un biglietto d’ingresso in un circolo ristretto, quasi elitario, fatto di appassionati, teorici, dataminer, modder e speedrunner che passano ore a setacciare ogni angolo di codice o scenario. Alcuni contenuti nascosti hanno dato vita ad anni di speculazioni, a leggende metropolitane digitali, a forum dedicati unicamente all’interpretazione degli stessi. Probabilmente li amiamo così tanto perché ci ricordano che, dietro a ogni gioco, ci sono esseri umani che lasciano tracce della loro personalità: scoprirle ci fa sentire un po’ più vicini a loro, come se ci avessero resi partecipi di un segreto impronunciabile.








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I.P.

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Federica Monello

Giornalista pubblicista, ascoltatrice vorace di musica, amante di tutto ciò che è cultura. Nasco e cresco in Sicilia dove da studentessa di Lettere Moderne muovo i primi passi nel giornalismo, dopo poco unisco la scrittura alla passione per la musica. Giungo ai piedi delle Alpi per diventare dottoressa in Comunicazione e Culture dei media e raccontare di storie di musica, versi, suoni e passioni.

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