Il bullismo non fa male solo sul piano emotivo: il cervello lo vive come un dolore vero e proprio. Gli studi di neuroscienze dimostrano che quando un ragazzo viene escluso dal gruppo si attivano le stesse aree cerebrali che entrano in funzione quando ci si fa male fisicamente. È da questa ferita invisibile che si sviluppano sia il bullismo tradizionale, quello che avviene di persona, sia quello digitale, che si muove sui social e nelle chat.
"Quando io vengo escluso, nel cervello si attivano le stesse aree che si attivano quando provo un dolore fisico, per esempio quando mi faccio male al ginocchio. Anche in un gioco semplice, come una palla che non viene passata, quell’esclusione diventa dolorosa. Non è simbolica, è reale", spiega la dottoressa Antonella Anichini, neuropsichiatra dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, ospite del Podcast a Domicilio di DixTv.
Il fenomeno diventa ancora più complesso quando si trasferisce sul web: "Il cyberbullismo è quella che si chiama una prepotenza virtuale, vuol dire che si gioca con l’uso di internet mandando messaggi sui vari social alla vittima ma anche creando una chat da cui io sono escluso. È 24 ore su 24, in anonimato, e poi non si toglie perché è lì presente".
Una delle questioni più delicate riguarda il silenzio delle vittime. "Il bullismo, come un altro trauma, genera vergogna. E quando io provo vergogna mi isolo, mi chiudo, cerco di nascondere e non confesso a nessuno quello che è accaduto– racconta Anichini–. Quando mi dicevano che io non valevo niente, che puzzavo, che ero schifoso, che ero brutto, io ci credevo: questo raccontano tantissimi ragazzi".
Ma prima delle parole arrivano i segnali: ritiro sociale, rinuncia improvvisa ad attività che prima piacevano, insonnia, calo scolastico, cambiamenti alimentari, cancellazione degli account social. Nei casi più gravi compaiono forme di autolesionismo: "Il tagliarsi è quasi un atto punitivo. Può avere tanti significati, ma in questi ragazzi è spesso legato al pensiero: non valgo nulla".
La vittima non è mai "responsabile", ma ci sono caratteristiche che la espongono maggiormente: sensibilità, timidezza, goffaggine, corpi fuori dai canoni, interessi non omologati. "Quella persona che ha un atteggiamento più mite e umile spesso è proprio la vittima, perché è quella che non reagisce tanto. Nel momento in cui reagisce, il bullo si allontana", aggiunge Anichini
Sul fronte degli adulti, genitori o insegnanti, la raccomandazione è una sola: mai l’irruenza. "La prima cosa che non deve fare un genitore è entrare a gamba tesa". E nella scuola, nessuno deve agire da solo: "È sconsigliato che il singolo agisca da singolo. Il bullismo e il cyberbullismo richiedono che noi abbiamo un team e che ci confrontiamo molto prima di agire".
In Piemonte, diverse scuole hanno attivato percorsi di peer education e prevenzione strutturata, tra cui il progetto "Gruppo Noi", che coinvolge direttamente gli studenti. "Appena si entra a scuola deve esserci chiaro il messaggio: questa scuola è contro il bullismo".
Torino dispone anche di una struttura operativa che interviene sul territorio: il Nucleo di Prossimità della Polizia Municipale, attivo da anni nelle scuole e nei quartieri. "A Torino i vigili hanno una tradizione molto importante sul bullismo e sul cyberbullismo e aiutano anche i genitori. Molti non sanno che ci si può rivolgere a loro, non solo alla Polizia Postale".
Sul fronte digitale, c’è una tutela precisa: "Con la legge sul bullismo del 2017 c’è la possibilità per la vittima di far rimuovere quelle immagini che sono state postate, rivolgendosi proprio alla Polizia Postale" ricorda la dottoressa.
L’intervista completa è disponibile nella nuova puntata del podcast "A Domicilio" di DixTv, ascoltabile sulle principali piattaforme e sul sito dell’emittente.










