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Attualità | 18 luglio 2018, 19:41

“Torino sia accogliente e non insensibile di fronte alla strage degi innocenti”: le parole di Mons. Nosiglia durante la veglia di preghiera per i migranti defunti e i martiri della fede

“L’accoglienza, che comprende ovviamente anche il salvataggio in mare degli immigrati, dovrebbe essere posto alla base del nostro rapporto con ogni persona che chiede aiuto”

“Torino sia accogliente e non insensibile di fronte alla strage degi innocenti”: le parole di Mons. Nosiglia durante la veglia di preghiera per i migranti defunti e i martiri della fede

L’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, durante la veglia di preghiera nella chiesa dei Santi Martiri «Morire di speranza», in memoria di quanti hanno perso la vita nei viaggi verso l’Europa e il Nord del mondo, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, ha usato parole molto dure.

“Ogni anno ci troviamo in questa chiesa per celebrare la memoria di tante persone che sono morte a causa della loro fede cristiana e religiosa, ma anche di tanti nostri fratelli e sorelle immigrati e rifugiati, che continuano a morire nel Mar Mediterraneo alla ricerca di una vita più serena nei Paesi europei”, ha esordito l’Arcivescovo di Torino. “Queste tragiche morti fanno da corollario a tante altre violenze e soprusi, di cui sono oggetto molti immigrati, tante donne in particolare, e anche molti minori. Nel Mediteranneo, che i romani chiamavano “mare nostrum”, si rinnova  la strage degli innocenti”.

“Purtroppo, l’immigrazione verso il nostro Paese, che è esplosa in tempi e modalità sempre più intensi, ha suscitato in tanti, anche credenti, serie difficoltà nell’accettare quella accoglienza serena e positiva che dovrebbe essere propria di un popolo, come il nostro, che di emigranti ha riempito il mondo”, ha proseguito Mons. Nosiglia. “Torino e il nostro territorio si sono mostrati sempre accoglienti e in questo la Chiesa è stata ed è in prima linea. L’accoglienza, che comprende ovviamente anche il salvataggio in mare degli immigrati, in barconi spesso fatiscenti, rappresenta un necessario passo, che dovrebbe essere posto alla base del nostro rapporto con ogni persona che chiede aiuto, sia italiano che straniero”.

“Appellarsi alla responsabilità degli altri Stati Europei per affrontare insieme il problema dell’immigrazione in atto, in forte crescita, è giusto e doveroso, ma non può diventare un alibi per chiuderci a riccio e rifiutare e abbandonare al loro destino quanti giungono nei nostri mari, dopo lunghe e dolorose esperienze di guerra o di povertà estrema, molti dei quali anche minori e donne indifese, che hanno dovuto subire violenze di ogni genere”, fa notare l’Arcivescovo di Torino. “Il rifiuto ingenera una cultura e comportamenti carichi di preconcetti verso questi fratelli e sorelle, che possono sfociare in atteggiamenti e comportamenti razzisti e discriminatori, di cui abbiamo avuto triste esperienza nel passato”.

“Lo dico sul piano delle ragioni umanitarie e civili; ma, per chi è cristiano, tutto questo dovrebbe essere doppiamente significativo, anche come dovere religioso di grande importanza”, fa notare Mons. Nosiglia. “L’accoglienza dei senza dimora, di coloro che hanno perso la casa e il lavoro e degli immigrati e rifugiati non basta a garantire loro una vita serena e dignitosa. Occorre procedere poi con l’accompagnamento, l’integrazione, la formazione, lo sbocco occupazionale, la condivisione dei propri valori culturali, religiosi e sociali”.

“Quello che mi preoccupa in tutto questo è che, mentre c’è una larga schiera di volontari e realtà laiche e religiose che si coinvolgono con i problemi della povertà e delle necessità sia di italiani che stranieri, il popolo di Dio e la comunità civile restano spesso apatici e sembrano subire la situazione senza reagire, mostrando insofferenza, pregiudizi e ostilità”, aggiunge Nosiglia. “Dobbiamo dunque operare, oltre che in favore dei nostri fratelli e sorelle in difficoltà, anche sul campo educativo e formativo, culturale e sociale, oltre che religioso”.

“Noi riteniamo che la preghiera possa favorire tutto ciò, perché, solo se Dio ci aiuta e ci guida, possiamo sperare di rinnovare il cuore di ciascuno e aprirlo alla conversione di cui ha bisogno”, conclude l’Arcivescovo di Torino. “Per impegnarsi a edificare una società più ricca di umanità e di amore verso tutti, nessuno escluso”.

r.g.

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