Ennesimo CdA della Fondazione Filadelfia ed ennesima incazzatura.
Ma come, mi direte, dopo aver letto il comunicato stampa successivo all'ultimo incontro di lunedì 14 febbraio, giorno di san Valentino, in cui l’amore dovrebbe farla da protagonista, mentre invece un accordo condiviso tra tutti è stato raggiunto solo dopo lunghe discussioni, infarcite di espressioni forti, in cui sono anche volate parole grosse e con un finale in cui, per senso di responsabilità ed amor di Patria, ma non per appiattimento, Cereser e me, poco convinti ma molto speranzosi, abbiamo votato favorevolmente all’affidamento dell'incarico tecnico per il ripristino in sicurezza delle vele, aprendo una linea di credito al TFC e soprattutto al Presidente Asvisio, della cui buona fede non ho motivo di dubitare, anche se a volte lo vorrei più “Pasqualebrunesco” e cui non invidio l'improbo ruolo di mediatore tra me ed il TFC.
Una linea di credito, però, che contiamo sia onorata nei tempi e nei modi opportuni. La questione vele è al contempo più semplice e più complicata di quanto sembri.
Più semplice, perché tutte le perizie e le indicazioni ricevute dai tecnici incaricati di valutare la situazione, sono concordi sul fatto che la struttura portante sia stata sottostimata rispetto alla possibile azione del vento: in soldoni, questo vuol dire che a fronte di folate consistenti, c'è la concreta possibilità che qualsiasi sistema antiveduta sistemato sulla struttura metallica, per poca resistenza che presti al vento, sia sufficiente a creare una forza che provocherebbe un movimento che a sua volta causerebbe una deformazione dei pali di sostegno, o peggio, il loro crollo.
Buonsenso vorrebbe, che per evitare la possibilità tutt'altro che remota, che la struttura si deformi irreparabilmente, con maggiori costi di sistemazione, o peggio, che crolli causando danni alle cose o alle persone, oltre ai maggiori costi di ripristino ovviamente, che le vele venissero immediatamente rimosse, tutte, senza eccezioni, prima possibile, senza attendere la data di scadenza imposta dall'ordinanza, ovvero il 12 agosto.
Più complicato, perché ci sono i capricci di un allenatore che tiene la sua squadra in un fortino blindato sei giorni alla settimana, impedendo ai tifosi di avvicinarsi ai loro beniamini, salvo poi lamentarsi che il settimo giorno la gente non si presenta allo stadio ad incitarli calorosamente, malgrado i risultati arrivino a fasi alterne, con una incostanza sconcertante, con punti lasciati per strada da polli, dopo aver dominato l'avversario, sintomo di una assoluta inadeguatezza mentale, di una totale assenza di quello che gli americani chiamano “killer instinct”, ovvero quello che ti consente di “uccidere” l’avversario e chiudere la partita, che solo l'allenatore può dare alla sua squadra, e questo allenatore pretende che le vele stiano sulla struttura, a dispetto dei santi, dei residenti e del buonsenso.
E la cosa grave è che il presidente non gli dica di farla finita, che quando una cosa non si può fare, non si fa e basta, ma gli regga il sacco, ben conscio che così facendo si tiene aperta la porta per potergli dire, in caso di risultati inadeguati, che lui lo ha accontentato in tutto, ed eventuali insuccessi sono solo ed esclusivamente colpa sua; insomma, una gara a chi resta in mano il cerino che si consuma.
Ma che gli frega, al presidente, se la struttura si deforma e poi costa un patrimonio risistemarla? Paga la Fondazione, mica lui. Soldi vergognosamente sottratti al completamento del Filadelfia con la realizzazione del terzo lotto, quello che dovrebbe ospitare il Museo.
Già, il Museo: ma d'altronde che gli frega, al presidente, del Museo che racconta un secolo di storia leggendaria, quando lui è intimamente convinto che il Torino sia nato nella tarda estate del 2005?
Che gli frega, al presidente, di rispettare lo statuto che prevede cortile aperto come punto di aggregazione dei tifosi, e per risparmiare quattro soldi di spese di sorveglianza, tiene in ostaggio la nostra storica agorà, quel cortile dove si ritrovava il popolo granata a celebrare le vittorie ed a piangere i lutti?
Ed infine, che gli frega, al presidente, se la struttura crolla e causa danni a cose o persone e ci si ritrova in giudizio? Il responsabile legalmente perseguibile non è Cairo, da cosa ci ha ripetutamente detto il suo uomo di fiducia in CdA, Giuseppe Ferrauto, bensì lui, che è responsabile dell’impianto Filadelfia per il TFC.
Come ho scritto sopra, il voto conciliante di Cereser e me, non è un appoggio ad una linea d'azione insensata ed egoistica del TFC, ma una apertura di credito. Passeremo a riscuotere, statene certi, chiedendo l'apertura del cortile ogni giorno e la possibilità di assistere ad almeno un allenamento a settimana ed a fronte di un diniego la pazienza sarà veramente esaurita.