Una giornata di vacanza si è trasformata in un momento drammatico nei giorni scorsi a Loano, dove un cane è stato tratto in salvo dopo essere rimasto chiuso in auto sotto il sole cocente. A raccontare la vicenda attraverso i social è Davide Castiello, un milite della Croce Verde di Torino, che trovandosi lì di passaggio, ha saputo trasformare un episodio potenzialmente tragico in un gesto di autentico coraggio.
"Ieri, davanti a una gelateria con un collega, ci siamo trovati di fronte a una scena che difficilmente dimenticherò: un uomo cercava disperatamente di liberare il suo cane, rimasto chiuso dentro l’auto, senza più le chiavi. Non sappiamo esattamente come siano andate le cose, ma una cosa era certa: il cane stava male. Iperventilava, piangeva, visibilmente in difficoltà".
Il racconto si fa subito intenso. La situazione è grave, il cane mostra segni evidenti di sofferenza dovuti al calore e alla mancanza d'aria. Il tempo scorre e ogni secondo pesa come un macigno: "Sono passati circa venti minuti prima che qualcuno — un passante, finalmente — si precipitasse verso l’auto e riuscisse ad aprirla senza rompere il vetro. Il padrone stesso aveva esitato a farlo, una scelta che, francamente, trovo discutibile. Quando la portiera è stata aperta, il cane era ormai cianotico, immobile, privo di forze".
La situazione per l'animale, ormai privo di reazioni, sembrava compromesa: "Attorno a noi, il panico. Passanti in preda allo shock, i proprietari visibilmente sconvolti. Io ho esitato per un attimo, non sapevo come agire, ma poi mi sono detto: se il protocollo RCP è simile a quello umano, devo provarci. Mi sono inginocchiato accanto a quel corpo ormai in gasping e ho fatto tutto ciò che ho imparato nella mia esperienza lavorativa. Un altro passante - non so come — è riuscito a trovare una bombola d’ossigeno, e grazie al supporto telefonico di un veterinario, ho ricevuto istruzioni su come ventilarlo nel modo corretto".
Una catena di interventi che ha fatto la differenza: prontezza, competenza e spirito d’iniziativa. Un lavoro di squadra improvvisato, ma determinante: "Dopo venti interminabili minuti, Pegaso ha ricominciato a scodinzolare. Si è rialzato. Ha ripreso a camminare".
Un lieto fine che però non cancella le riflessioni amare di chi ha vissuto in prima persona quei momenti: "È stata un’esperienza brutta, intensa, ma anche un atto di coraggio. E da tutto questo ho imparato una cosa: restare a guardare, giudicare, filmare con il telefono… è forse il più grande fallimento dell’essere umano. In mezzo a tutta quella gente, possibile che non ci fosse un sanitario, un vigile del fuoco, un fabbro, un carrozziere… qualcuno in grado di intervenire subito? Forse sì. Ma guardare era più facile".