Attualità | 27 luglio 2025, 07:00

Il Futurismo tra Piemonte, Liguria e Lombardia: velocità, dinamismo e innovazione tra metropoli e province

Il Futurismo tra Piemonte, Liguria e Lombardia: velocità, dinamismo e innovazione tra metropoli e province

«Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.» Con queste parole fulminanti, nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti accendeva la miccia di una rivoluzione estetica e culturale destinata a scuotere l’Italia e l’Europa. Il Futurismo, primo movimento d’avanguardia del Novecento, celebrava la velocità, la macchina, la modernità, predicava la distruzione dei musei, l’esaltazione della guerra e il culto dell’energia vitale. Un inno all’azione in un Paese ancora ancorato alla memoria del passato.

Ma se è vero che il Futurismo nacque come un fulmine al centro della modernità, fu nelle pieghe dell’Italia — nelle sue città operose, nei porti inquieti, nei cieli tagliati dagli aerei — che la sua energia si moltiplicò. Ovunque ci fosse un’officina, una ferrovia, una mente inquieta, il Futurismo trovò terreno fertile per esplodere in forme nuove, sorprendenti, a volte persino visionarie.

La Lombardia: Milano e il cuore meccanico del Futurismo

Nel cuore pulsante dell’Italia industriale, Milano fu laboratorio e palcoscenico del Futurismo. Qui si concentrarono le menti più effervescenti del movimento da tutta Italia: Marinetti, eterno agitatore; Umberto Boccioni, teorico del “dinamismo plastico” e autore di capolavori come La città che sale; Carlo Carrà, con la sua “pittura del rumore”; Luigi Russolo, creatore degli “intonarumori”; e Fortunato Depero, che applicò l’estetica futurista alla pubblicità, al teatro e all’arredamento.

Tuttavia, il Futurismo lombardo non si fermò alle grandi strade di Milano. A Mantova, città rinascimentale e apparentemente lontana dall’avanguardia, si tennero mostre fondamentali per il movimento: la Mostra d'Arte Futurista, Novecentista, Strapaesana (1928-29) e la Mostra nazionale d’arte futurista (1933), organizzata nei sontuosi ambienti del Palazzo Ducale. Vi parteciparono nomi di spicco come Bruno Munari, Fillia, Diulgheroff, ma anche artisti locali, mostrando come il Futurismo sapesse contaminare anche contesti legati alla tradizione.

A Varese, tra stabilimenti industriali e scali aeronautici, emerse una delle evoluzioni più affascinanti del secondo Futurismo: l’aero-pittura. Questo attirò Uberto Bonetti, con le sue visioni aeree di città e paesaggi, offrì un nuovo punto di vista sul mondo, in cui la velocità del volo e il taglio prospettico dall’alto ridefinivano la percezione della realtà. Accanto alla pittura, anche la letteratura futurista trovò voce nella provincia: Bruno Corra, pseudonimo di Bruno Ginanni Corradini, scrittore, drammaturgo e saggista nato a Ravenna ma attivo e morto a Varese, fu amico di Marinetti e tra i primi teorici della nuova arte. Autore del romanzo Sam Dunn è morto (1917), Corra fu anche figura chiave nel Futurismo cinematografico, con un'attività sperimentale e d'avanguardia che segnò l’inizio della ricerca visiva italiana del Novecento.

Il Futurismo, del resto, era un’arte totale, capace di assorbire pittura, letteratura, musica e spettacolo. Tra le figure più originali del Futurismo musicale si distingue Silvio Mix, compositore triestino attivo a Gallarate, autore di partiture ispirate al jazz e alla modernità meccanica, come Angoscia delle macchine, Cocktail e il Profilo sintetico-musicale di Marinetti.

Piemonte: tra aero-pittura e meccanica

Se Milano fu la capitale culturale del Futurismo, Torino ne rappresentò il cuore pulsante dal punto di vista industriale e tecnologico. La città della FIAT, delle prime fabbriche di aeronautica, delle ferrovie e dei laboratori scientifici, offriva un ambiente straordinariamente fertile per una declinazione del Futurismo non solo meccanica, ma anche metafisica e spirituale. Qui la modernità non era solo un fatto estetico: era una fede, un impulso mistico verso l’oltre.

Figura centrale fu Giacomo Balla, che nei suoi anni giovanili trascorsi a Torino mosse i primi passi verso la scomposizione del movimento e della luce. Le sue ricerche sul dinamismo visivo — precorritrici delle celebri linee forza — furono il seme di una rivoluzione plastica che avrebbe contagiato l’intero panorama artistico italiano. Un esempio emblematico è l’opera Dinamismo di un cane al guinzaglio, in cui il moto viene frammentato e moltiplicato, trasformando un gesto quotidiano in un vortice ritmico che cattura lo spirito del tempo.

Ma fu con il secondo Futurismo che Torino visse una vera esplosione creativa e protagonista indiscusso fu Fillia (pseudonimo del cuneese Luigi Colombo). Firmatario nel 1923 del Manifesto del movimento futurista torinese, Fillia fu figura eclettica: pittore, scrittore, teorico e animatore culturale. Partecipò alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma, portando avanti una ricerca pittorica che spaziava dal rigore dell’astrazione meccanica alle suggestioni quasi oniriche. Accanto alla pittura, si dedicò con passione al teatro e alla letteratura, pubblicando romanzi provocatori come L’uomo senza sesso e fondando riviste come La città nuova e Stile Futurista, che divennero laboratori d’idee per una nuova estetica della modernità. La sua arte, colta e vibrante, fece di Torino un crocevia tra industria e utopia.

Accanto a lui, il bulgaro naturalizzato italiano Nikolay Diulgheroff portò il Futurismo nel campo del design, dell’architettura e della grafica, creando oggetti, ambienti e manifesti dove l’estetica della macchina si fondeva con la funzionalità razionale e l’eleganza geometrica.

Altro protagonista fu l’astigiano Mino Rosso, che trasferì l’idea del dinamismo in scultura: le sue forme fluide e spiraliformi danno corpo tridimensionale alla velocità, al moto perpetuo, all’energia. Entrato nel gruppo futurista torinese nel 1926 accanto a Fillia e Diulgheroff, partecipò a numerose esposizioni, da Torino a Parigi, dove entrò in contatto con artisti come Kandinskij, Zadkine e Leger. Le sue opere, come Composizione esprimono una sintesi architettonica del movimento, attraverso l’equilibrio ritmico tra volumi e spazi vuoti. Dopo la guerra si dedicò anche alla pittura, mantenendo vivo lo spirito futurista in una forma più intima e riflessiva.

Il Piemonte non fu solo officina di artisti, ma anche di idee. Le riviste come Stile Futurista, e le esposizioni ospitate in sedi prestigiose come Palazzo Madama, contribuirono a diffondere un’estetica che, pur celebrando la modernità e la macchina, non rinunciava a un elemento visionario, quasi esoterico. In questa visione, la città stessa — con le sue fabbriche, i suoi cieli tagliati dagli aeroplani, le sue notti elettriche — divenne simbolo di un nuovo umanesimo meccanico.

Liguria: il Futurismo del mare e dell’orizzonte

In Liguria, il Futurismo assunse le forme del vento salmastro e del mare in corsa. A Genova, città-porto e crocevia di traffici, le suggestioni della navigazione, della velocità e dell’internazionalità diedero origine a un Futurismo fortemente legato al paesaggio e all’acqua.

Fu Farfa (pseudonimo di Vittorio Osvaldo Tommasini), poeta e pittore trasferitosi a Savona, a dare al Futurismo ligure un’identità fortemente poetica e visiva. Qui elaborò un linguaggio visivo essenziale, soprattutto nelle sue “cartopitture”, collage originali tra pittura e grafica, e nelle ceramiche. Le sue opere riflettevano una visione fantastica e marittima del movimento, in cui l’estetica dell’aeropittura si fondeva con quella del paesaggio costiero. Fu anche autore di raccolte poetiche dal tono immaginifico come Noi miliardario della fantasia (1933) e Poema del candore negro (1935).

Anche Giovanni Governato, noto come Cromatico, fu pittore, incisore e scultore dell'ala anarco-futurista, dando linfa alla scena piemontese e ligure. Già xilografo per L'Eroica, organizzò serate futuriste a Genova Nervi che spesso finivano in bagarre tra sostenitori e detrattori. Era in questi contesti vibranti che si sentiva il grido della platea divisa: «Abbasso il passatismo! Viva il motore!». Decorato nella Grande Guerra, fu processato (e assolto con la solidarietà di Marinetti) per aver fornito documenti falsi all’amico poeta antifascista Renzo Novatore. La sua produzione, che spaziava da xilografie a complessi plastici d’assemblaggio, tradusse la velocità futurista in gesto estetico e atto politico.

Il paesaggio ligure, frastagliato e verticale, si prestava perfettamente alla poetica futurista: i cantieri navali, i piroscafi, le grandi gru, le banchine piene di vita. Il superamento della tradizione marinara in nome del transatlantico e dell’aviazione segnò la svolta verso un’arte tesa all’infinito.

Futurismo oltre il tempo: eredità e visione di un movimento senza confini

Il Futurismo fu unitario nei principi ma straordinariamente plurale nelle sue espressioni. In Lombardia, fu metropoli e provincia, macchina e pittura; in Piemonte, fu aeropittura e industria; in Liguria, fu mare e modernità. Ogni regione offrì un terreno fertile in cui il movimento poté attecchire e reinventarsi, mostrando una sorprendente capacità di adattamento ai contesti locali. Più che un’ideologia centralista, il Futurismo si rivelò un sistema rizomatico, capace di diffondersi capillarmente in tutta Italia, risuonando nei piccoli centri, nelle province creative, nei luoghi periferici ma aperti al futuro.

A più di un secolo dal suo esordio, il Futurismo ci parla ancora. Ci dice che ogni epoca ha bisogno di rimettere in discussione il passato, di immaginare nuove forme, di andare oltre. E ci ricorda che il futuro non è una destinazione: è un atto di volontà.

E il nostro gruppo editoriale è fiero di trovarsi lì, in tutti i posti che hanno dato i natali e ispirato i nostri grandi artisti, da Torino a Cuneo e Asti, da Mantova a Varese, fino a Genova e Savona, sempre pronti a seguire le tracce di chi qua ha scritto la storia.

Valeria Toscano

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Barbara Gabriella Renzi

Salve! Mi chiamo Barbara Gabriella. Sono appassionata di filosofia, psicologia e letteratura. Ho scritto e scrivo di filosofia e anche i miei brevi racconti hanno sempre un risvolto filosofico e psicologico.
Ho all’attivo articoli e libri in inglese e in italiano su vari argomenti: filosofia della scienza, dell’ambiente e del linguaggio. In particolare mi sono interessata di metafore dal punto di vista cognitivo e ho puntato le mie analisi sulla loro abilità di strutturare il nostro modo di pensare e la nostra visione del mondo.
Mi piacciono i gatti e anche i cani ma purtroppo vivo senza animali. Adoro il mare e la sua canzone e la montagna d’estate quando si cammina sui sentieri e ci si immerge nella natura. Tra i viottoli e le mulattiere, lì, i miei passi danno il ritmo ai miei pensieri. Vivo a Berlino e ne sono contenta.

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