Per arrivare ai giovani ci sono preti che fanno gli influencer, ma ci sono anche preti che cantano su un palco. Don Peppe Logruosso è sacerdote presso la Chieda della Gran Madre di Dio e scrive canzoni rap: con lo stesso linguaggio di giovani manda messaggi di pace e speranza.
Con le sue canzoni ha vinto premi come il Catholic Music Awards, per il miglior brano urban, e il premio musicale della Pontificia Accademia Mariana Internazionale. A Torino ha cantato sui palchi più prestigiosi come l'Hiroshima Mon Amour e lo Spazio 211, e visto il successo ha deciso di continuare su questa strada."Ho inserito la musica come linguaggio e strumento per portare avanti la missione di evangelizzazione - ha raccontato al Podcast a Domicilio - Si tratta di Rap di ispirazione cristiana: utilizza lo stile, il linguaggio, la postura del rap ma con contenuti che si ispirano ai contenuti del Vangelo: pace, speranza, amore, carità, fraternità".
Don Peppe incontrerà tra pochi giorni Papa Leone, per la prima volta, dopo aver conosciuto più volte Papa Francesco. Vede somiglianze tra i due: dal nuovo pontefice si aspetta la stessa capacità di Bergoglio di essere vicino alla realtà e alle persone comuni. "Di Papa Francesco mi ha colpito la sua umanità - ha ricordato Don Peppe - e che ricordasse i volti di chi aveva di fronte. Mi ha colpito sempre la sua ironia, era capace di ironizzare e dare messaggio di speranza e pace".
Il rap è il linguaggio scelto da Don Peppe, genere solitamente associato ad altri valori che quelli cristiani. Ma per il sacerdote non è così: "Spesso non è da condannare ma da comprendere: bisogna fare attenzione a cosa i ragazzi veicolano attraverso questo genere. Il primo passaggio che un educatore deve fare è ascoltare, e si comprendono grida nascoste che i ragazzi vogliono lanciare. L'altra linea è il dialogo: per parlare con qualcuno devo parlare la sua lingua".
Don Peppe Logruosso parla anche alla radio dell'ospedale Martini, è laureato in psicologia ed è impegnato nelle comunità terapeutiche per tossicodipendenti e con i bisognosi. Lì ha imparato che i ragazzi non hanno bisogno di una persona che gli parli di Cristo ma di una persona che faccia vedere loro come vive il suo rapporto con Cristo. "Il problema dei 'ragazzi invisibili' - come li chiama lui - non è la droga, che è solo una conseguenza, ma è riempire i vuoti che si portano dietro da tanti anni".
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