Marco Rossi da Druento, eccellenza calcistica torinese, l'ha fatta grossa. Dopo aver vinto nel 2016-17 il campionato nazionale ungherese con la Honved - titolo che mancava all'appello da 24 anni - e dopo aver portato in Europa Leaugue il Dac Streda (Slovacchia) il commissario tecnico magiaro, da giugno 2018 alla guida della Nazionale dell'Ungheria, ha appena battuto 2-1 la Croazia vicecampione del mondo.
QUALIFICAZIONI EURO 2020: OPERA D'ARTE CONTRO LA CROAZIA
Per Rossi una vittoria importantissima, la più pesante degli ultimi tempi per l'Ungheria. Ante Rebic illude infatti la Croazia, ma l'Ungheria non molla, ribalta il risultato e batte i vice-campioni del mondo nella seconda giornata del girone E delle qualificazioni agli Europei del 2020. L'attaccante dell'Eintracht sblocca il risultato al 16°, ma i magiari allenati dall'italiano Marco Rossi pareggiano al 34° con Szalai e al 76° con Pátkai trovano il gol vittoria che condanna Modric e compagni (in campo gli interisti Brozovic e Perisic). In classifica l'Ungheria raggiunge in testa, a quota 3 punti Slovacchia, Croazia e Galles.
IDENTIKIT DI MARCO ROSSI
Una buonissima carriera da calciatore, tanta voglia di sgomitare in quella da allenatore, enorme grinta e carattere anche nei momenti più bui. E' questo Marco Rossi, che possiamo conoscere meglio in un estratto di un'intervista de "Il Foglio":
"Ricordo bene quando mi esonerarono dalla Cavese, era il 2011. Sono stato fermo un anno e quattro mesi. Mi chiamavano persone per suggerirmi panchine, ma dovevo portare sponsor per potere allenare. E’ stato un periodo difficile, erano tre anni che non guadagnavo un euro, che non portavo a casa i soldi. Non sono stato in depressione, ma in uno stato psicologico molto vicino. So cosa significa non avere un lavoro, non sentirsi utili per la propria famiglia. Stavo per lasciare tutto, mio fratello ha uno studio di commercialisti: avrei fatto quello".
E invece proprio in quel momento, nel 2011, Rossi decolla per arrivare sempre più in alto, con la forza del ricordo di suo nonno Gino, che lo accompagnava da piccolo agli allenamenti e gli parlava dell'Ungheria di Puskas e del Grande Torino. Un segno del destino.
LA CARRIERA
Rossi, classe 1964 con un passato nella Druentina da piccolo, è cresciuto da calciatore nel Torino con cui esordisce in Serie A nella stagione ’83-’84. Per tre anni fa esperienze al sud prima con il Campania con il quale milita due anni (1984-1985 e 1985-1986) e poi per un anno (1986-1987) al Campania-Puteolana, come allora era denominata la squadra flegrea. È l’anno del Napoli e di Maradona. I partenopei vincono il loro primo Scudetto e la città è in delirio.
Rossi lascia poi la Puteolana e approda in Serie B con il Catanzaro. Poi è la volta del Brescia con cui conquista la Serie A. Conclude alla grande la sua esperienza di calciatore in Italia con la Sampdoria con cui vince la Coppa Italia 1993-1994, la quarta e ultima coppa dei blucerchiati, i quali si piazzano terzi in campionato. Con Rossi in squadra c’erano giocatori come Gianluca Pagliuca in porta, Pietro Vierchowod in difesa, Ruud Gullit al centrocampo e Roberto Mancini in attacco. Nel 1995 Rossi chiude con l’Italia ma non con il calcio. Gioca un anno in Messico con l’América e un anno in Germania con Eintracht Francoforte. Ritorna in Italia e contribuisce alla salvezza del Piacenza in serie A. Gli ultimi tre anni sono tra le fila dei dilettanti: Ospitaletto e Salò.
Inizia quindi la carriera di allenatore: prima alla guida della Beretti e poi della prima squadra del Lumezzane, della Pro Patria e dello Spezia. Segue il ritorno al sud in Lega Pro Seconda Divisione: Scafatese e Cavese. A giugno 2012 la svolta: gli viene affidato il Honvéd, compagine di Budapest, e dopo un 3° posto vince incredibilmente lo scudetto che mancava da 24 anni. Nel 2016-2017 viene premiato come miglior allenatore ungherese e in più riceve il titolo di Panchina d'Oro.












