Tra le curiosità legate alla città di Torino, ve n'è una che, forse, non tutti conoscono. Nel cuore del capoluogo sabaudo, pensate un po', c'è la casa in cui venne musicato l'Inno di Mameli.
Ma come è possibile, se il suo autore Goffredo Mameli era di Genova?
Ebbene, il legame c'è: il luogo "incriminato" è al civico 6 di via Barbaroux, dove una sera del novembre 1847 il Maestro Michele Novaro venne incaricato, tramite un amico comune, di comporre la melodia che avrebbe accompagnato e completato le parole del "canto degli italiani". Sul pavimento antistante lo stesso civico, vi è un'iscrizione che recita così: "Torino I capitale d'Italia. Quì, nel 1847 il Maestro Michele Novaro divinava le note al fatidico inno di Goffredo Mameli auspice Mina & favole 2006 in ricordo delle olimpiadi".
Fu lo stesso Mameli a commissionare a Novaro la stesura della musica dell'Inno, in nome della loro antica e fraterna amicizia. Essa fu frutto dell'unione di due origini totalmente differenti: il primo di nobile famiglia, mentre il secondo aveva radici molto più modeste, ma i due ragazzi erano accomunati da forti ideali mazziniani.
Quando il testo fu recapitato al musicista, egli si trovava in via XX settembre 68/b presso la dimora del patriota Lorenzo Valerio, il quale nel 1831 fu costretto a lasciare l'Italia a causa delle sue idee liberali.
Sulla facciata di quell'edificio fu affissa una lapide a testimonianza di quell'evento: "In questa casa che fu di Lorenzo Valerio una sera sui 10 di novembre 1847 il Maestro Michele Novaro divinava le note al fatidico inno di Mameli. Nel centenario della nascita del poeta auspice il liceo Cavour 1927".
Novaro iniziò ad imbastire la melodia al pianoforte. Non convinto del risultato, scrisse: "Scontento di me, mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma poi, sempre con quei versi nella mente, presi congedo e corsi a casa [in via Barbaroux] e là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte: lo scrissi su un foglio di carta, il primo che mi venne nelle mani, e nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e sul povero foglio...". Come si può dedurre dalle sue stesse parole, quindi, il luogo in cui Novaro musicò l'inno di Mameli fu la sua stessa abitazione, in via Barbaroux 6.
Tra l'altro, egli apportò anche due modifiche al testo del suo giovane amico. Anzitutto sostituì l'incipit, "Evviva l'Italia" nel definitivo "Fratelli d'Italia" e poi aggiunse l'esclamazione "Sì" al termine del brano.
Il debutto ufficiale dell'inno avvenne a dicembre in alcuni quartieri genovesi, città natale di Mameli, ma prima, a Torino: "da molte sere numerosa gioventù si aduna nel locale dell'Accademia Filodrammatica a cantare un inno all'Italia, la poesia è piena di fuoco, la musica vi corrisponde pienamente".
Dati gli ideali mazziniani di entrambi, subentrò il divieto all'esecuzione, che durò fino al 1848. Ma quel punto, ormai, il canto degli italiani era noto in tutto il paese.
Notorietà che si riflettè anche sul luogo della sua composizione che, a sua volta, aggiunse un ulteriore tassello alla storia del capoluogo sabaudo.