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io_viaggio_leggero | 21 giugno 2025, 07:00

In sella contro l'endometriosi, viaggio in Spagna tra Bike Park e Deserto: intervista a Ilaria

In questa rubrica, troverete interviste a viaggiatori ed esperienze vissute in prima persona. Luoghi da scoprire, avventure emozionanti, e anche storie di vita. Se hai un’esperienza da raccontare… scrivi a: ioviaggioleggero@gmail.com

Un road trip che è anche una rinascita: tra salti in bici, paesaggi mozzafiato e tanta voglia di vivere, una lotta contro una malattia e una riscoperta della leggerezza su due ruote. Un percorso nato da una fragilità e trasformato in una sfida personale. Quella di convivere con l’endometriosi, una condizione cronica che per un periodo ha tolto a Ilaria — biker esperta e trail builder ligure — la forza e la possibilità di fare ciò che amava di più: sport e avventure on the road. In questa intervista ci racconta la sua esperienza in van tra i bike park della Spagna, il magico incontro con il deserto del Teruel e come attività fisica e natura siano diventate la sua medicina quotidiana.

 

Ilaria, com’è nato il tuo viaggio in Spagna?

È nato in un momento molto difficile. Dopo anni trascorsi a combattere l’endometriosi, spesso chiusa in casa e con il morale a pezzi, un giorno il mio migliore amico Ivan — anche lui biker e viaggiatore — è venuto da me e mi ha detto: «Adesso basta, partiamo!» Ha noleggiato un van e da Torino ci siamo messi in marcia verso la Spagna. L’obiettivo? Attraversare il Paese visitando i migliori bike park e immergerci nella natura, con una tappa speciale nel deserto del Teruel.

Com’è stato per te spostarti in van, convivendo con l’endometriosi?

Una scoperta straordinaria. Il van offre una libertà impagabile, soprattutto per chi, come me, affronta quotidianamente una condizione che comporta dolore cronico. Poter gestire i ritmi e i propri spazi, essere immersa nel paesaggio e uscire quando me la sentivo è stato decisamente rassicurante. Anche nei momenti più duri non ero confinata in una stanza d’albergo. Consiglio a tutte le donne nella mia situazione di provare questa modalità di viaggio: permette di riconquistare un senso di autonomia.

 

Quali sono state le tappe più significative?

Prima tappa Barcellona, dove abbiamo visitato il leggendario La Poma Bike Park. È un luogo iconico per chi pratica dirt jump, una disciplina della mountain bike che consiste nell’eseguire salti e acrobazie su rampe di terra. Entrare lì è stato come vivere un sogno: bambini, atleti pro e molte ragazze che si allenavano insieme. Ho percepito un ambiente davvero inclusivo e stimolante. L’emozione era così forte che per le prime due ore non sono riuscita nemmeno a salire in bici, poi non sarei più scesa dalla sella! Ma, uno dei momenti che non posso dimenticare è stata l’avventura nel deserto del Teruel. Viaggiavamo di notte e siamo arrivati con una fitta nebbia. Al mattino, con il sorgere del sole, davanti a noi si è aperto uno scenario straordinario: rocce friabili, canyon scolpiti dal vento, colori caldi che sfumavano dal marrone al crema. Ci siamo messi subito al lavoro: con Ivan abbiamo esplorato il terreno per costruire delle linea di freeride, ovvero un percorso non tracciato che il rider disegna autonomamente sfruttando le forme del paesaggio. Io, oltre a essere biker, sono anche trail builder — realizzo e mantengo sentieri per la mountain bike — quindi per me è stato davvero entusiasmante trovarmi in un luogo così unico. In quel paesaggio quasi lunare, circondati da rapaci che volteggiavano sopra di noi, ho percepito una connessione fortissima con l’ambiente.

 

Dopo il deserto?

Ci siamo diretti a Valencia e abbiamo raggiunto La Fenasosa Bike Park, celebre per le sue linee di salti e per i percorsi di enduro e downhill. Lì ho affrontato la prova più impegnativa del viaggio: un salto lungo circa 13 metri, quello che in gergo si chiama doppio — si decolla da una rampa e si atterra oltre un “vuoto”, su una seconda rampa. Superare quella paura, dopo anni di stop forzato a causa della malattia, è stato un momento che non dimenticherò mai. È stato come ritrovare me stessa. Per me la bici è sempre stata una terapia, un mezzo per esprimere la mia forza interiore e per trasformare la sofferenza in energia positiva.

 

Che impressione ti hanno lasciato Valencia e Barcellona?

A Valencia mi ha colpito l’architettura e l’energia che si respira. Ho trovato una pace profonda, un senso di equilibrio. Barcellona invece mi ha conquistata per la sua vitalità e per l’apertura mentale: lì la diversità è accolta con naturalezza, senza giudizi. Ho percepito un senso di totale accoglienza.

 

Da questa avventura è nato anche un progetto personale, vero?

Sì. Dopo il road trip in Spagna del 2022, ho sentito il bisogno di condividere un messaggio positivo. È nato così Endo in viaggio: un progetto in cui racconto, sui social, come sia possibile convivere con l’endometriosi e continuare a esplorare il mondo e a praticare sport. Nel dicembre 2024 sono partita per il Marocco, dove ho realizzato il mio primo documentario sul tema, che presto sarà online in collaborazione con la Fondazione Italiana Endometriosi.

 

Come affronti oggi l’endometriosi?

Dopo aver assunto per anni diversi farmaci, che mi hanno dato pesanti effetti collaterali, ho scelto un approccio naturale. Ho smesso di sentirmi una cavia da laboratorio. Oggi mi curo con fitoterapia — ad esempio l’arnica è un ottimo antinfiammatorio naturale — e integro con meditazione, yoga, ipnosi e agopuntura. Non dico che il dolore scompaia, ma imparare ad ascoltare il proprio corpo e trovare un equilibrio interiore fa una grande differenza. La vera cura, per me, è circondarsi di persone che ti amano e ti sostengono, non arrendersi mai e continuare a godersi la vita. Il dolore c’è comunque, ma possiamo scegliere se viverlo sdraiati in un letto o in mezzo alla natura, con il vento tra i capelli. Io ho scelto la seconda strada.

Marco Di Masci

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