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Cultura e spettacoli | 08 novembre 2025, 11:03

Wolfgang Bertacchi, storia di un falsario: "Odio il mercato dell'arte. Nessuno era in grado di distinguere i nostri lavori"

Condannato nel 2011, oggi è stato riabilitato: "Quando fai questo lavoro sai che potresti essere beccato. Oggi vendo mie opere originali anche a un milione di euro l'una"

Wolfgang Bertacchi, storia di un falsario: "Odio il mercato dell'arte. Nessuno era in grado di distinguere i nostri lavori"

Vero e falso, peccato e redenzione, salvezza e rovina. Su questa dualità gioca la mostra di Wolfgang Bertacchi allo Spazio Musa aperta fino al 19 novembre.

Una vita che sembra materiale ottimo per un film quella di Bertacchi. Condannato nel 2011 per aver realizzato centinaia di opere false, l’artista tedesco è stato oggi riabilitato ed è diventato un simbolo di ribellione al sistema dell’arte tradizionale. 

Come ha iniziato? 
“Ho iniziato molto presto - racconta l'artista - ero molto giovane, già negli anni ’70 realizzato opere che valevano fino a 10mila franchi tedeschi. Non facevo falsi, potevo vendere tranquillamente le mie opere, senza copiarle”.

Perché allora poi ha deciso di intraprendere la strada del falsario?
“È stato un processo lento, non si diventa falsario da un giorno all’altro. Anche perché è un lavoro molto difficile. All’inizio facevo tanti schizzi, soprattutto italiani del 1500/1600. L’anatomia era la mia specialità. Già a dodici anni mi accorsi di avere un paio di difetti genetici, per cui quando vedevo un’opera davanti a me, vedevo anche la mano dell’artista, come si è mosso e in quale periodo di tempo ha fatto certe mosse, se le ha fatte con la destra o con la sinistra. Riuscivo a dipingere tutti dopo dieci minuti”.

Quali sono gli artisti che ha replicato di più? 
“È importante specificare che io non ho mai copiato, ho fatto solo originali. L’unica cosa copiata era la firma. Sono stato condannato perché non ho firmato non il mio nome, ma le opere erano originali. Ho fatto 120 artisti lungo 400 anni, dal 1500 agli inizi degli anni 2000”.

In tutto è stato condannato a pagare 20 milioni di euro, una cifra che insieme al suo socio, è stato in grado di pagare in tre anni grazie alle opere già vendute. Cosa ha pensato quando è stato beccato?
“Uno sa che prima o poi capiterà, in quel periodo in realtà volevamo smetterla. Volevano pagare per quello che c’era da pagare, sistemare le cose, ma questo non ha cambiato il fatto che il mercato dell’arte lo odio. Non c’era nessun grande esperto in tutto il mondo che riconoscesse i nostri falsi”.

Qui allo Spazio Musa ha presentato due serie di opere, quelle dedicate agli animali e quelle dedicate al Salvator Mundi di Leonardo, perché questa scelta? 
“Leonardo è stato l’artista che ha finito meno quadri di tutti. Il Salvator Mundi non è suo, l’ho capito dalla prima volta che l’ho visto. È stato fatto da un disegnatore che usava la mano destra, mentre lui faceva tutto con la sinistra, non avrebbe mai potuto realizzarlo. Non è neanche degli allievi, perché li ho guardati tutti, non c’era nessuno che aveva questa mano. Ho scelto quest’opera perché se fosse mai esistita, nei secoli tanti artisti l’avrebbero in qualche modo usata nei loro lavori. Così come tanti hanno preso la Gioconda per usarla nelle loro opere. In questo caso, ho rielaborato quest’opera con lo stile di Picasso per far vedere come sarebbe. Di Leonardo ci sono tante altre opere che non si sa se siano sue. Ma è normale perché sono molto antiche”.

Dato che dice di odiare il mercato dell’arte, cosa ne pensa della settimana dell’arte torinese durante la quale è stata inaugurata la sua mostra?
“Non la conoscevo. Però penso che l'art week torinese non sia molto diversa dalle altre. Il problema dell’arte è che si produce non per creare valore, ma il contrario. Una cosa che si è sviluppata negli ultimi 30 anni. L’arte oggi è cambiata,  bisogna valutarla diversamente. Cosa è arte? L’arte va fino a un certo punto, poi bisogna trovare un’altra definizione, bisogna inventare un altro nome”.

Un questione che si complica con l’arrivo dell’intelligenza artificiale, cosa ne pensa? Le fa paura? 
“È uno strumento molto potente. A me non fa paura, perché io sono un artista di altri tempi, ma per i giovani sarà un grande problema, saranno disoccupati”.

Se guarda al passato c’è qualcosa che non rifarebbe? 
“Non rifarei proprio tutto, per esempio, non userei il bianco titanio perché è quando sono stato beccato. Avevo una vita bellissima. Oggi però vendo alcune delle mie opere anche a un milione di euro, per un solo quadro, quindi diciamo che non mi lamento”

Chiara Gallo

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