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In Breve

| 29 marzo 2020, 09:57

La voce di una città vuota: da una parte all’altra di Torino

Piazze, palazzi, caffè e portici sono bellezza senza anima. IL RACCONTO

La voce di una città vuota: da una parte all’altra di Torino

La città gode di un cielo azzurro e di aria limpida.

Le montagne, che si vedono al fondo di corso Francia, sono spruzzate da un po’ di neve in questa primavera confusa e instabile.

I passerotti di ritorno cantano melodie per nessuno.

La Basilica scaccia con il suo cipiglio i piccioni che la molestano mentre osserva basita dall’alto le strade un tempo congestionate e ora così scorrevoli.

La Gran Madre guarda la piazza e la piazza ricambia lo sguardo. “Eccone un’altra” dice l’una all’ennesima sirena che si avverte nella quiete generale. “Non mi piace neanche un po’” risponde l’altra.
I fiumi  scorrono placidi, Po, Dora e Stura gorgogliano lungo gli argini. Il Valentino è un perfetto e noioso tappeto verde, senza il guizzo, le coperte e la voglia di fare l’amore.

Piazze, palazzi, caffè e portici sono bellezza senza anima. Da Porta Nuova a Porta Susa, passando per piazza Statuto le statue si guardano in giro sperando in ammiratori che paiono non esserci più. “Eccoli spuntare un attimo dalla finestra” gioiscono. “Son là a prendere il pane” si raccontano. “Ho visto la fila davanti alla farmacia, quant’è lunga”, sospirano, ma nulla è come prima e pure il granito risente di noia e preoccupazione.

Porta Palazzo non è mai stata così silenziosa, rimane solo il ricordo dell’umanità passata che sussurra di migranti di vecchissima, vecchia e nuova generazione. I tavoli del Quadrilatero giocano a scacchi con le sedie, le mummie dell’Egizio fanno aeroplanini con i papiri, gli attori in bianco e nero della Mole si salutano tra uno schermo e l’altro, le aule del Politecnico rimbombano dei ricordi passati di lezioni ed esami. Al Cecchi, a Casa Fools, ma anche al Colosseo, al Baretti, al Gioiello, all’Alfieri e persino al Regio gli assi dei palchi scricchiolano e rimpiangono vita e bellezza. “Quando torneranno?” si chiedono tra loro. “Qua non è mai stato cosi buio” rabbrividiscono i giovani mixer. Gli schermi, le statue e i quadri, che son la ricchezza dell’intera città contano i giorni che li separano dal momento in cui saranno nuovamente ammirati. L’erba degli stadi cresce alta e la torcia Olimpica spera che almeno i piccioni le faccian compagnia.

Il Parco della Tesoriera, chiuso dietro i propri cancelli, spaventa gli sparuti passanti e scaccia i cani, che si sentono traditi da tanta indifferenza dopo una vita  intera d’amore. Gli scoiattoli di Mirafiori si guardano attorno perplessi: “Ma tu sai cos’è successo?” si chiedono l’un l’altro ma nessuno, in quanto scoiattolo, sa la risposta. E pure i graffiti di Barriera si interrogano tra loro per capir quale sia questa brutta novità, “perché c’è in giro così poca della solita vivace umanità?” Come se non ne avessero abbastanza di problemi quelli che, invece che in centro, stanno solo un po’ più in là.

Il 4 intanto, dal Drosso alla Falchera, trasporta poche anime e non si è mai sentito così solo e annoiato mentre passa tra giardinetti vuoti e saracinesche chiuse. Poi, ogni tanto, parte la musica dai balconi e il tram, vanesio, pensa che sia per lui, per festeggiare il suo lavoro indomito. E forse non ha tutti i torti, forse in fondo in fondo se la meriterebbe pure una bella fanfara. La stessa musica la si sente anche alle Vallette e a Madonna di Campagna, dove la gente, a cui non è mai stato dato molto, ora non ha neanche la consolazione del gelato buono e abbondante.

Ma, mentre la città sembra tutta in una vacanza che sa di magia ma molto anche di maledizione, come quella delle favole e delle principesse costrette a dormire per 100 anni, ci sono luoghi dove si dorme pochissimo. Luoghi che non si fermano, cuori che battono, fatiche e sudore tra corso Bramante, largo Turati, corso Svizzera, via Tofane, via Cibrario, corso Regina Margherita, piazza del Donatore di Sangue e altri luoghi ancora, dove un camice bianco ha più fegato e testa del primo dei cavalieri. E i torinesi, nonni e nipoti, lottano col nostro pensiero e il nostro augurio più grande.

Rossana Rotolo

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