Dopo aver dominato il girone di Serie B, i ragazzi di Coach Pansa scenderanno sul parquet di “casa” del PalaRuffini il 2 maggio alle 20.30 per la prima gara di playoff contro la Pallacanestro Crema; essendo la serie al meglio delle tre, gara due - martedì 9 maggio - si giocherà a Crema, mentre l’eventuale gara tre tornerà sul parquet gialloblù.
Francesco “Franz” Conti, dopo una carriera che gli ha riservato tante soddisfazioni - tra le altre la prima storica promozione in A di Sassari e la chiamata in Nazionale dall’allora coach Carlo Recalcati - si trova a guidare i ragazzi scatenati della PMS alla conquista della Legadue, impresa che gli era già riuscita nella stagione 2012/2013, con l’allora Manital PMS.
Lo abbiamo sentito per una chiacchierata sul campionato appena concluso, sui playoff e molto altro ancora.
Ciao Francesco! Ad inizio stagione coach Pensa diceva che centrare i playoff sarebbe stato come vincere lo scudetto. È andata anche un po’ meglio, no?
«Si. È andata molto meglio, nel senso che via via nel corso della stagione ci siamo posti sempre degli obiettivi sempre un po’ più grandi, che alla fine siamo sempre riusciti a raggiungere. Inizialmente L’obiettivo iniziale era quella di arrivare ai playoff, poi dal momento che abbiamo visto che stavamo andando bene l’idea era entrare nelle prime quattro. Poi da entrare nelle prime quattro a vincere il campionato… abbiamo un po’ esagerato insomma! [ride] Devo dire, però, che - secondo me - c’è stata anche la complicità di Omegna: doveva essere la favorita del nostro girone ma ha avuto tre giocatori del quintetto fuori per buona parte della stagione, se fossero stati al completo magari la storia sarebbe stata un pochino diversa. Con loro abbiamo perso tutte e due le partite. Noi siamo stati sicuramente bravi comunque»
C’è stato un momento o una partita in particolare, in cui avete capito dove potevate arrivare?
«Una partita in generale no, ce ne siamo accorti, secondo me, nella prima parte del campionato - nelle prime dieci/quindici partite - soprattutto nelle partite fuori casa. La prima partita di campionato l’abbiamo giocato a Varese, una squadra che storicamente spara tutto nelle prime partite, poi abbiamo vinto bene in casa altre due partite in casa e siamo, poi, andati in un campo difficile e fisico come quello di Empoli. Magari non pensavamo di arrivare primi, ma ci eravamo accorti di non essereli per caso»
Qual è stato secondo te l’arma in più di questa squadra nella regular season?
«Innanzi tutto la scelta dei giocatori e le “gerarchie” che si sono create: noi partiamo con un quintetto di tre under e due senior e, oltretutto, abbiamo il senior più giovane del campionato, oltre me e Leone Gioria. Abbiamo dato tantissimo spazio ai giovani, la società punta molto sullo sviluppo e la crescita dei ragazzi. Facendo uno squadrone fai fatica a dare spazio a questi giovani, che devono farsi le ossa e giocare. Allo stesso tempo c’è stata una scelta di senior particolare, scegliendo giocatori che non hanno bisogno di giocare 35’ o 40’. Non c’è il fenomeno, non c’è la prima donna e secondo me questa cosa ha favorito la squadra. L’anno scorso, forse, eravamo partiti troppo sbilanciati sui giovani, con sette under e quattro senior, e abbiamo fatto molta fatica all’inizio. Poi la società ha corretto il tiro e nel momento in cui abbiamo trovato il giusto equilibrio la cosa è andata migliorando. Quest’anno, poi, abbiamo tra gli under più forti d’Italia. Adesso dato che sono stanno giocando le finali Nazionali non è che gli voglio mettere pressione [ride], però rispetto agli altri under del nostro girone, noi abbiamo dei ragazzi che entrano in campo e fanno la differenza»
Adesso cosa vi aspettate dai playoff?
«Siamo sempre andati di gradino in gradino, vorremmo superare il primo scoglio che è il più difficile: la prima serie non è al meglio delle cinque, ma delle tre e quindi la prima partita in casa è fondamentale. Poi oltretutto abbiamo i ragazzi che giocano le finali U20 e giochiamo al Ruffini - non all’Einaudi - e abbiamo poco fattore campo»
Il trasferimento dall’Einaudi al Ruffini è stato un problema per voi?
«Sì, assolutamente, non si può negare. Il Ruffini è una struttura splendida e un palazzetto bellissimo. Ci ho giocato nella prima versione PMS (l’ex PMS Torino, l’attuale Fiat Torino Auxilium) , quando a Torino eravamo l’unica realtà cestistica. Non lo riempivamo, ma ai playoff eravamo arrivati a 2.000/2.500 persone, anche se non era pieno si sentiva il fattore campo. Quest’anno invece dato che c’è l’Auxilium a Torino noi non siamo più la prima squadra della città. Giocare all’Einaudi, il nostro piccolo fortino, ci dava la carica notevole, invece giocando in quel posto li che è piuttosto silenzioso, in questo momento non aiuta granchè. In campionato, siamo stati bravi comunque, anche se non abbiamo più vinto le partite come all’inizio in casa, di 20/25 punti. Ma, alla fine, penso che anche all’Einaudi avremmo avuto un calo, è difficile andare sempre a “razzo”. Mi auguro che in gara uno - anche se sarà infrasettimanale e di sera - venga un po’ di gente a fare del tifo, perché ne abbiamo bisogno»
Credi che essere arrivati primi in classifica, vi aggiunga un peso psicologico sulle spalle?
«Un piccolo peso in più te lo mette. Vai a giocare contro l’ottava dell’altro girone e quindi sei poi tu quello che ha tutto da perdere rispetto a loro. Se noi dovessimo perdere al primo turno, potrebbe risultare come una sconfitta esagerata; se perdessero loro invece potrebbero dire di aver perso contro i primi. Gli avversari, quindi, possono giocare a cuor leggero. Un po’ di pressione c’è, ma se continuiamo a giocare con lo stesso entusiasmo di tutta la stagione secondo me ce la possiamo giocare alla grande»
Parlando di te invece, sono passati sette anni da quando sei arrivato a Torino per la prima volta
«Sì, qui per me è una seconda casa. Anche prima quando giocavo nella PMS Torino, però, ho sempre vissuto a Moncalieri: mi è sempre piaciuta anche dal punto di vista umano. Poi è vicinissima a Torino, città splendida che ho imparato ad apprezzare in questi anni. Io in realtà dopo i primi tre anni fatti in PMS ho fatto un anno a Firenze e uno a Trapani in Lega A2, ma anche in quei due anni alla fine della stagione tornavo qua. L’anno di Firenze son tornato e mi sono allenato con la PMS dell’allora coach Pilastrini perché avevano problemi di infortuni e son rimasto con loro fino alla fine della stagione; poi dopo l'anno a Trapani, con la separazione tra Auxilium e PMS, sono tornato ad allenarmi con la PMS, che al quel punto faceva la serie C, a Moncalieri. Ho sempre mantenuto un rapporto con le persone della società, per me tornare qua è stato naturale. Poi io ho iniziato a fare i vari corsi per allenare e da quando sono tornato qui a giocare sto anche allenando, l’anno scorso l’U14 e quest’anno l’U15 regionale»
Cosa significa essere il capitano di questa squadra?
«Questi gradi te li danno per anzianità, quindi mi ricordano che ho fatto un percorso qui - non che son vecchio eh - e mi fa molto piacere. Sono molto contento proprio perché sono capitano di una squadra particolare, dove ci sono moltissimi giovani ed ho molti più anni di molti dei giocatori con cui gioco: io vado per i 34 e la maggior parte ne hanno 20, mi sento un po’ chioccia! Mi rivedo, un po’, in tanti ragazzi di questa società perché anche io ho fatto l’esperienza di vivere in foresteria e di andare fuori casa da giovane, a 15 anni, e qua oltre ai ragazzi della nostra squadra ci sono tanti giovani che vengono da fuori. C’è un ragazzo che viene dall’Estonia, Kaspar Treier, che sta facendo dei bei numeri»
Cosa ti aspetta dopo i playoff? Hai già incontrato la società?
«Non ho ancora parlato con la società, ma sono sereno. A me piacerebbe andare avanti ancora qua, come giocatore e come allenatore»