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Sanità | 07 dicembre 2020, 19:57

Carenza medici in Piemonte: "731 nel Torinese ancora fuori dai corsi di specializzazione"

La denuncia del presidente dell'Ordine Giustetto: "Bloccati dalla burocrazia e dalla disorganizzazione"

Carenza medici in Piemonte: "731 nel Torinese ancora fuori dai corsi di specializzazione"

L’emergenza Covid ha reso evidente la necessità che il servizio sanitario nazionale si doti di un maggior numero di medici: durante il picco delle due ondate vissute finora, in Piemonte come nel resto d’Italia, è emerso chiaramente come sia la rete ospedaliera sia la medicina territoriale soffrano pesantemente di una carenza di personale dovuta a decenni di riduzione delle risorse e pericolosa sottovalutazione del problema.

Eppure da mesi migliaia di giovani medici aspettano di poter entrare nei corsi di specializzazione, bloccati dalla burocrazia e dalla disorganizzazione. Solo in Piemonte, secondo i dati dell’associazione Als - Liberi Specializzandi, sono 1.175 i medici “sospesi” da settembre in attesa di conoscere il loro destino, 731 in provincia di Torino.

Sono una parte dei 23.756 medici di tutta Italia, in maggioranza neo-laureati, che hanno partecipato come ogni anno al test per l’ammissione alle specializzazioni, passo indispensabile per la formazione dei nuovi professionisti di cui il sistema sanitario ha urgente bisogno. A disposizione ci sarebbero 14.455 posti, quasi 850 nelle università piemontesi, Torino e Piemonte Orientale.

A raccontare quanto stia accadendo sono gli stessi colleghi che nei giorni scorsi hanno contattato gli Ordini del Piemonte, denunciando la situazione:

“Lo scorso 22 settembre, 24mila medici partecipano al test per le specializzazioni mediche. Il 5 ottobre era prevista la pubblicazione della graduatoria di merito, in attesa della pubblicazione delle assegnazioni nella giornata del 12 ottobre – scrivono -. Alle ore 12 del 5 ottobre veniamo a conoscenza che la graduatoria verrà pubblicata in successiva data a seguito di numerosi ricorsi pervenuti al Tar Lazio”.

Si tratta solo del primo di una serie infinita di rinvii:

Il 26 ottobre c’è la pubblicazione della graduatoria provvisoria in attesa dei risultati delle sentenze; 9 novembre: pubblicazione del cosiddetto crono-programma, in cui viene indicato che la fase di scelta verrà aperta dal 23 al 27 novembre per poi pubblicare le assegnazioni il 30 novembre; 23 novembre: viene comunicato che la fase di scelta rimarrà aperta fino al 30 novembre; 30 novembre: viene comunicato che la fase di scelta rimarrà aperta fino al 1° dicembre per poi pubblicare le assegnazioni il 3 dicembre e prendere servizio il 30 dicembre; 3 dicembre: rinvio della fase di assegnazione a data da destinarsi oltre il 15 dicembre, perché il Ministero dell’Università e della Ricerca deve attendere i risultati delle udienze dei ricorsi pendenti”.

Si tratta di un concorso su base nazionale, quindi in un gran numero di casi la preoccupazione dei corsisti è anche quella di dover cambiare città o regione, trovare una nuova sistemazione e iscriversi a un’altra università. Il rischio è di arrivare a gennaio senza che le destinazioni siano conosciute o di dover effettuare tutti gli spostamenti durante il periodo festivo, per giunta nel pieno di una pandemia, con tutte le limitazioni che ne conseguono.

Un incredibile disagio, non solo a livello personale, ma per tutto il sistema sanitario, in quanto sono proprio i neo-laureati in attesa di specializzazione a ricoprire ruoli di grande importanza per l’emergenza Covid, all’interno delle Usca, nel servizio di contact tracing o nella Continuità assistenziale, incarichi che ovviamente saranno lasciati in caso di ammissione ai corsi. Una parte di questi medici si è per altro già licenziata, proprio contando sulla graduatoria provvisoria e sulle indicazioni ministeriali, una parte (quasi 500 ad oggi) continua a lavorare nelle Asl e negli ospedali, che a loro volta dovranno fare i conti con una perdita improvvisa di personale.

Questa vicenda è purtroppo esemplare per comprendere l’improvvisazione e la poca cura con cui in tutti questi anni è stato trattato il tema delle specializzazioni in medicina, come abbiamo denunciato più volte in passato, e che ha portato alle drammatiche carenze di personale nel servizio sanitario nazionale cui assistiamo oggi - commenta il presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Torino, Guido Giustetto -. Tutti i laureati in Medicina devono poter accedere senza ostacoli agli studi di specializzazione, senza essere costretti ad andare all’estero e senza passare anni di incertezze in situazioni come questa, che compromettono fortemente la fiducia dei nostri giovani nelle istituzioni”.

La Regione segue da settimane la vicenda e raccoglie il grido d’allarme lanciato oggi dagli Ordini dei Medici del Piemonte sull’iter del test  di ammissione per i medici specializzandi che rischia di avere ripercussioni anche sulle attività delle Usca in questa delicata fase dell’emergenza Covid19.

“Ho chiesto al direttore dell’Emergenza Covid, Gianfranco Zulian e al direttore regionale dell’assessorato Fabio Aimar di contattare subito il professor Ricardi, direttore della scuola di specializzazione della Facoltà di Medicina dell’Università di Torino per trovare una possibile soluzione per una questione che, pur non dipendendo assolutamente da noi, rischia di avere delle conseguenze”, afferma l’assessore alla Sanità, Luigi Icardi. Ho accolto con favore la disponibilità da parte dell’Università a favorire l’inserimento degli specializzandi anche del 1° anno per alcune tipologie di attività ( Dipartimenti di Igiene e sicurezza pubblica, contact tracing, etc).”

La Regione chiederà alle Aziende sanitarie, tramite il Dirmei, di rinnovare subito le manifestazioni di interesse per il reclutamento dei medici per le Usca, per evitare che vi siano vuoti di organico nelle Usca ( attualmente sono 643 i medici che sono stati assunti).

In base ad una prima ricognizione, è verosimile che non tutti i circa 1.200 medici che hanno partecipato al test per l’ammissione siano stati ammessi. Se la percentuale fosse la stessa che a livello nazionale ( su 24.000 circa, 12.000 ammessi), oltre la metà potrebbe essere disponibile a proseguire o ad attivare la collaborazione con le Usca. Inoltre, la Regione potrebbe farsi parte diligente, con le Università, per riconoscere l’attività svolta nelle Usca come percorso della specializzazione. Nelle Usca attualmente sono impegnati medici già titolari di incarico di continuità assistenziale, medici che frequentano scuole di formazione e, in via residuale, medici laureati abilitati iscritti all’Albo.

Nei prossimi giorni la Regione seguirà con attenzione l’evolversi della situazione, coinvolgendo anche l’Università del Piemonte Orientale, pronta ad assumere tutte le iniziative che si renderanno necessarie.

Redazione

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