Come le più ritrite e stantie telenovelas, anche quest’anno ci tocca assistere allo psicodramma collettivo del più o meno conclamato ed adorato idolo delle folle granata che, ingrato, dopo essere stato valorizzato dal TFC, lo tradisce, abbandonandolo al suo mediocre destino.
La lista dei “traditori” è talmente lunga che, così a memoria, faccio fatica a ricordarli tutti e quindi mi limito a citare il primo, Grella, e l’ultimo, ma solo in ordine temporale, perché siatene certi non sarà l’ultimo assoluto, ovvero Belotti. In questi diciassette anni, abbiamo assistito alle medesime sceneggiate, ai medesimi copioni, in cui cambiava uno degli attori, ossia il fedifrago che abbandona il tetto coniugale, mentre la povera vittima, lasciata in ambasce a cercare un sostituto in campo e nel cuore dei tifosi, restava il medesimo.
Beh, scusatemi se non riesco più ad appassionarmi a questo polpettone che, inesorabile come le tasse, con cadenza annuale ci viene ributtato nel piatto.
Scusatemi se mi rifiuto di farmi trascinare nel disprezzo e nell’insulto a un ragazzo che non è nato né geograficamente né calcisticamente a Torino, che il colore granata non ce l’ha nel sangue come noi, ma gli è stato trasfuso, forse, visto che nemmeno la società che lo indossa ce l’ha più, con lo stipendio mensile.
Scusatemi, infine, se l’evidenza dei fatti mi costringe a constatare che, da diciassette anni ad oggi, l’unico attore sempre presente sul palcoscenico, quello che ha il centro della scena, sotto i riflettori, il microfono in mano, la cassa di risonanza accesa col volume sparato e soprattutto il monopolio del dialogo, è sempre il medesimo: il presidente.
Se per i primi anni si poteva credere alla genuinità della situazione, poi è diventata fin troppo evidente l’artificiosità di questa ritrita sit-com.
A dare un palpito inatteso, però, quest’anno è stato l’attore non protagonista, ovvero il giocatore, che si è rifiutato di rinnovare il contratto in scadenza e quindi andando via a parametro zero, impedire la sua monetizzazione.
Apriti cielo!
I quattro beoni che ancora tracannano le veline del Minculpop come vino scadente, che in questo svincolo gratuito vedono un danno economico alle casse societarie, hanno dato fiato alle trombe e mano ai fazzoletti, per piangere il mancato introito col quale, è certo, il presidente avrebbe potuto condurre un mercato ricco e mirabolante, avrebbe portato in maglia granata la meglio gioventù pedatoria dai quattro angoli del pianeta, come ha sempre fatto in tutti questi anni trascorsi, con i tanti soldi incassati dalle cessioni dolorose ma, ahimè inevitabili, dei campioni di turno cui lui, magnanimo mentore, non voleva tarpare le ali.
Non basta lo spazio per ricordarli tutti, questi acquisti strepitosi, e quindi desisto dalla titanica impresa, lasciando a voi l’onere della memoria, certo che sarà compito facile e brevissimo.
A me ed a tutti quelli che, come me, non hanno le fette di salame, se non addirittura i salami interi, sugli occhi, riservo il fardello della sopportazione e della tristezza nel constatare quanto in basso sia caduto il Toro e quanto amorfa sia diventata una parte della sua tifoseria, disposta a farsi andare bene, tra le altre numerose nefandezze, questa ignobile telenovela, senza una reazione che nasca da un sussulto d’orgoglio dettato dalla memoria di quello che fummo e non siamo più.
A Belotti auguro ogni bene e lo ringrazio per il tantissimo che ha fatto in questi sette anni e soprattutto lo ringrazio per questo mancato rinnovo contrattuale, che sarebbe stato ipocrita verso i tifosi e dannoso per la sua carriera.
Un gesto coraggioso, in controtendenza rispetto all’appecoramento davanti ai prepotenti, così in voga nel mondo del calcio, ma non solo, e che dovrebbe spalancare gli occhi di tutti sulla evidenza dei fatti.
Adesso sta ai tifosi compiere a loro volta un gesto coraggioso.
Staremo a vedere…