L’azzurro Mattia Casse, talento dello sci italiano classe ‘90, è reduce dalla sua miglior stagione in Coppa del mondo, avendo totalizzato ben 3 podi nelle discipline veloci: discesa libera e super gigante. Approfittando della pausa tra una stagione e l’altra, ci siamo confrontati con lui per capire più da vicino come funziona il mondo di chi sfida, sci ai piedi, tracciati e pendii innevati, girando per il mondo e portando in alto i colori italiani.
Dal suo debutto in coppa del mondo nel 2009 in discesa libera a Bormio (31o) ne sono passati di anni, infortuni, sfide e sacrifici. Mattia “il trattore” ha fatto della grinta, della costanza e della resilienza le sue basi solide, le quali, stagione dopo stagione, lo hanno portato a competere con l’elité dello sci mondiale fino ad arrivare al 17 dicembre 2022 in Val Gardena sulla Saslong, dove conquista il primo podio in coppa del mondo (3 posto alle spalle di Kilde e Clarey) e il 1000o per la nostra nazione. Stagione che continua al massimo, portando a casa ancora un 3 posto in discesa libera a Wengen in Svizzera e il primo podio anche in super G, ancora sulle nevi di casa nostra, a Cortina. Da ricordare anche un ottimo 4o posto su una pista storica come quella di Kitzbühel.
Come ti senti dopo la tua miglior stagione in Coppa del Mondo?
“Molto bene, soddisfatto ma non appagato, perché lavoro ogni giorno per stare davanti e provare a battere “mostri” dello sci come Kilde e Odermatt. Sono contento quest’anno di potermi allenare senza dovermi controllare o limitare a conseguenza di infortuni”.
Per te è più facile allenarti ora che hai raggiunto grandi risultati o prima, quando lottavi per ottenerli?
“Mi alleno sempre allo stesso modo, a volte anche meno ma meglio, con la stessa voglia di andare forte che ho da sempre.
Dopo la mancata partecipazione alle Olimpiadi in Cina nel 2022 ho passato un brutto periodo, nel quale ho anche pensato di poter smettere, ma poi mi sono reso conto di esserci ancora allora ho deciso di cambiare staff (nutrizionista, mental coach e preparatore atletico) e di ricominciare a lavorare sodo. Questo mi ha permesso di variare la mia preparazione atletica, migliorare la gestione psicofisica e lavorando con il mio nutrizionista, nonostante fossi una persona di per se attenta all’alimentazione, ho modificato la dieta su misura per me, il che mi ha portato grandi benefici”.
Come mai hai scelto il “trattore” come tuo totem e soprannome?
“In realtà non ricordo bene da dove nasca, forse con gli amici di solowattaggio o da qualche allenatore o amico, però trovo mi rappresenti e in più è un simbolo semplice ma allo stesso tempo unico”.
Hai fatto della grinta, del sacrificio e della costanza le tue basi, pensi che sia anche per questo che a 33 anni sei al top della forma?
“Sicuramente da quando ho iniziato a fare gare ad oggi è cambiato tantissimo il mondo dello sport e quello dello sci in particolare, questo ci ha portato tutti a diventare man mano più atleti e più professionisti. Nel tempo ho cambiato e variato allenamenti, preparazioni e modalità di recupero.
Quello che rimane e rimarrà per sempre è solo la voglia e la determinazione di andare più forte degli altri” .
La montagna e il clima sono molto cambiati negli ultimi anni, cosa ne pensi, e cosa fate voi sciatori per adattarvi a ogni tipo di neve?
“Credo che, in realtà, le persone che amano e vivono la montagna siano già per cultura persone che sanno rispettare e far rispettare l’ambiente. Lo sport sta diventando sempre più green e penso che questo sia un bel passo per provare a cambiare le cose. Per quanto riguarda i diversi tipi di neve, ci stiamo adattando ai cambiamenti climatici, l’alzamento delle temperature porta ad avere una neve sempre più molle, quindi lavoriamo sul set-up degli sci e degli scarponi. Ad esempio, in una pista come quella di Bormio in Super G tendiamo ad avere un set-up super aggressivo, mentre in piste come la Saslong in Val Gardena optiamo per un set-up più morbido, ma comunque ogni messa a punto dell’attrezzatura va a pari passo con il meteo”.
Chi è il tuo Michael Jordan?
“Nella vita ho avuto tanti riferimenti e tanti sportivi che mi hanno appassionato, passando per Valentino Rossi, Tiger Woods e Lebron James, però devo dire che attualmente l’atleta che stimo di più, anche a livello personale, è sicuramente Marco Odermatt, una persona che scia fortissimo e, allo stesso tempo, sa essere il vicino della porta accanto, umile e partecipe nel circuito”.
Nel corso degli anni hai cercato di “rubare” qualcosa a qualcuno di loro?
“No, mai. Perché penso che se si prova a rubare o prendere qualcosa da qualcuno, si è già lì ad inseguire, mentre il mio obbiettivo è stare davanti e provare a battere chiunque, poi certo ci sono atleti e uomini che possono essere dei buoni esempi e dei punti di riferimento”.
Cosa dovrà affrontare un ragazzo che dovesse scegliere di diventare un discesista?
“Come dicevo prima, lo sci è cambiato molto negli ultimi 10 anni, ora un ragazzo che si approccia all’agonismo ha già un impronta più professionale e entra più inquadrato in questo mondo rispetto a quando iniziai io. Un consiglio che darei è questo: di non mollare, di non mollare quando le cose non vanno per il verso giusto, credere in quello che si fa e soprattutto in se stessi. Ricordo di aver sofferto molto quando da più giovane persi mia madre, non è stato facile riuscire a concentrami e a dare il meglio, però con l’impegno e la volontà sono riuscito a continuare e a farlo con più determinazione di prima”.
Quali passioni hai oltre allo sci?
“Amo lo sport in generale, ma devo ammettere che mi piace tanto andare in bici, tra l’altro unico sport che ho potuto continuare a fare perché non invasivo e propedeutico per il recupero dagli infortuni.
Ora che sto meglio vorrei partecipare a manifestazioni come La Maratona delle Dolomiti, e riprendere a giocare a golf. Però non mi invitate a nuotare, ho già dato con l’idroterapia”.
Cosa ci dici del primo podio e l’intervista speciale di Francesca Marsaglia?
“Che dire, è nato tutto in maniera spontanea, per Francesca era la prima intervista, per me il primo podio e non ce lo aspettavamo nessuno dei due. È stato un momento magico, perché sciamo insieme da quando siamo bambini e abbiamo condiviso momenti belli, periodi difficili o infortuni che ci hanno tenuto fuori dalle gare, e in quell’intervista tutto ciò che avevamo dentro è uscito così in maniera naturale e decisamente emozionante.
Ho impiegato tre, quattro giorni per metabolizzare ciò che mi era successo, è stato tutto così bello e veloce che ho dovuto darmi tempo per goderlo a pieno”.