«Facevo il raccattapalle alla Juventus e ad Anastasi quando vestì per la prima volta maglia bianconera prima di andare a giocare proprio nel suo Varese, voluto da Liedholm nello scambio con Leonardi. Venni a sostituire Pietro nel cuore dei varesini, poi tornai alla Juve dove me lo ritrovai compagno di camera. Ricordate un certo gol di tacco a San Siro contro il Milan nel campionato 1971/72? Indovinate chi mi fece il cross... Io ero uomo d'area, lui più agile: ci completavamo dal punto di vista tecnico e soprattutto umano. Auguro a tutti i ragazzi italiani che vogliono giocare a calcio di vivere una vita come la mia vita e quella di Pietro»: i ricordi di Roberto Bettega riempiono d'emozione il Salone Estense del Comune di Varese, dove è stato presentato il progetto "Stella del Sud", un docufilm di 55 minuti che darà vita proprio a queste parole e a un uomo come Pietro Anastasi che va al di là dello sport e che, come ha detto l'assessore alla Cultura Enzo Laforgia, «era un modello di rivincita e slancio». Un attaccante che fece innamorare milioni di tifosi della Juve nelle sue otto stagioni in bianconero, dal 1968 al 1976.
«Sono fiero di essere qui a ricordare una persona che considero un amico - ricorda Beppe Marotta, ad dell'Inter, aggiungendo altre parole piene di un "tutto" da trasformare presto in immagini - Pietro era un motivatore, trasmetteva emozioni. Ero raccattapalle del Varese a 12 anni e il 4 febbraio del '68 per quel 5-0 alla Juventus mi trovavo dietro una delle porte del Franco Ossola: quella partita e la tripletta di Anastasi sono state una fonte d'ispirazione per entrare in questo mondo. Io e lui ci siamo ritrovati spesso nel cammino della vita: quando entrai nel Varese, lui allenava le giovanili. Alla Juve, lui veniva con la sua Anna a vedere le partite. Pietro è il testimone di un'epoca che ha regalato emozioni all'Italia ed è giusto rendere attuali quei valori che ha incarnato».
Il sindaco Davide Galimberti e l'assessore allo Sport, Stefano Malerba, insieme a Laforgia hanno accolto i protagonisti del progetto, gli ospiti e la famiglia di Anastasi, da Anna («Sono felice anche solamente dell'idea» ha detto con tenera delicatezza) al figlio Gianluca.
«Esistono storie di sportivi e uomini che vanno al di là dello sport - le parole di Malerba - questa è una di quelle e andrebbe raccontata nelle scuole perché racconta l'epopea di una persona eccezionale che ha lasciato un esempio e un modello di vita a Varese e all'Italia».
Antonio Zamberletti, l'autore di questa idea, anche lui varesino, spiega come "Stella del Sud" racconterà «un uomo che ha rappresentato un pezzetto di Paese che partiva dalla Sicilia per cercare fortuna al Nord. Il nome del progetto nasce da quello striscione appeso allo stadio Comunale sotto cui correva dopo i gol: "Anastasi Stella del Sud"».
Il palcoscenico di questo docufilm è Varese. «Sarà una vetrina per la città sul modello dell'ultima edizione della Tre Valli, quando il telecronista commentava con il patron della corsa Renzo Oldani le bellezze di questa terra riprese dall'elicottero. Il progetto è culturale, sociale e sportivo e ha il patrocinio del Comune e della Varese Sport Commission» aggiunge Zamberletti.
«La figura di Anastasi trascende quella del calciatore chiuso nel suo ambito storico o in quello di una squadra di calcio - dice Marco Pozzi, il regista varesino del progetto - Vogliamo creare un prodotto che parli ai giovani di oggi raccontando quale forza e quali valori può veicolare un calciatore se il calciatore si chiama Pietro Anastasi».
«Questa è anche una chiamata al territorio - conclude Pozzi - per completare la ricerca delle risorse economiche che ci permetteranno di portare in porto questo progetto che ha al centro una delle figure più ammirate e iconiche del calcio e del Paese».
Maurizio Manni, produttore grazie a Progetto Immagine, punta a un prodotto d'eccellenza: «Ringraziamo Sky Sport che manderà in onda il docufilm e darà una mano alla produzione. Stiamo chiudendo il piano finanziario grazie a sponsorizzazioni private del territorio: una risposta che ci fa enorme piacere perché testimonia quanta sensibilità esista verso una figura come Anastasi».
Una sensibilità dimostrata anche dal primo cittadino Davide Galimberti che ricorda come proprio nel Salone Estense, dove venne allestita la camera ardente, «abbiamo dato l'ultimo abbraccio a Pietro Anastasi, toccando con mano tutto l'affetto popolare nei suoi confronti. Gli sportivi come lui interpretavano una passione e un'idem sentire molto superiori a quello che sono capaci di incarnare i campioni di oggi. Anastasi era un uomo del popolo che interpretava i sentimenti del Paese».
«Giocavo con le figurine Panini in strada con gli amici e nella prima edizione in cui comparve Anastasi ricordo che avevano sbagliato anche il nome, Piero e non Pietro, lui con il suo sopracciglio alla Sandokan - aggiunge toccando le corde giuste l'assessore alla Cultura, Enzo Laforgia - approdò a Torino nella città più "siciliana" d'Italia. Rappresentava la classe operaia che vedeva in lui l'uomo arrivato dal profondo Sud per conquistarsi un ruolo nel Nord: era un modello di rivincita e slancio. Vorrei anche aggiungere un'altra cosa: ha saputo vivere con dignità fino alla fine e credo che questo non sia poco».
Per Francesco Pierantozzi, volto e voce di Sky, «i racconti originali e i docufilm come questo vivono a lungo nel tempo e hanno seguito, pubblico e successo più dell'immagine veloce di un gol o di un highlights. È difficile trovare ex giocatori che vengono ricordati per la capacità di dialogare con tutti ed essere amati da tutti: nei miei trent'anni di televisione è successo solo con Pietro Anastasi e Josè Altafini. Finita la carriera, incrociavo Anastasi in città con quel suo sorriso e quell'umanità coinvolgenti. Speravo sempre di incrociarlo perché mi bastava vederlo perché la mia giornata cominciasse bene».