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Economia e lavoro | 07 novembre 2024, 14:42

Stellantis, l'allarme non si spegne: "A rischio 50mila posti di lavoro, Elkann e Tavares vengano a Torino"

Il mondo della politica chiede risposte al management del Gruppo automobilistico dopo le grandi difficoltà di questi mesi e dopo aver ricevuto i sindacati in Consiglio regionale

automobili 500 parcheggiate

Non si placano le polemiche sul futuro di Stellantis a Torino (e non solo)

Circa 50mila posti di lavoro a rischio, tra azienda principale e indotto. Ecco, in cifre, l'aspetto che spaventa davvero della crisi dell'auto. Un numero che è tornato a emergere sotto i riflettori in occasione dell'audizione in Commisione Lavoro presso il Consiglio regionale di alcuni dei sindacati metalmeccanici che seguono da vicino la vicenda Stellantis (e non solo).

Racconti e scenari che sono già emersi in passato, soprattutto in occasione dello sciopero generale unitario che ha coinvolto Roma e molte città italiane, in particolare quelle che ospitano gli stabilimenti del Gruppo ex Fca. A prendere la parola sono stati Valter Vergnano ed Edi (Fiom Cgil), Gianfranco Verdini e Luigi Paone (Uilm Uil), Rocco Cutrì (Fim Cisl), Tania Basso (Fismic Confsal), Silvia Marchetti (Uglm Ugl), Fabrizio Amante e Marco Massucco (Quadri e capi Fiat). “Il rischio è la cessazione industriale”, è stato detto. “Il comparto dell’automotive in Italia è arrivato a un drammatico livello di criticità, assistiamo al disimpegno di Stellantis e alle difficoltà della Germania: tutto sembra concorrere alla sua scomparsa. È un settore strategico per il Paese, che ancora oggi rappresenta l’undici per cento del Pil nazionale e che nel solo Piemonte conta circa 56 mila occupati, a cui vanno aggiunti anche i lavoratori dell’intera filiera”.

"E anche laddove ci sono annunci, l’avvio delle nuove produzioni è continuamente spostato in avanti, come sull’elettrico. Chiediamo un confronto urgente con il Governo e Stellantis”, hanno sollecitato i rappresentanti sindacali.

Soffre anche la componentistica

"Mentre Stellantis lentamente spegne Mirafiori, a soffrire è soprattutto la provincia in cui operano centinaia di PMI della componentistica che chiudono con meno rumore, ma con ricadute sociali devastanti", dicono Alice Ravinale e Valentina Cera per Avs.

"È una situazione dovuta a scelte industriali, non alla transizione all’auto elettrica - proseguono -: i casi di Marelli, che produce componentistica elettronica e di illuminazione e di Lear, che produce sedili e dove oggi sono a rischio 400 posti di lavoro in assenza di risposte chiare a livello istituzionale sull’allungamento degli ammortizzatori sociali, sono emblematici". 

800 milioni di ammortizzatori dallo Stato in tre anni

Ovvio che il centro di gravità rimane Mirafiori e lo storico stabilimento Stellantis. "A Mirafiori non c’è ancora certezza sui nuovi modelli e si va verso il 18esimo anno consecutivo di cassa integrazione, che comporta un taglio di oltre un terzo dei salari dei dipendenti: dal Registro Nazionale aiuti di Stato emerge che soltanto nell’ultimo triennio, gli ammortizzatori sociali che l’Italia ha messo in campo per Stellantis ammontano a circa 800 milioni di euro. Intanto, nel 2023 Exor, azionista di maggioranza relativa di Stellantis con il 14% delle quote, ha incassato un dividendo di 700 milioni di Euro. I compensi del presidente John Elkann sono stati di 4,8 milioni di Euro".

Convocare Elkann e Tavares

I sindacati chiedono da tempo un cambio di passo: "Non si può inseguire di volta in volta l’emergenza, a crisi aperte e già consumate, con lavoratori e lavoratrici già lasciati a casa e famiglie messe in ginocchio, ma bisogna avere un piano industriale di ampio respiro sviluppato in un confronto serio e permanente tra politica, rappresentanze sindacali e imprese. Chiediamo che al Consiglio regionale aperto sull’automotive previsto prossimamente vengano convocati John Elkann e Tavares: Torino e il Piemonte meritano rispetto e non una silenziosa fuga"

Posti di lavoro spazzati via

Molto critico anche il Partito Democratico, per voce di Monica Canalis, vicepresidente commissione industria Consiglio regionale. "Una slavina si sta abbattendo sull’automotive piemontese, spazzando via posti di lavoro e competenze stratificate nel tempo. Non solo Stellantis, ma anche le altre case produttrici sono in sofferenza, condizione che si riverbera su tutta la componentistica". E aggiunge: "La diversificazione della committenza non mette al riparo dalla crisi, visto che anche l’industria automobilistica tedesca è in affanno. Nell’attesa di un vero piano industriale nazionale, che ancora non prende forma, occorre mettere in campo interventi urgenti di respiro regionale, quali il sostegno ai distretti di filiera per sopperire alla frammentazione dell’indotto, il sostegno a tecnologie integrative rispetto all’elettrico, come l’idrogeno e i bio-carburanti, il sostegno alle competenze per garantire upskilling e reskilling". 

"La Regione non assista inerme"

"Temiamo - conclude - che la Giunta Cirio assista al drammatico processo in atto senza intervenire preventivamente, ma solo ex post nella gestione delle crisi aziendali. Non dobbiamo trasformarci in commissari liquidatori della nostra prima vocazione produttiva regionale, che è l’industria. Occorre agire in fretta".

Spostare la scadenza del 2035

La crisi - dichiara Alessandra Binzoni, vice Capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione - è figlia di una totale mancanza di una politica industriale, non attuale, ma degli ultimi 30 anni. A questa si è aggiunta una visione ideologica che ha etichettato i piccoli imprenditori come male assoluto e non come creatori del vero welfare, mentre si festeggiava Fiat che diventava finalmente azienda internazionale. A tutte queste dannose posizioni si è aggiunta l’ideologia green e la demonizzazione dei motori termici con la conseguente transizione energetica che ha imposto una rapida conversione verso l’elettrico. Le misure adottate con eccessivo entusiasmo ideologico non hanno minimamente tenuto conto della realtà produttiva, economica e sociale del nostro continente, ed in particolare dell’Italia".

"Occorre rinviare la scadenza del 2035 - aggiunge -. All’ideologia bisogna sostituire il buon senso e la programmazione che suggeriscono una transizione graduale".

E Roberto Ravello, vicecapogruppo Fdi, aggiunge: “Sull’automotive paghiamo scelte sciagurate, su tutte il mancato presidio politico nella fase di fusione tra Fca e Psa. Non solo: il concetto di neutralità tecnologica è stato immolato sull’altare della transizione, consegnandoci alla Cina, e non c’è mai stata una strategia energetica in grado di soddisfare i fabbisogni a basso costo. Su quest’ultimo punto è a dir poco paradossale l’apertura di Avs al nucleare, proprio da parte degli eredi di quella sinistra ideologico-ambientalista che ha sempre osteggiato il nucleare rifuggendo tale tecnologia e la ricerca ad essa propedeutica. Un ravvedimento tardivo dall’amaro sapore di beffa”. “C’è sicuramente un fronte comune e trasversale per la difesa e il rilancio del comparto automotive ma, purtroppo, Stellantis è ancora il vero assente ingiustificato”.

Massimiliano Sciullo

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