Nel novembre 2013 tra Torino e la Val di Susa nascono i NOT, Note Oltre Tempo, che in poco tempo producono una decina di demo. Dall’incontro con Vicio, bassista dei Subsonica che diventa loro produttore, prende corpo il loro sound che non amano categorizzare in nessun genere. I NOT hanno pubblicato due dischi, “Il primo passo” nel 2016 e “Sogni e bisogni” nel 2018. Attualmente stanno registrando il loro terzo disco che porta con sè un’ulteriore crescita e consapevolezza.
Come sono nati i NOT, Note Oltre Tempo, e perchè si chiamano così?
I NOT nascono a fine 2013 da me, Faber alla voce e chitarra e da Davide alla batteria. Il sound del gruppo ha avuto davvero origine nella primavera del 2014, dove con una decina di demo abbiamo bussato alla porta del produttore Luca Vicini, più conosciuto come Vicio, bassista dei Subsonica. Lui ha scelto due brani sui quali concentrarsi e li ha spogliati dell’ anima rock che appesantiva un po’ le composizioni. Ha intuito ancora prima di noi l’anima cantautorale e acustica che risiedeva in noi, gli ha dato un tocco di elettronica e da quel momento la direzione da prendere è stata semplice e chiara.
L’idea del nome NOT, acronimo di Note OltreTempo è data dalla NON voglia di classificazione, targettizzazione di un genere musicale. Potremmo suonare pop come hard rock, jazz, fusion, hip hop, il punto è cercare di esprimere qualcosa con note e parole e sperare che queste arrivino al cuore e alla testa di chi ascolta.
Che genere e/o quale artista influenza la vostra musica?
Noi siamo in cinque: Faber alla voce e chitarra, Giorgio al basso, Dario alle chitarre, Nuky al synth, percussioni, cori e Davide alla batteria. Ognuno ha i propri gusti musicali, che a tratti si avvicinano e a tratti sono molto differenti ma sicuramente ciò che accomuna tutti è l’amore per il cantautorato, musica che abbia anche contenuti e non sono un bell’involucro.
Come nascono i vostri brani?
I brani nascono in primis da Faber che ne scrive musiche e testi. Quando questi sono delineati, si portano le demo al resto del gruppo, dove ognuno fa un lavoro importante di comprensione di musica e parole e quindi di arrangiamento. Perché le parole, hanno sempre più importanza, quindi quanto suoniamo deve essere in grado di dare risalto e valore ai concetti espressi.
Cosa significa per voi fare musica?
Suppongo sia la cosa che ci viene più naturale fare e ognuno dovrebbe avere la possibilità di vivere facendo ciò che ama…utopia?! Sicuramente il tenore di vita sarebbe migliore, ci sarebbero più sorrisi, meno incomprensioni e riluttanza verso il prossimo o il diverso.
Avete all’attivo due dischi, “Il primo passo” e “Sogni e Bisogni”, quali le differenze e quali le analogie?
Credo che essenzialmente ci sia stata una crescita. Il primo album è stato una dichiarazione di intenti. Musicalmente, si intuiscono le contaminazioni e la voglia di provare a sperimentare in diverse direzioni. Testualmente ci sono diversi contenuti ed argomenti.
Nel secondo album la musica come i testi hanno trovato sicuramente più sicurezza e forza. Ora stiamo registrando il terzo album e siamo molto contenti di quanto sta venendo fuori. Un ulteriore crescita e consapevolezza.
La vostra Torino musicale e non.
Torino musicalmente, credo sia più viva di altre città. Ci sono anche alcune etichette discografiche e uffici stampa importanti, non è così scontato farne parte, ma diciamo che è un territorio tutto sommato più fertile di altri. Fuori dalla musica, Torino e l’Italia vivono un periodo di cambiamenti… non si sa se di retrocessione culturale, ma, proviamo ad essere positivi e come dice Daniele Silvestri nel primo brano che apre il suo ultimo album “Qualcosa cambia e se non cambia ancora, cambierà”.