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In Breve

| 31 gennaio 2020, 14:00

Tifosi granata veri e no

"Ne ho viste di cose, nella mia carriera di tifoso del Toro, che voi umani non potete nemmeno immaginare", verrebbe da dire imitando il replicante di Blade Runner

Tifosi granata veri e no

Ne ho viste di cose, nella mia carriera di tifoso del Toro, che voi umani non potete nemmeno immaginare. E mi scuso col replicante Roy Batty di Blade Runner per l'irriverente e storpiata citazione del discorso con cui abbandona la vita, ma questa frase ci stava proprio.

Sebbene bambino, serbo ricordo di Gigi Meroni e dell'ondata di emozione provocata dalla sua prematura scomparsa. Ricordo le due coppe Italia di Ferrini e compagni, il colbacco di Giagnoni che simboleggiava alla perfezione il tremendismo di quella squadra. Ho negli occhi accecati dal sole e dalle lacrime di gioia, quell’indimenticabile sedici maggio 1976. Lo stadio gremito di cuori granata che battevano all’unisono e la salita a Superga, la sera successiva.

E poi lo strazio di quel capannone al fondo del cortile del Fila, che non riusciva a contenere tutta la gente è tutto l'amore che che il popolo granata tributava al suo Capitan Ferrini il giorno dei suoi funerali. L’amarezza di un secondo posto immeritato, l'esaltazione del derby del 3-2 in tre minuti e quarantun secondi. Il Toro spumeggiante di Junior e Dossena, la seconda (mia prima) retrocessione e la rinascita fino all'impresa col Real e la delusione con l’Ajax. Una lunga notte di retrocessioni ed effimere risalite, fino al fallimento. La magica notte di Bilbao e le tante indecenti sconfitte nei derby. Un continuo saliscendi, montagne russe emotive che nemmeno a Gardaland se le sognano.

Credevo di aver visto tutto, invece no.

In meno di una settimana, ho assistito alla più umiliante sconfitta della ultracentenaria storia granata, uno zero - sette casalingo cui stentavamo tutti a credere. Una squadra in campo che maramaldeggiava contro undici turisti, pardon, dieci, perché senza il granitico Sirigu sarebbe stato ancor peggiore il passivo. Sconfitta, peraltro, meritatissima, nulla avendo rubato gli orobici. Risultato che, in qualsiasi società normale, avrebbe portato all’esonero del mister, specie sulla scorta di quanto già mostrato nei precedenti turni di campionato.

Invece no, si è voluto dare modo a Mazzarri di aggiungere una perla al diadema di nefandezze che ha messo insieme dacché siede sulla panchina del Torino.

Dopo la sconfitta col Milan e conseguente eliminazione dalla coppa Italia, sapientemente preparata nel finale del secondo tempo regolamentare e maturata nei supplementari, grazie a cambi sciagurati ed intempestivi, il nostro confeziona una chicca dialettica, distilla il meglio della superbia che lo permea e chiede “scusa ai tifosi del Toro, ma solo a quelli veri”.

Non credevo a quello che leggevo.

E di grazia, signor Mazzarri, chi sarebbero i veri tifosi del Toro? Quelli che stanno alla larga dal Filadelfia, per paura di disturbare gli allenamenti dei suoi pupilli? Quelli che la applaudono e la incoraggiano anche dopo le più indecorose prestazioni sue e dei suoi ragazzi? Quelli pronti a giustificare le sue richieste di sfoltire la rosa dei titolari, che con tutti i campioni in essa racchiusi rende difficile il suo compito di gestione di cotale legione di fuoriclasse?

Ma soprattutto chi è lei, che si permette di dare patentini di autenticità tifosa a persone che con il loro ardore hanno sostenuto i colori granata nei momenti più bui della sua storia, senza mai fare un passo indietro, e che con la loro presenza allo stadio ed i loro abbonamenti alle TV  contribuiscono a pagare il suo stipendio?

Come si permette di fare dei distinguo, al posto di avere un sussulto di dignità e dare le dimissioni? Se veramente crede a quello che ha dichiarato, ovvero che toccato il fondo non si può che risalire, lasci che il Torino inizi la risalita sgravato dalla sua ingombrante ed inutile presenza.

Domenico Beccaria

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