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Attualità | 24 marzo 2020, 11:15

"Economia sociale dei popoli", la proposta di un imprenditore per ripartire quando terminerà l'emergenza coronavirus

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di M.d.V., che propone un possibile scenario quando si tornerà alla vita normale

"Economia sociale dei popoli", la proposta di un imprenditore per ripartire quando terminerà l'emergenza coronavirus

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un imprenditore, M.d.V., che ipotizza

Sono un imprenditore con una ventina di dipendenti e mi permetto di fare una proposta shock che chiamerei “economia sociale dei popoli”, per contrastare la grave crisi economica che purtroppo dovremo affrontare dopo aver superato quella sanitaria, garantendo principi di equità e giustizia sociale al servizio dei cittadini. 

Condivido, come credo la maggioranza degli italiani, che tutte le misure restrittive decise dal governo e dagli enti locali per combattere l’epidemia, siano giuste e di primaria importanza. Per questo dobbiamo impegnarci a rispettarle, per noi e per tutte quelle persone che lavorano in prima linea al fine di sconfiggere questo infame virus a rischio della loro stessa vita, persone alle quali va il nostro infinito grazie.

In questa analisi vi è un’importante variabile ed è la durata della crisi sanitaria; tuttavia, non possiamo ipotizzare con quello che sta succedendo, che la stessa possa terminare presto. Molto probabilmente, sull’esempio di quello che è successo in Cina, per non vanificare queste misure straordinarie, vi saranno delle proroghe e non riusciremo a far ripartire le nostre attività fino a maggio o forse più. 

Dobbiamo tenere in considerazione che in Italia ci sono quasi 5 milioni di partite IVA  che danno da lavorare a circa 11 milioni di persone. Lo stato di salute economica della maggioranza delle piccole e medie attività, compresi tantissimi lavoratori del pubblico impiego, soffre da anni gli effetti del perdurare di una grave crisi iniziata nel 2009, la quale ha ridotto la capacità economica del ceto medio ed ha aumentato sempre di più il divario tra le categorie sociali.

Non dobbiamo dimenticarci cosa è successo in quegli anni appena passati, sono purtroppo fallite tante aziende e molti lavoratori hanno perso il posto di lavoro. Tale situazione determinò secondo uno studio dell’Osservatorio della Link Campus University di Roma, dal 2012 al 2018, 988 suicidi per motivi economici, di cui il 41,8% di imprenditori, il 40,1% di disoccupati e il restante di persone che un lavoro l’avevano ma oppressi dalla difficoltà lavorativa ed economica hanno visto come unica via di uscita questo estremo gesto.

I resilienti, hanno dovuto ridimensionarsi, oppure investire giustamente nella propria attività per compensare le perdite, per diversificare ed innovarsi o inventarsi una nuova professione; ma noi siamo Italiani, nonostante un sistema burocratico e fiscale opprimente che dovrà prima o poi essere radicalmente rivisto, siamo riusciti a resistere. Queste strategie, che in molti casi si potrebbero chiamare di sopravvivenza,  determinarono per la maggior parte delle partite IVA una notevole diminuzione della propria liquidità, con la conseguente necessità di far ricorso all’utilizzo dei fidi bancari.

Nell’ultima relazione della Commissione Europea di Bruxelles del 13 febbraio 2020, l’Italia veniva collocata all’ultimo posto nelle stime di crescita del PIL. Queste previsioni avvenivano prima di quello che oggi sta accadendo in Italia e nel resto del mondo, ad eccezione della Cina dove l’epidemia era già in corso.

Ora, al fine di iniettare in ognuno di noi quel necessario ottimismo, nonostante l’emergenza sanitaria e i dati economici, evidenzio una grande variabile a nostro beneficio:  l’Italia è il paese  più bello al mondo, con persone che hanno delle grandi capacità. 

Dalla Sicilia alle Valle d’Aosta, esprimiamo molteplici peculiarità. Abbiamo un cuore buono, dei modi cordiali, siamo spesso fantasiosi e capaci di adattarci ai cambiamenti. La nostra è una terra baciata dal sole, bagnata dal mare e protetta dalle nostre belle montagne. La secolare storia del nostro bellissimo paese non ha eguali, è dipinta e scolpita nelle opere d’arte delle nostre città.

Ogni regione racchiude grandi tradizioni culturali. La nostra cucina trasferisce al mondo il piacere del mangiare e del bere, così come la nostra moda, il nostro artigianato, le nostre professioni e tutti i marchi italiani, divenuti sinonimo di qualità ed eccellenza, sono apprezzati, ricercati e desiderati da tutti.

Gli italiani sanno e possono svolgere con grande professionalità il proprio lavoro, ognuno in base alle proprie predisposizioni, e nel mondo ci distinguiamo prevalentemente per le nostre capacità.

Non siamo certo indenni da difetti o comportamenti poco dignitosi, come del resto avviene anche in tutti gli altri paesi. Non possiamo però giustificare la degenerazione degli aspetti negativi di una società come un fatto consolidato e irreversibile, con cui convivere senza sperare nella possibilità di un miglioramento. Dobbiamo mettere a disposizione le nostre capacità e saper ricercare e coinvolgere quelle altrui, per combattere democraticamente tutti insieme una previsione di crescita che non potevamo accettare passivamente ancor prima di questa gravissima emergenza sanitaria, destinata purtroppo ad accentuare la crisi economica non solo nel nostro paese ma in tutta Europa e nel resto del mondo.

Il Governo, in una situazione molto difficile, ha introdotto nuove e urgenti misure di potenziamento del Servizio sanitario e di sostegno economico per le famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica con l’emanazione del Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020, denominato “cura Italia”. Uno sforzo sicuramente encomiabile, ma per il momento oggettivamente insufficiente a compensare la chiusura del nostro paese e la perdita di fatturato con entrate pari a zero per milioni di partite iva, con costi e spese in essere che sarà purtroppo impossibile onorare. Il rischio è di un’economia che imploda su se stessa, facendo aumentare ulteriormente a dismisura il divario sociale.

Il Governo, con tutte le forze politiche senza distinzione di bandiera, deve pretendere e proporre all’Europa misure mai viste, in cui le regole fino ad oggi attuate vengano temporaneamente sospese. Dobbiamo congelare la situazione economica e dare tutte le risorse necessarie alle partite IVA, alle pubbliche amministrazioni e ai dipendenti privati o del pubblico impiego, al fine di permettere a tutti di poter ottemperare ai propri debiti. I cittadini e le partite IVA non chiedono regali, ma la possibilità di restituire quanto dovuto con scadenze che decorrano non meno di sei mesi dopo l’inizio delle riaperture, dilazionate in più anni. 

Non è pensabile posticipare di solo qualche mese tutte le scadenze fiscali o ricevere della liquidità in aiuto attraverso il sistema bancario, seppur sotto il controllo dello stato “fondo o meccanismi di garanzia”, ed ipotizzare la restituzione di tali debiti a breve scadenza. Quando le attività riapriranno, non fattureranno il doppio o il triplo rispetto alla comparazione dello stesso periodo dell’anno precedente, anzi, inizialmente rischieranno un’ulteriore perdita che potrà variare in relazione al proprio settore dal 20 al 50%. Inoltre, non dobbiamo sottovalutare per una piena ripresa dell’economia la situazione mondiale, che condizionerà la produzione, l’esportazione, il commercio, i trasporti e il turismo.

In questo contesto storico gravissimo che lascerà in ognuno di noi un indelebile ricordo, ravvedo una luce oltre alla forza del nostro bellissimo paese e alle capacità di noi italiani.

La crisi è mondiale e pertanto tutte le regole che disciplinano l’economia, possono dagli Stati essere superate introducendo un principio di solidarietà comune a tutti, che potrebbe essere proporzionato in relazione ai parametri della produzione del PIL, espresso per ogni paese in miliardi di dollari.

Per questo, il patto di stabilità Europeo, come sembrerebbe dalle ultime dichiarazioni, deve essere superato, anzi, mi permetto di dire che poco centra, come non è auspicabile  ipotizzare l’utilizzo del fondo salva Stati di circa 700 miliardi di euro, con tutte le regole che implica. La situazione è straordinaria e bisogno congegnare uno strumento finanziario che possa mettere in campo  risorse ingenti mai viste, che dovrebbero essere proporzionate al valore del PIL per ogni Stato, ipotizzando la perdita per ogni paese di almeno un quadrimestre.

5.307,72 miliardi di euro è la somma che L’Unione Europea attraverso la BCE dovrebbe mettere a disposizione EMETTENDO MONETA.

Nella propria autonomia, anche le altre banche centrali del mondo, dovrebbero poter emettere moneta pari ai corrispettivi proporzionati all’ipotetica interruzione del proprio PIL. In Europa, la gestione di tali emissioni in capo alla BCE, dovrebbe essere corrisposta in modo proporzionato alle banche sotto il controllo dei relativi Stati, appartenenti alla Comunità Europea, per essere ridistribuiti  attraverso i sistemi Finanziari nell’economia pubblica e privata.

Al fine di raggiungere una omogenea equità si dovrebbe prevedere come parametro l’ipotetica interruzione del PIL uguale per tutti, sospendendo temporaneamente per l’Europa i principi del patto di stabilità. 

Se applicassimo questo principio, solo all’Italia, spetterebbero risorse finanziarie corrispondenti a 661,49 miliardi di euro derivanti dal seguente calcolo:

2.146 miliardi di dollari ( corrispettivo complessivo del PIL Italiano per il 2019 ) diviso 12 = 178 miliardi (circa) X 4 (il quadrimestre periodo di ipotetica interruzione del PIL) = 712 miliardi di dollari, corrispondenti a 661,49 miliardi di euro, e così per ogni altro Stato proporzionato al proprio PIL. 

Inoltre, fino al rientro dell’emergenza sanitaria Europea e per almeno un quadrimestre dalla fine di tutte le restrizioni commerciali e della libera circolazione delle persone, si dovrebbe intervenire congelando anche lo spread per tutti i paesi europei, al fine di evitare il pagamento di interessi  in un momento di straordinaria eccezionalità. 

In conclusione, nel rispetto del Decreto “cura Italia” si dovrebbero allungare i termini di pagamento di tutte le scadenze fiscali e contributive senza distinzione di fatturato, poiché questo non è un parametro significativo. Nelle aziende quello che conta è la redditività, elemento trascurabile nell’attuale contesto. Inoltre, è necessario inserire termini a lunga scadenza anche per la restituzione del supporto alla liquidità delle imprese e dei lavoratori. Solo le poche aziende che attualmente lavorano in settori non sfavoriti e che stanno beneficiando di un incremento di lavoro contingente al periodo, possono essere escluse coerentemente da queste agevolazioni. Per il resto, tutte le misure economiche da adottare, dovrebbero far riferimento a parametri più audaci, come sopra proposti, con tutte le modifiche necessarie caso per caso e in relazione alla durata dell’emergenza.

Oggi, abbiamo la possibilità di dimostrare che, la politica, L’Europa e il mondo intero devono saper tutelare l’economia sociale dei popoli, rispetto a regole che rischiano di far implodere L’Europa e forse l’economia mondiale, agevolando quella verticistica ricchezza che potrebbe ulteriormente implementare la sua capacità a discapito di un ulteriore e preoccupante divario sociale.

Le molteplici qualità del nostro paese faranno sicuramente la differenza, ma dobbiamo auspicare e tifare affinché anche il mondo intero si possa riprendere. 

Un grande abbraccio a tutti e viva L’Italia, “ce la faremo”.

redazione

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