La democrazia non si trova in natura: è un prodotto artificiale, frutto della ragione e del desiderio di libertà. Se non è curata, inevitabile è la sua crisi di fronte all’apparente maggiore efficacia del dispotismo. Per sostenerla, è necessaria una nuova cultura politica. È questa la tesi di Luciano Violante, professore all'Università di Camerino e a lungo magistrato e parlamentare del Pci, del Pds e dei Ds, e già presidente della Camera dei Deputati. Lunedì 2 ottobre, ore 18 porta al Circolo dei lettori il nuovo saggio Democrazia senza memoria (Einaudi), in dialogo con Maurizio Molinari, direttore La Stampa.
C'è differenza, infatti, tra crisi e passaggi. La crisi segna un declino, il passaggio segna una trasformazione. Ma la distinzione non è fondata su automatismi. Se assistiamo inerti e senza memoria ai processi che si svolgono sotto i nostri occhi, il declino della democrazia sarà inevitabile.
Oggi solo il 40 per cento della popolazione mondiale, una minoranza, vive in democrazia. Inoltre, stiamo vivendo un cambiamento d'epoca, segnato dalla crescita della globalizzazione e dalla digitalizzazione: le politiche pubbliche dei diversi Stati sono interdipendenti; l'infosfera ha compresso il tempo e lo spazio; le grandi migrazioni hanno messo in crisi il senso di identità di milioni di persone; la quarta rivoluzione industriale cambierà i processi produttivi e le relazioni sindacali; crescono le diseguaglianze; la sfiducia nelle élites esperte anima populismi e nazionalismi etnici. È dunque necessario un cambiamento culturale.
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