"Possibile recessione nel 2019/2020". Sono parole che fino a qualche mese fa nessuno avrebbe scommesso di poter sentire pronunciare. E invece gli industriali torinesi e quelli piemontesi si ritrovano a fine anno a dirlo. "Perché - dice Dario Gallina, presidente di Unione Industriale di Torino, seduto accanto a Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte - quando le condizioni si fanno difficili, è bene stare uniti".
"E i problemi sono sia domestici, legati alle decisioni del Governo, che a dinamiche internazionali che non aiutano", prosegue Gallina. "Gli stessi Usa potrebbero indebolirsi e la situazione è preoccupante". Ma ovviamente è la politica industriale nostrana a far sollevare qualche sopracciglio: "Il tentativo di non finire in procedura di infrazione è anche frutto del dialogo con le parti industriali. Ma la Manovra mette a disposizione solo un 4,4% per lo sviluppo e le imprese, mentre si sfiora il 24% per reddito di cittadinanza e quota zero. E anche sulle infrastrutture, non solo TAV, gli investimenti non sono soddisfacenti, mentre potrebbero trainare il prossimo anno. Su Torino-Lione se la decisione sarà per bloccare l'opera siamo pronti a fare sentire la nostra voce. Non vogliamo essere noi - dice ancora Gallina guardando Ravanelli - i presidenti degli industriali testimoni di una decisione così grave per l'Italia".
A livello territoriale, è ovviamente l'auto a rappresentare il nervo scoperto. Sia per quanto riguarda il periodo di attesa nell'universo FCA in vista dei progetti futuri (almeno un anno di cassa integrazione), ma soprattutto da quando si parla di eco-bonus. "Una doccia fredda poi rimodulata, ma che non aiuterà e che penalizza determinate vetture pulite prodotte in Italia", commenta il presidente degli Industriali torinesi.
"Anche i rischi di protezionismo sono molto grandi - aggiunge Ravanelli - ma la storia ci insegna che questa è una politica che non ha mai pagato. E più che i grandi Paesi finisce per essere danneggiato un Paese come l'Italia, vaso di coccio tra vasi di ferro con un mercato interno maturo e una forte vocazione all'export". E ce n'è anche per l'Europa: "Non dà risposte alla gente e questo influisce molto a ciò che si percepisce di pancia". Sulla finanziaria, inoltre "è il messaggio assistenzialista che è sbagliato e diseducativo, mentre il piano Calenda e i superammortamenti non sono più stati sostenuti". "Resto ottimista - conclude Ravanelli - ma a essere ottimisti a volte si sbaglia. Gli unici spunti positivi che mi sento di evidenziare sono la svolta, speriamo definitiva, sul Terzo Valico e alcuni punti strategici come Città della Salute".
I numeri danno corpo alle sensazioni. In particolare, le previsioni degli imprenditori vedono passare in segno negativo sia la produzione che i nuovi ordini, così come la redditività. Anche l'export, da sempre locomotiva dell'economia nostrana, scende fino a rasentare lo zero. Alla luce di uno scenario di questo genere, anche gli investimenti frenano. E complessivamente si va a interrompere in ciclo espansivo che ormai si registrava dal 2015.
Non stupisce, a questo punto, che le difficoltà torinesi trovino conferma anche a livello piemontese, sia dal punto di vista della produzione che dei nuovi ordini, passando per redditività e attesa sull'export. Tra tutte, sembrano reggere meglio le medie imprese rispetto a quelle che si muovono sotto i 50 dipendenti. Resta solido il tasso di utilizzo degli impianti.
A livello di province, c'è chi peggiora con forza come Asti con una cig elevata e chi procede in un raffreddamento progressivo come Alessandria. A Cuneo si aggrava la fase di difficoltà, con investimenti molto depressi anche se il ricorso alla cassa resta contenuta. Fanalino di coda senza dubbio il VCO. Ma in generale il peggioramento coinvolge tutti i territori.
Un'immagine simile la si ottiene se invece della chiave geografica si seleziona quella per settori. Soffrono soprattutto edilizia e chimica, così come la carta-editoria. Ma tutti tendono a mostrare incertezze pesanti nel clima di fiducia. Brusca frenata anche per la metalmeccanica, soprattutto a causa dell'automotive che sta vivendo settimane decisamente travagliate.
Guardando al futuro, ci si prepara già alle prossime elezioni Regionali. "Vogliamo incontrare i candidati più rilevanti per sottoporre loro i desiderata del tessuto produttivo. Ma poi chiederemo anche conto alla futura giunta", dice Ravanelli.
Un pensiero va poi alla nuove definizione di Torino come area complessa. A patto che la parola magica sia "sviluppo" e non "crisi". "Noi non siamo e non ci sentiamo nelle condizioni che dovrebbero portare alla definizione di un'area complessa - conclude Gallina -, anzi siamo sempre orientati a valorizzare le potenzialità. Ma volendo guardare al positivo se questo strumento diventa un modo per finanziare progetti importanti e magari in filiere come automotive o sulle nuove tecnologie, allora siamo disponibili ad aprire una luce su Torino, ma solo se esiste davvero una visione industriale futura di Torino e se le risorse vengono distribuite in maniera innovativa e non secondo vecchie logiche e a pioggia".