Il cibo è un prodotto finanziario, una startup in continua trasformazione, una fin-technology company che vede in Italia 60 milioni di azionisti. Ma non spaventiamoci e non sobbalziamo sulla sedia perché non è poi così male, anzi cerchiamo di capirne il perché.
L’Italia è la patria del gusto, della qualità e della bellezza, universalmente riconosciuta come il Paese dell'eccellenza delle materie prime, della varietà dei sapori e della creatività in cucina. Ovunque nel mondo in cui si racconti della propria origine italiana, si nota che i nostri interlocutori mutano espressione, si illuminano e ci ricordano la fortuna di essere protagonisti di un’eredità culinaria che porta in tavola salute, odori, colori e tradizioni racchiuse in un solo piatto.
Quando poi menzioniamo la Dieta Mediterranea, consolidato Patrimonio dell’Umanità, vediamo negli occhi azzurri di amici norvegesi e svedesi anche un pizzico di invidia, unito alla curiosità di capire come, in ogni piccolo e sperduto borgo italiano, ci siano almeno un paio di piatti tipici accompagnati da un bicchiere di vino autoctono che tutto il mondo ci invidia.
Vi dirò più: anno dopo anno l’Italia consolida una fiorente economia legata al consumo interno ed all’esportazione di prodotti locali sardi, trentini, pugliesi, piemontesi che incantano americani, giapponesi, australiani e kazaki, disposti a pagare una bottiglia di rosso di Montalcino come una rata del mutuo di casa.
Tecnologia ed innovazione impattano sempre di più anche su questa tradizione ancestrale e a tratti segreta, capace di “connettere” intorno ad una tavola persone molto diverse, di mettere in sintonia idee divergenti e di far dimenticare ogni differenza tra i popoli. Scopriremo allora che, oltre alle linee di prodotti venduti da anni per migliorare la qualità della vita di persone intolleranti, celiache o semplicemente più attente ai valori nutrizionali e all’origine degli alimenti, il marketing a tavola fa ormai parte del prodotto impiattato per più della metà del suo valore. Un marketing dell’innovazione che, a partire dalla coltivazione robotica dei più diffusi prodotti agricoli come riso e mais, alla selezione delle primizie più esclusive grazie a sensori e intelligenza artificiale, e al monitoraggio della sicurezza dei perimetri coltivati, ci porta nel piatto una ricetta sempre più hi-tech e sostenibile. Tecnologica, perché ormai manca davvero poco per gustare una bistecca dal sapore ineccepibile stampata in 3D; sostenibile, perché, per la sua realizzazione, si sono risparmiate risorse naturali, economiche ed ambientali, lasciando inalterate le proprietà nutritive e la sicurezza alimentare. Pensiamo solo alle possibili applicazioni di un'innovazione così radicale nei luoghi più poveri della terra, in cui, se avere un raccolto a mala pena sufficiente per la propria famiglia è difficile, possedere una mucca è davvero un miracolo.
Ricercatori di molte università studiano da anni processi produttivi nuovi e più efficienti per portare in tavola un cibo più sano, più rispettoso delle filiere di origine e più accessibile, senza però togliere la magia e la passione che si respirano in ogni ristorante, trattoria, baita o cucina casalinga italiana. La sfida sta tutta qui, nel rispetto delle tradizioni del risotto alla milanese, rigorosamente girato a mano e mantecato con burro delle stalle pavesi, e nell’utilizzo a crudo dei capperi freschi di Pantelleria sul pescato del giorno. Anche perchè un robot da cucina in grado di automatizzare la preparazione del pesto non potrà mai sostituire l’amore che nasce dall’incontro di mortaio e pestello in legno d'olivo, ma potrà garantirci, con un lettore di codici ed un beep, la veridicità dell’origine di quel basilico o di quell’olio di oliva delle zone indicate sulla confezione. Pertanto si riduce di molto anche il rischio di contraffazione alimentare che costa all’Italia più di 100 miliardi di euro l’anno, e si combatte il fenomeno dell’italian sounding che sottrae oltre 60 miliardi all’economia agroalimentare legale.
Digitale e innovazione sono già arrivati da tempo nei nostri piatti, sta a noi utilizzarne le opportunità per ridisegnare un nuovo valore del “Made In” in tavola.