"Non ce la facciamo più". "Abbiamo perso tutto". "È un anno che andiamo avanti così". "Non possiamo vivere con 700 euro al mese: o paghiamo il mutuo o mangiamo". L'ultimo giorno che ha portato ancora una volta il caso Embraco sotto i riflettori è quello più triste.
Venerdì la manifestazione a Pero, l'incontro con Chiara Appendino e poi con l'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia. Oggi i dipendenti oggi sotto Ventures sono tornati sotto le finestre dell'assessorato al Lavoro della Regione, in via Magenta. Ma l'umore è basso, bassissimo.
"Vogliamo lavorare, sporcarci le mani. Non possiamo continuare a non fare niente tutto il giorno. È una questione di dignità". Ormai è quasi un ritornello che viene ripetuto in ogni occasione in cui si cerca una soluzione a una reindustrializzazione mai partita per davvero. Ma è un ritornello che non passa di moda. È stringente attualità. Anche se all'orizzonte si staglia una nuova nuvola, forse la più nera di tutte: in tanti hanno paura che si concretizzi il rischio di fallimento.
Negli ultimi giorni, infatti, sia il servizio mensa che quello di pulizia sono stati sospesi perché non più pagati e i debiti di Ventures si starebbero accumulando. E un epilogo di questo genere porterebbe allo stop della cassa integrazione e l'ingresso in Naspi dei dipendenti. Ma non solo: anche se esistono posizioni e sensibilità diverse, si sta facendo strada anche l'ipotesi di andare per vie legali.
Da un lato, Uilm - come ha confermato il responsabile Cono Meluso - ha già raccolto alcune disponibilità di lavoratori pronti a fare un esposto ai carabinieri su quanto accaduto in questi 15 mesi a Riva di Chieri, mentre da Fiom le posizioni sono più prudenti ("l'obiettivo è preservare innanzitutto i posti di lavoro e questo non è detto che sia utile, ma lo valuteremo anche noi con i nostri legali", dice Ugo Bolognesi, responsabile della vertenza per i metalmeccanici Cgil).
Al tavolo con l'assessore Elena Chiorino ci sono i massimi rappresentanti dei sindacati metalmeccanici di Torino. Allo stato attuale però (con gli ammortizzatori sociali che scadono a luglio), l'unica strada da seguire è una pressione morale al Governo, al Mise, alla stessa Whirlpool e a Randstad per trovare nuovi investitori che, stavolta, facciano partire davvero una nuova industrializzazione.
Intanto, dal tavolo con la Regione è emersa una linea comune in vista dell'incontro al Mise che si dovrà tenere nella settimana del 16 dicembre. "Stiamo lavorando a un documento da scrivere insieme da presentare al Mise perché si arrivi all'incontro per una svolta e non che ci diano tutti ragione ma poi si rinvii tutto e che passino ancora mesi - spiega Bolognesi - Al tavolo abbiamo chiesto che ci siano il ministro Patuanelli, ma anche Whirlpool, Invitalia e gli advisor utilizzati per trovare gli investitori già in passato".
"Devono trovare qualcuno che investa e che faccia in modo che si creino posti di lavoro - prosegue -. Hanno creato questa situazione e ora devono risolverla. Non può andare come tutte le altre volte".
E se da un lato aleggia la paura del fallimento, ci sono anche note rassicuranti. "La Regione si è anche impegnata a fare una verifica sul Durc e i contributi Inps e Inail risultano pagati fino al 23 novembre", conclude Bolognesi.
Alla concretezza invita anche Meluso: "Vogliamo che portino Whirlpool al ministero anche in maniera coatta. Questo è una truffa bella e buona. Non si può più procedere così". E ribadisce "C'è chi è disposto a fare un esposto in procura".
"Abbiamo bisogno di posti di lavoro, non di parole - conclude Arcangelo Montemarano (Fim) -. Vogliamo andare a Roma e a Roma non devono trovare altre scuse per rinviare a data da destinarsi".