Il lockdown che si è da poco concluso ha regalato all’ambiente una breve, ma importante tregua tanto da restituirci seppur per breve tempo, aria ed acque più pulite, tuttavia un miglioramento della salute del pianeta non può dipendere dalla chiusura forzata di industrie ed infrastrutture, ma dovrebbe piuttosto essere la conseguenza di politiche mirate e di una nuova coscienza green.
Con la fase 2 e 3, infatti, insieme alla ripresa di tutte le attività produttive del Paese si rischia di assistere al triste ritorno ad un passato, fatto di smog e di contaminazione del suolo e dei corpi idrici. E’ questa la preoccupazione che emerge dal dossier di Legambiente H₂O – la chimica che inquina l’acqua, nel quale la nota associazione ambientalista condivide “46 storie di ordinaria follia sull’inquinamento industriale delle acque in Italia”.Che allunga pesanti ombre anche su Torino e il Piemonte.
Il documento passa in rassegna diversi inquinanti che compromettono l’integrità di fiumi, laghi, falde acquifere, riportando numeri e dati e e offrendo puntuali informazioni sulle sostanze emergenti che si affiancano a quelle tradizionalmente note come i metalli pesanti. Si fa così sempre più invasivo l’impatto di fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione e microplastiche, solo per citarne alcuni. Un importante rischio è sicuramente rappresentato dalle 130 mila tonnellate annue di pesticidi usate nella filiera agricola italiana e dai contaminanti che derivano dalle attività agrozootecniche dalle quali, secondo una ricerca pubblicata da The Lancet nel 2018 l’ Italia sosterrebbe un terzo delle 33 mila morti che ogni anno si registrano nell’Ue a causa d’infezioni da AMR (agenti resistenti agli antimicrobici).
Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha denunciato negli allevamenti del nostro Paese e soprattutto nel bacino padano, un uso di antibiotici sproporzionato che ammonterebbe a ben 1.070 tonnellate all’anno, cioè al 16% dei consumi dell’intera Unione europea. I dati che scaturiscono dal dossier sono allarmanti, circa il 60% dei corsi d’acqua e dei bacini idrici della Penisola, infatti non sono in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Per comprendere quanto la situazione sia allarmante basta consultare i dati del registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), in base ai quali dal 2007 al 2017 gli impianti industriali hanno immesso, stando alle dichiarazioni delle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici.
Per far fronte a quella che sta diventando una vera e propria minaccia, bisognerebbe inaugurare una corretta gestione della risorsa idrica che dovrebbe diventare una priorità per il Paese insieme alle bonifiche e al rafforzamento della Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) che aveva fissato al 2015 il raggiungimento di una buona qualità ecologica e chimica dei corpi idrici in Europa. "La piena attuazione della Direttiva Acque, peraltro, spiega- Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente- è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici: serve a migliorare lo stato ecologico dei corpi idrici, restituire spazio ai fiumi, mitigare il rischio alluvioni ed evitare alterazioni dei corridoi fluviali rispettando la naturalità. Per una ripartenza post-Covid, occorre che anche le aziende facciano la loro parte".
A tal proposito Legambiente lancia un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Union Europea per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano in modo da favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico che continua a rappresentare un flagello per il nostro Paese.
Anche il Piemonte si allinea a questo trend negativo ed il dossier di Legambiente pone l’attenzione sullo stabilimento di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, già da anni sotto i riflettori, in seguito alle segnalazioni del circolo di Legambiente Ovadese Valli Orba e Stura, per utilizzo di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS, composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili ad acqua, sporco e olio).
"Nell’ultimo anno, – ha spiegato Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta - nuovi sviluppi hanno riguardato le attività, le analisi e le riflessioni in questa area. A gennaio 2020 è stato pubblicato un rapporto internazionale Per- and polyfluoroalkylether substances (PFAE): identity, production and use commissionato dal Nordic Council of Ministers20, nel quale si lamenta la mancanza di trasparenza sia a livello di produzione che nei processi di utilizzo di queste sostanze e ciò mina gli sforzi per proteggere l’ambiente e la popolazione dai rischi associati alla produzione, all’uso e allo smaltimento di questi prodotti chimici".
Altre zone a rischio così come si evince dal dossier sono: Pieve Vergonte (VB) dove la falda e i sedimenti sono inquinanti principalmente da arsenico, mercurio, ddt e altri inquinanti quali piom- bo, cadmio, ferro, zinco, rame, idrocarburi clorurati, furani, diossine, composti organici e policlorobifenili (pcb).” e Basse di Stura a Torino, qui le sostanze inquinanti presenti nell’area sono principalmente cromo, nichel, rame, cadmio, cobalto, piombo e zinco nei suoli e cromo, nichel e cloruri in campioni di acque sotterranee.
Lo studio di Legambiente non si limita tuttavia ad offrire una fotografia del corpo idrico del nostro Paese, ma fornisce possibili alternative e proposte operative. Oltre all’appello al Governo, infatti, l’associazione ambientalista sottolinea l’importanza di dare spazio all’innovazione tecnologica e ridurre drasticamente l’uso di sostanze di sintesi pericolose in agricoltura, approvando i decreti attuativi della Legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (SNPA) e consentendo di potenziare, uniformare e migliorare i controlli sul territorio incidendo sulla prevenzione dall’inquinamento.
Legambiente inoltre invita tutti i cittadini a denunciare eventuali casi d’inquinamento scrivendo e mandando il materiale alla mail onal@legambiente.it dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità dell’associazione. Per ulteriori informazioni è possibile consultare direttamente il dossier completo cliccando su https://www.legambiente.it/h₂o-la-chimica-che-inquina-lacqua/.