Ero al fiume con i miei animali quando li vidi per la prima volta. Attraversavano il paese guardando in giro curiosi e conversando tra loro con parole a me ignote. Avevano la pelle scura, i capelli ricci e gli occhi neri come il carbone.
I bambini li guardavano curiosi, gli uomini impugnando i loro strumenti di lavoro, le donne attraverso le finestre, ben nascoste nelle capanne.
Io all'epoca ero solo un ragazzo e in me la curiosità ebbe la meglio sulla paura. Mi avvicinai, mentre il più piccolo dei miei vitelli mi seguiva fedele come un cane.
In questo gruppo di forestieri dall’aspetto esotico, se ne distinguevano alcuni dagli abiti preziosi. Uno di loro, invece, aveva l'aria familiare e fu a lui che mi accostai.
"Da dove venite, signore?" gli chiesi.
"Dalla costa, lì oltre le montagne, a pochi giorni di cammino. Ma gli altri vengono da molto più lontano, dalla sponda opposta del mare. Quello là, con quel drappo d'oro, dice di essere un principe e, dal modo in cui gli altri lo riveriscono, credo che non menta"
"E voi che ci fate con una così strana compagnia?"
"Sei sfacciato, ragazzino!” rise l’uomo. “Ma provo simpatia per te e ti risponderò. Questi stranieri hanno bisogno che faccia loro da interprete"
“Cosa significa?”
“Vogliono che li aiuti a parlare con la gente del luogo”
"Quindi voi li capite? Conoscete la loro lingua?" chiesi colmo di stupore.
"In realtà no ma, durante i miei commerci, ho imparato quella dei Greci e a loro è accaduto lo stesso", il ligure conosceva il mondo dunque. Rimasi un attimo in silenzio, con il capo chino, dimostrandogli il dovuto rispetto. Ma, poi, la curiosità ebbe la meglio e ripresi con le mie domande.
"Vi hanno detto cosa vogliono?"
"Cercano un posto dove stabilirsi, dicono di voler fondare una nuova città"
"Qua? In mezzo al nulla?"
Fu in quel momento che il capo, il principe, quello il cui nome – avrei imparato presto – era Pa Rahotep, si avvicinò a noi. O meglio alle mie bestie. E, indicandole, disse qualcosa.
"Il Principe crede che aver trovato un toro qua, accanto al fiume, sia di buon auspicio” mi spiegò il commerciante ligure.
“Davvero? Che hanno di speciale le mie bestie?”
"Niente, ma il suo dio ha le sembianze di un toro. E averne trovato uno proprio qui, per lui è come un messaggio divino, una benedizione"
Intanto gli stranieri si misero a parlottare lungo il fiume e, solo dopo qualche minuto, fui nuovamente chiamato in causa.
"Come si chiama questo grande corso d’acqua?"
"Po"
"Gli piace molto, gli ricorda la loro terra. Anche loro hanno un fiume, ne parlano spesso, quasi fosse esso stesso un dio. Dicono che spesso straripa ma così, invece di portare morte e distruzione, porta fertilità e raccolti abbondanti. Dicono che è così lungo che nessuno sa quale sia l'origine"
"Credi che sia vero?"
"Loro ne sono convinti"
Gli stranieri arrivati da una terra lontana si stabilirono da noi. Portarono il culto del Toro e costruirono un grande tempio lungo la sponda del fiume. Poi, un giorno, come erano arrivati se ne andarono, lasciandoci in dono quelle che sarebbero state le fondamenta di una grande città. Chissà se, coloro che vivranno in questi luoghi fra molte lune, se ne ricorderanno ancora.
Sono diverse le leggende legate alla fondazione di Torino, qualcuna più nota delle altre, qualcuna più sorprendente delle altre. Questo breve racconto è dedicato alla leggenda de il principe egizio Pa Rahotep.
Secondo questa curiosa leggenda, questi lasciò l’Egitto, visitò la Grecia e costeggiò la nostra Penisola, per poi sbarcare in Liguria. Lì si stabilì suo figlio, Ligurio appunto, mentre lui si diresse a nord, fino a fermarsi in una terra che, con il suo grande fiume, gli ricordava l’Egitto.
Pa Rahotep fondò quello che sarebbe stato il primo nucleo di Torino, la città di Eridania. Qui introdusse il culto del dio Api, il dio Toro, e fece costruire un grande tempio.
Sempre secondo la leggenda, la Gran Madre fu eretta proprio sui resti di quel tempio pagano.