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Immortali | 22 settembre 2020, 06:00

Addio a Fino Fini

Fare il medico della Nazionale di calcio è certamente un incarico di prestigio, che non si affida al primo che capita e nemmeno al secondo.

Addio a Fino Fini

Il nome di Fino Fini è di quelli che non stanno in prima fila, ma ci sono e pesano tanto, pur stando dietro le quinte. Fare il medico della Nazionale di calcio è certamente un incarico di prestigio, che non si affida al primo che capita e nemmeno al secondo. Ti viene dato in mano il patrimonio sportivo più prezioso del Paese. E la fiducia in lui fu certamente ben riposta, visto anche il titolo di campione del Mondo 1982 che portò anche un po' la sua firma.

Ebbi modo di conoscerlo ed apprezzarlo molto più tardi, però, quando aveva dismesso il camice azzurro per indossare le vesti di anima del Museo del Calcio di Coverciano, che divenne capofila, come era logico che fosse, della nascita della Federazione Italiana Musei di Sport. Fu proprio nelle fasi embrionali che portarono alla Fondazione, che avemmo modo di conoscerci e di entrare immediatamente in sintonia. Schietto, ma con la battuta pronta ed il gusto della risata, ci capimmo ed apprezzammo vicendevolmente fin da subito.

Mi mostrò con orgoglio il suo Museo, dove tra mille maglie delle Nazionali italiane, indossate nel corso del secolo di vita abbondante, più tante altre scambiate con le Nazionali che avevano giocato contro gli azzurri, c'era una sola maglia di Club. Quella del Grande Torino, appartenuta a Virgilio Maroso. “Ti piacerebbe averla al tuo museo, vero?” mi disse. “Si, ma preferisco che resti qui, unica maglia di Club in mezzo a tante Nazionali, a testimoniare a tutti la grandezza del Grande Torino”, risposi. I nostri sguardi si incrociarono e la sua approvazione fu silenziosa ma palpabile.

Da quel giorno, ogni volta che ci siamo ritrovati, il calore e l’affetto del nostro saluto è sempre stato sincero e genuino, basato su un rispetto profondo e reciproco.

Le occasioni per rivederci non furono moltissime, sostanzialmente le riunioni della Federazione Musei a Coveciano, la hall of fame del calcio italiano, nella splendida cornice del Salone dei Cinquecento, Palazzo della Signoria a Firenze e poco altro.

Si rimuginava con nostalgia e disappunto su un calcio che non c'era più, quello degli uomini, non dei soldi. Valori antichi ma sempre attuali, che erano stati scavalcati dal vil denaro.

Si avvertiva in lui il peso dell'età e il dorato isolamento in cui l'ambiente lo aveva confinato. Il suo museo, che lui temeva avrebbe potuto morire con lui.

Mi chiedo che futuro si prospetti per il gioiello di Covercano, ora che il suo padre spirituale non c'è più. Un fiore all'occhiello per tutto il calcio italiano che meriterebbe miglior valorizzazione da parte della FIGC. Sarebbe un peccato che con la scomparsa di Fino Fini si perdesse quella spinta emotiva che per anni lo aveva tenuto in vita. Ma tutto sommato non ci sarebbe da sputerai più di tanto, vista la scarsa attenzione verso tutto quello che non produce profitto.

Spero proprio di sbagliarmi, perché quell'uomo simpatico e sincero che è stato Fno Fini, non meriterebbe questo oltraggio post mortem.

Che la terra ti sia lieve e che il tuo museo possa continuare a lungo a parlare del tuo amore per esso.

Domenico Beccaria

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