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In Breve

| 05 marzo 2021, 07:52

Ladri di sogni

OsservaTorino, un punto di vista su cosa accade in città fornito da Domenico Beccaria. L'argomento di oggi? Le attività commerciali chiuse causa pandemia

Domenico Beccaria

Domenico Beccaria

I proverbi, saggezza dei popoli, ci danno sempre uno spunto per analizzare, magari anche capire, quello che ci accade. E così quando si pensa alla situazione del piccolo commercio, “piove sul bagnato” è perfino troppo scontato. 

Su un terreno già gonfio di pioggia, che aveva perso le sue radici, si è scatenata la tempesta perfetta, che ha fatto deflagrare una situazione già al limite. 

Tanti piccoli esercizi, i cosiddetti negozi di vicinato, che galleggiavano a malapena in acque agitate, hanno avuto da questa maledetta pandemia cinese, il colpo di grazia. E così sono poche le serrande ancora alzate in un mare di lucchetti serrati, cartelli vendesi, o saldi di disperazione. 

Il “rari nantes in gurgite vasto”, con cui Publio Virgilio Marone descrive il naufragio della flotta di Enea, ben si attaglia a questo naufragio del piccolo commercio nazionale. 

Ma dietro ad una serranda chiusa c'è molto di più di una semplice cessazione d’attività. Ci sono magari generazioni di donne e uomini di una famiglia che ha consacrato la sua esistenza, che ha forgiato le sue tradizioni su un mestiere; oppure ci sono magari le speranze di un giovane che intraprende, forse per passione, forse per disperazione perché non trova un lavoro degno di questo nome, un mestiere nuovo. In entrambi i casi, c'è quell’orgoglio imprenditoriale di sentirsi i padroni del proprio destino, i capitani della propria anima. Fieri, liberi, indipendenti, consapevoli del sudore e dei sacrifici che a fine mese distillano un guadagno sovente magro, ma sempre onesto. 

Ebbene molti di questi nostri connazionali, oggi hanno davanti a loro l'incertezza e le tenebre. Hanno davanti agli occhi lo spettro del fallimento, della consapevolezza di dover tornare a casa e non sapere cosa raccontare a mogli, mariti, figli, la vergogna di non riuscire a guardarsi allo specchio, di sostenere lo sguardo altrui. 

Vittime incolpevoli e spesso dimenticate dalle istituzioni, di una tragedia immensa che si è abbattuta loro addosso, senza che avessero fatto nulla per provocarla. 

Una tragedia che ha un nome ed un cognome: Covid 19 o meglio Sars Cov 2; una tragedia che ha un'origine geografica e dolosa ben precisa: la Cina. 

Quando ancora eravamo ignari di quello che ci stava arrivando addosso, come un camion a luci spente e freni rotti, l'autista di sapeva che ci avrebbe travolti, ma non ha suonato il clacson per dirci di scansarci. 

Non è ancora chiara, e chissà se lo sarà mai, viste le reticenze ancor oggi a consentire indagini approfondite, se il virus sia di origine animale o se sia stato creato in laboratorio, ma poco importa. Quello che invece è inequivocabilmente acclarato è che le autorità cinesi sapevano ed hanno minimizzato, se non addirittura taciuto, il pericolo e la sua reale portata. 

Se oggi ci sono milioni di persone che, ai quattro angoli del mondo, soffrono le conseguenze di questa maledetta pandemia cinese, non mi stancherò mai di scrivere queste tre parole in questa precisa sequenza, maledetta pandemia cinese, è perché chi avrebbe avuto il dovere di parlare ha invece colpevolmente taciuto. 

Se il mondo fosse giusto, prima o poi le nazioni civili presenterebbero il conto ai despoti di Pechino, che ci hanno rubato uno, ma forse anche due anni di vita normale, lasciandoci in cambio parenti ed amici morti ed una economia in ginocchio, da cui ci vorranno anni per riprenderci. 

Ci hanno rubato i nostri sogni ed i giorni migliori della nostra vita, quelli che non ritorneranno mai più. 

Domenico Beccaria

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