Nel tardo pomeriggio, Matteo Salvini, in un hotel del centro torinese, ha presentato il candidato sindaco del centrodestra alle prossime elezioni comunali, e su queste pagine avrete certamente letto le cronache dei nostri valenti reporter. Più che di una presentazione vera e propria però, si è trattato di un supporto che la Lega ha voluto offrire al candidato del suo schieramento. Nel suo discorso introduttivo, Salvini ha toccato tutti i problemi che affliggono l'Italia in generale e Torino in particolar modo, lavoro, ripresa, sicurezza, inclusione.
Si, avete capito bene, inclusione.
Anche se qualcuno sarà stupito e magari qualcun altro storcerà il naso, l'inclusione fa parte delle problematiche che stanno a cuore anche al centrodestra, non solo alla sinistra, anche se ovviamente stiamo parlando di due concetti assolutamente antitetici che i due schieramenti hanno della stessa parola.
Se i profeti dell'accoglienza a tutti i costi pensano ad un modello di inclusione che riguarda tutti indiscriminatamente, una specie di manna caduta dal cielo, che ammanta chiunque si trovi nei paraggi, anche se non l'ha richiesto, anche se non sa nemmeno cosa sia, anche se magari non gliene frega nulla, perché sta bene così com’è, io credo che invece dal centrodestra dovrebbe giungere tutt'altro segnale.
L'inclusione, infatti, è o almeno dovrebbe essere una gioia, sia per chi include, che apre le porte di casa sua ad un gradito ospite, che per chi viene incluso, che entra a far parte di una comunità che gli offre prospettive di integrazione e benessere, per lui e la sua famiglia, mentre invece troppe volte viene percepita come un diritto acquisito, o un regalo piovuto dal cielo o peggio, un obbligo non richiesto né desiderato.
E di conseguenza, per l'includendo, dovrebbe essere l’agognato traguardo di un percorso consapevole di accettazione di una proposta offerta, che viene raggiunta attraverso la comprensione di ciò che si sta facendo, la conoscenza del mondo in cui ci si va ad inserire, l'accettazione delle regole di quel mondo che, giova sempre ricordarlo, non è venuto a trascinarlo da lui in catene, per una inclusione forzata, ma che che dall’includendo è stato cercato e trovato. Tanto per dirne una, quel mondo riconosce all’includendo il diritto a professare la religione dei suoi padri, ma gli chiede che questo rispetto verso le sue credenze sia incastonato nelle regole che questo mondo si è democraticamente dato da secoli, ovvero da ben prima del suo arrivo: quindi, giusto per fare un esempio di questi giorni, se la sua figliola decide di rifiutare il matrimonio che la famiglia gli ha combinato con un perfetto sconosciuto che sta a migliaia di chilometri, ma ha pagato per averla in sposa, esattamente come si comprerebbe un animale o un oggetto, ordire una trama che coinvolge i parenti più stretti per ammazzarla e sotterrarla chissà dove, oltre ad essere un reato grave contro la persona, è anche uno sgarbo verso la comunità che lo ha accolto e vorrebbe includerlo.
A Torino esistono interi quartieri o almeno grosse porzioni di essi, che sono un far west senza legge in cui anche le forze dell'ordine hanno il loro bel daffare per entrarci e mantenere una parvenza di legalità, e questi quartieri sono il risultato di decenni di buonismo e di inclusione un tanto al chilo, buttata lì come un surplus né richiesto né gradito.
Se il centrodestra saprà far suo questo modello di inclusione consapevole, guadagnata ed appezzata, che i torinesi saranno felici di offrire e gli stranieri saranno felici di vivere, ha tutti gli strumenti per vincere le prossime elezioni e restituire a Torino quella dignità che le ultime amministrazioni rosse e gialle gli hanno via via strappato di dosso, un brandello dopo l'altro, fino allo scempio odierno.
Una sfida sicuramente impegnativa, ma che non dovrebbe spaventare un imprenditore tosto come Damilano e da cui dipende il futuro della nostra città e dei suoi giovani.