Vike, al secolo Vittorio Giorcelli, si incuriosisce presto circa il funzionamento della musica e a soli 12 anni inizia a suonare la chitarra per non smettere più. La sua musica oscilla tra la malinconia e l’ironia raccontando storie che parlano di sè. Dopo l’esordio discografico con “Solo”, che l’artista definisce come un compendio, ha pubblicato il singolo “Pesce” che narra della paura di non poter tornare indietro in un momento buio della vita.
Come si è avvicinato Vike alla musica e perché si chiama così?
Ricevetti come regalo di Natale un CantaTu all’età di 7/8 anni, e da allora mi innamorai con curiosità di come funziona la musica. Poi verso i 12 iniziai con la chitarra classica e da lì non mi sono più fermato. Il nome credo che arrivi dal titolo di una canzone, ma non ricordo esattamente come sia nato. Gli amici storici mi chiamano così da anni, quindi sono stato Vike già prima di essere questo Vike.
Cosa ispira la scrittura dei suoi testi?
Dondolo tra l’ironico e il malinconico. Quasi sempre i miei testi sono autobiografici, e in questi ultimi anni ho iniziato a dare molta più importanza alle parole, cercandone anche il giusto suono. Spesso parto dalla chitarra, e a volte è proprio lei a suggerirmi quali parole usare. È come se la canzone fosse già lì da qualche parte e io dovessi solo codificarla.
Il cantautorato alla Dalla e De Gregori da una parte e il brit pop dei Blur e Oasis dall’altra, come si mescolano i due generi nella sua musica?
Suono istintivamente e quindi ciò che ne esce è una miscellanea di tutto quello che ho attraversato e vissuto. Sinceramente non mi metto a tavolino a decidere “Questa canzone deve suonare come tizio” oppure “Ora ne scriverò una in quello stile”. È un processo che avviene naturalmente. Mi piace sperimentare e amo i suoni vecchi.
“Pesce” è il suo nuovo singolo, quale storia racconta agli ascoltatori?
È la storia di un momento difficile, un istante preciso in cui ho avuto paura di non poter tornare indietro da un posto buio dentro di me. Ho avuto la fortuna di poter sparare fuori questa sfera negativa grazie alla musica. Credo che esattamente come succede ai cicli naturali, delle piante ad esempio, anche il nostro spirito nasce e muore diverse volte. Può accadere dopo aver vissuto una brutta esperienza o dopo un violento strappo alle nostre certezze. In quel momento diventiamo qualcosa altro, è un continuo processo di trasformazione.
Due anni fa ha pubblicato il disco “Solo”, come, e se, si è evoluto musicalmente?
“Solo” è un punto importante del mio percorso artistico. È il disco in cui ho raccolto tutti i lavori che ho prodotto tra il 2017 e il 2020. Inizialmente lo vedevo più come un compendio che come un vero disco. Con il passare del tempo mi sono accorto che anche lui racconta una storia.
La sua Torino musicale e non.
Inizialmente mi sono trovato a Torino per lavoro. Ho iniziato a muovermi realmente nella musica da qui. Poi la scintilla magica di questa città mi ha spinto ad ampliare la visuale. Ho fatto concerti, fondato un ufficio stampa, iniziato a collaborare con altri artisti, in campo musicale, artistico e culturale, avviato una rassegna musicale e mille altre esperienze. È stata un escalation, una vera lovestory dove ho trovato il punto di partenza per il mio percorso.
News, live in programma, appuntamenti.
Al momento ho concerti in programma per questa primavera/estate e altri due singoli pronti. Ho iniziato anche a collaborare con la band The Spell Of Ducks in veste di chitarrista e anche con questo progetto ci saranno diversi concerti. Finalmente sembra che il mondo si sia riaperto alla musica e non vedo l’ora di tornare sul palco.














