Nel mese di luglio è stata rilevata dal Kiel Institute for the World Economy la mancanza di nuovi impegni da parte dei Paesi europei per l’assistenza militare e finanziaria all’Ucraina. Ognuno degli Stati fornitori ha motivi differenti per non continuare con gli aiuti a pioggia, ma la ragione politica che li accomuna è stata suggerita dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Oltre ad aver fatto notare il doppiogiochismo della Turchia, secondo lui tipico della tradizione ottomana, ha dichiarato che quando viene intervistato da giornalisti stranieri o quando conferisce con i ministri di altri Paesi, gli viene rivolta la domanda su quanto tempo ancora Kiev potrà resistere. Kuleba si dice deluso da questo atteggiamento degli occidentali, che secondo lui sembra suggerire il desidero che l’Ucraina collassi al più presto e si tolga di mezzo come problema ingombrante. Come riporta il sito Strumenti Politici, sono arrivate critiche e polemiche ai governi “colpevoli” di diminuire o rallentare il flusso degli aiuti militari a Kiev. Al cancelliere tedesco Scholz viene imputato di agire con troppa lentezza nella realizzazione del piano di sostituzione dei carri armati di produzione sovietica, mandati in Ucraina dai Paesi dell’Europa centrale e orientale, ai quali Berlino deve dare in cambio tank di nuova produzione. Scholz ribatte dicendo che il governo sta approvando gli invii secondo la tabella di marcia. Il ministro della Difesa della Lettonia Artis Pabriks sollecita Francia e Germania a fare di più, almeno in proporzione a quanto donano Paesi meno potenti come Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia. Proprio quest’ultima, però, sta vivendo una crisi di governo che potrebbe impedirle di continuare ad aiutare Kiev con la solita larghezza; almeno un terzo dei cittadini slovacchi rivolge le sue simpatie politiche a Mosca e non a Washington, e vorrebbe la pace con la Russia.
In Breve
lunedì 07 luglio