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Attualità | 07 marzo 2023, 07:55

"Omnia vincit amor, l'amore vince su tutto": come ho combattuto il cancro grazie all'arma più potente

Io, Federica, vi racconto la storia della mia battaglia contro il "bastardo"

foto di archivio

"Omnia vincit amor, l'amore vince su tutto"

"L'importante è che tu ti senta accolta". Queste, le parole che chiunque si trovi, suo malgrado, a dover affrontare una battaglia difficile e dall'esito estremamente incerto come un carcinoma (mammario, nel mio caso) vorrebbe ascoltare all'inizio del proprio percorso.

Parole che donano un flebile sollievo, a dispetto del pesante macigno che, all'improvviso, ti si scaraventa addosso e ti schiaccia senza apparente via di scampo. Che iniziano a far emergere quel coraggio che si scopre di avere in queste circostanze ma che non desidereresti mai di possedere, quel coraggio di chi non ha scelta, che ti ritrovi a dover mettere in atto se non vuoi soccombere sotto il peso di un male, a volte, insormontabile.

Parole che ho avuto il Dono di ascoltare all'inizio del mio percorso, e che ho sentito "vive" e reali, concrete, in ogni istante di quei lunghi, lunghissimi mesi.

E allora, quel "Caritas Christi urget nos", queste parole della lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi che San Giuseppe Benedetto Cottolengo ha fatto proprie nel dar vita alla struttura ospedaliera che, da lui, prende il nome, in quell'Accoglienza, prendono vita, quasi per magia.

Quella Carità, quell'Amore di Cristo che potrebbe sembrare quasi utopistico ed estremamente difficile da realizzare se non per chi non abbia abbracciato un Cammino di Fede, non rimane astratta, ma diventa una strada concreta da percorrere nell'intento di accompagnare ogni persona in questa strada indubbiamente in salita.

Al di là dell'aspetto prettamente medico, ciò che conta davvero nell'intraprendere un percorso di terapia è l'aspetto umano. L'essere curati, sebbene sia in primo piano ai fini del raggiungimento della guarigione fisica, non basta. Perché parallelamente a questo, anche l'anima e il cuore devono poter "guarire", o almeno provarci.

Ogni paziente dovrebbe potersi sentire "accompagnato", preso per mano, esattamente come è successo a me proprio presso il DH oncologico dell'ospedale Cottolengo, dove all'improvviso mi sono trovata a dover combattere contro un male che ha portato via con sé ciò che rimaneva del mio vedermi e sentirmi donna oltre la disabilità. Non mi sono sentita mai sola, o un numero fra tanti.

E sono profondamente grata per il modo di ognuno di loro di prendersi cura di me, nel dirmi le cose con il giusto tatto ma senza minimizzare, nell'avermi donato affetto, empatia, sostegno, in ogni gesto, ogni parola, in ogni sorriso, in ogni abbraccio. Nelle meravigliose amicizie che sono nate. Ad ogni terapia, ogni seduta operatoria, ad ogni notizia negativa.

La malattia è ferma ma sono consapevole di non aver ancora terminato il mio percorso. Ma ciò che conta più di ogni altra cosa è che so di essere in buone mani, da tutti i punti di vista!! Lo so, il "bastardo" mi ha tolto tanto, ma mi ha dato, anche, tanto. Perché l'amore è più forte del dolore, sempre.

Federica De Castro

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