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Attualità | 24 marzo 2023, 18:03

Va in pensione il medico che non amava essere chiamato ‘dottore’

Osvaldo Ghirardi dal 1° aprile non indosserà più il camice che ha portato per decenni negli ambulatori di Bobbio e Villar Pellice

Osvaldo Ghirardi

Osvaldo Ghirardi

Svestirà con rammarico il camice da medico ma non avrà malinconia della qualifica di ‘dottore’ e non abbandonerà Bobbio Pellice, dove ormai vive da dieci anni. Osvaldo Ghirardi è il medico di base che da decenni si occupa dei pazienti bobbiesi e villaresi e che andrà in pensione a partire dal 1° aprile. “Questi sono giorni tristi per me, mi spiace dover rinunciare al mio lavoro” afferma Ghiardi. Del suo lavoro gli mancherà soprattutto la possibilità di incontrare e parlare con i pazienti: “Ogni tanto capitava di arrabbiarsi, a volte infatti ho avuto a che fare con persone ‘toste’, ma in generale il rapporto con bobbiesi e villaresi è sempre stato tranquillo e aperto” racconta.

Una storia lunga 40 anni

Agli ambulatori di Villar Pellice e Bobbio Pellice arrivò nel 1982, dopo alcuni anni a Bricherasio. Prima ancora, dopo la specializzazione in chirurgia d’urgenza e di pronto soccorso, lavorò per tre anni alle Molinette. “Avrei potuto rimanere a Torino, come assistente in chirurgia ma feci una scelta di vita diversa, con l’obiettivo di lavorare in un contesto più tranquillo e che mi premettesse di approfondire il contatto con i pazienti. Non mi sono mai pentito di questa decisione”.

Nato a Torre Pellice, da una mamma di Guarene e un papà di Bricherasio, Ghirardi dieci anni fa si spostò a vivere a Bobbio Pellice, in un contesto a cui non intende rinunciare: “Ho un terreno, cinque gatti e due cani. Vivo in un contesto rurale che mi piace – spiega –. E non ho paura della neve, anzi! Le nevicate che ho visto qui mi hanno sempre riempito il cuore”.

Anche visitare i pazienti in borgata, in pieno inverno, non ha rappresentato un problema: “A volte, durante le nevicate, dovevo recarmi da pazienti in borgate sperdute, di cui non conoscevo l’esistenza – ricorda –. Ma c’era sempre qualcuno disponibile a venirmi a prendere in piazza a Bobbio o a Villar per accompagnarmi in auto”.

Lo stravolgimento della pandemia

La sua voglia di incontrare i pazienti è stata mortificata con l’avvento della pandemia: “Tutto è cambiato da allora. Prima non avevo mai visitato su prenotazione: arrivavo in ambulatorio e c’erano già pazienti che mi attendevano in sala d’attesa, smaltivo le prescrizioni e poi cominciavo a visitare”. Da allora il lavoro si è fatto più pesante: “Per capirci, prima della pandemia, ero abituato a ricevere tre o quattro telefonate al giorno, poi sono diventate venti o trenta. Fino a raggiungere, un giorno, il record delle settanta”.

Ghirardi si definisce un ‘tradizionalista’, ma intanto ha visto cambiare il modo di lavorare degli altri medici: “Ho sempre risposto io direttamente al telefono dalle otto del mattino alle otto di sera, ora vedo che i miei colleghi pongono limiti diversi. Oltre ad avere il filtro della segreteria, inoltre, tendono a lavorare in studi con altri colleghi, mentre io preferisco la solitudine”.

I cambiamenti delle comunità

Ciò che ha visto migliorare con il passare del tempo è il tessuto sociale di Bobbio e Villar Pellice: “Prima c’era più individualismo, ora le persone mi sembra si siano aperte – osserva –. È cambiato anche l’atteggiamento degli allevatori che si sono modernizzati e organizzati meglio per la vendita dei formaggi. Inoltre, in questo settore produttivo vedo giovani in prima linea, con nuove idee”.

Pur abbandonando il camice con rammarico, Ghirardi non avrà tuttavia malinconia della qualifica di ‘dottore’: “Non mi piaceva quando, incontrandomi per strada, le persone mi chiamavano ‘dottore’. Ho sempre voluto un rapporto paritario con i miei pazienti e spero che loro l’abbiano apprezzato”.

Elisa Rollino

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