Il mondo in cui viviamo non è lo stesso di trenta o quaranta anni fa grazie a una maggiore coscienza scientifica, a una maggiore permeabilità degli studi all’interno della nostra vita quotidiana e al maggiore grado di informazione a cui abbiamo accesso grazie alla presenza degli smartphone nella nostra vita.
Questo è lo stesso mondo in cui il cannabidiolo, meglio noto come CBD, si sta affermando progressivamente come strumento del tutto naturale per migliorare la propria condizione di benessere; tutto questo sta avvenendo quando ancora diverse idee sbagliate sull’argomento circolano, visto il naturale collegamento che si fa tra il principio attivo e la pianta cannabis sativa, ancora per molti sinonimo di droga leggera.
Eppure al giorno d’oggi esistono una pletora di maniere diverse per assumere il principio attivo: dall’usare un vaporizzatore di erbe come il Tinymight 2 all’usare un olio edibile al CBD come condimento. Le nuove pratiche di assunzione comunque non bastano a sfatare i diversi miti che circolano sull’argomento e per questo motivo oggi ci muoveremo di conseguenza osservando insieme diversi dei miti presenti, smontandoli quando possibile.
Il CBD è una droga
Tra tutti i miti su questo principio attivo, l’idea del CBD come droga è senza dubbio la più retrograda.
Nonostante provenga dalla stessa pianta da cui proviene il principio attivo THC, la molecola CBD come certificato dalle leggi europee non è in grado di dare assuefazione al suo utilizzatore, né possiede effetti psicoattivi.
Come da normative attualmente vigenti in commercio non è possibile immettere prodotti con più dello 0.2% di THC nella composizione; a quella percentuale si è calcolato che il THC risulti incapace di generare effetti psicoattivi percepibili dal suo utilizzatore.
Questo significa che ogni tipo di CBD legale in circolazione al momento sia estremamente lontano dalla definizione comune che diamo alle droghe: la sostanza ha soltanto degli effetti che influenzano il benessere della persona senza essere psicoattiva.
Il CBD è una sostanza illegale
Dal 2016 ad oggi i regolamenti italiani ed europei hanno fatto passi da gigante nell’andare a definire tutta una serie di norme da rispettare, così da far rientrare i prodotti con tale principio attivo all’interno della legalità.
Il CBD, di per sé, non è illegale: non ha effetti collaterali gravi, non provoca dipendenza, ha effetti terapeutici conclamati e scientificamente provati. Il suo peccato è quello di provenire dalla stessa pianta da cui si ricava il principio attivo THC, questo in grado di generare dipendenza e dotato di effetti psicoattivi.
L’impianto legislativo al momento recita chiaramente che tutti i prodotti con percentuali di THC inferiori allo 0.2% sono prive di effetti psicoattivi e incapaci di dare dipendenza. Questo significa che tutti i prodotti a base di CBD che rispettano questa norma sono perfettamente legali.
Il CBD è in grado di dare dipendenza
Il CBD è stato scientificamente certificato come sostanza incapace di dare dipendenza all’essere umano. Questo significa che è possibile assumere i quantitativi che si preferiscono di sostanza senza dover sentire il bisogno di reintegrarla all’interno del proprio corpo.
Scientificamente il corpo umano tollera senza alcun tipo di effetto collaterale fino a 70 mg di CBD al giorno, oltre quella cifra ci potrebbero essere effetti collaterali legati al sovradosaggio (eventualità che può accadere anche con cibo che mangiamo tutti i giorni: in quantità limitata, come dicevano i latini, tutto è veleno).
L’incapacità del CBD di dare dipendenza deriva dal come questa sostanza interagisce con il sistema endocannabinoide del corpo umano. A differenza del THC, infatti, il CBD non si lega ai recettori della dopamina, scongiurando l’incombenza della dipendenza da sostanze.
I test della droga rilevano l’utilizzo di CBD
Altro giro altro mito, questa volta molto legato al mondo degli atleti e degli sportivi. Secondo diverse voci che circolano, chi fa uso di CBD rischia di passare dei brutti momenti a causa dei test antidroga che si fanno nei circuiti sportivi competitivi.
Anche stavolta abbiamo a che fare con un mito bello e buono e la motivazione, anche in questo caso è prettamente scientifica. I test anti droga si concentrano nel trovare tracce di THC all’interno del corpo umano: i prodotti a base di CBD, per poter essere legali, hanno bisogno di dosi estremamente basse di THC, inferiori allo 0.2%.
Quantitativi così bassi di THC risultano invisibili agli occhi dei test, permettendo di fatto agli atleti di fare uso di prodotti a base di CBD senza preoccuparsi di conseguenze legali. Tra le altre cose il CBD non ha effetti dopanti, bensì è semplicemente una sostanza in grado di migliorare la sensazione di benessere dell’atleta alleviando i dolori e mitigando le infiammazioni grazie a determinate proprietà terapeutiche. Non male per una sostanza del tutto atossica, no?