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Cultura e spettacoli | 23 aprile 2023, 10:12

Thomas Newton: la musica è l'amore morboso meno tossico che ci sia

L'armonica iniziata a suonare a soli due anni, la musica nel dna. Alla scoperta di Thomas Newton

Thomas Newton: la musica è l'amore morboso meno tossico che ci sia

Thomas Newton: la musica è l'amore morboso meno tossico che ci sia

Thomas Newton nasce  a Cuneo il giorno di Natale del 1993. Figlio del bluesman britannico Kit Newton, da cui eredita la grandissima passione per la musica, inizia a suonare l'armonica all'età di due anni, per gioco. Nel 1999 insieme alla Pacific Blues Band incide "From Mississipi To The Mountains" per omaggiare i suoi idoli come Muddy Waters, Little Walter e T-Bone Walker. Nel 2003 la Rai dedica un intero servizio alla famiglia Newton intitolato "Dal Mississipi a Cuneo" e nel mentre il nome del gruppo cambia in The Newton Family. Le esperienze di Tom negli anni sono numerose, ma tra tutte spicca la collaborazione con Willy Peyote: nel 2017 Tom incide la sua armonica sul disco d'oro "Sindrome Di Toret" e compare con lui sui palchi del relativo tour. Il primo disco, "Me & Mrs Music", uscirà il 16 giugno 2023 per la giovane etichetta torinese Blue Mama Records via The Orchard/Sony. 

Come si è avvicinato alla musica Tom Newton?

Io e mio fratello Ben, con cui suono da sempre, siamo figli d'arte. Nostro padre Kit decise di abbandonare casa dei suoi genitori all'età di quindici anni. Andò via con la chitarra in una mano e un amplificatore Peawy, che ancora utilizzo, nell'altra. Era inevitabile che diventassimo dei musicisti. Ascoltavamo Muddy Waters ancora prima di nascere perché Kit appoggiava sempre le cuffie sul pancione di mia madre. Il nostro approccio alla musica nacque per gioco ma divenne una necessità nell'estate del 1999 quando creammo il nostro primo gruppo:"Pacific Blues Band". Io, fratello minore, avevo cinque anni. Da quel momento non ho trascorso un solo giorno senza la forte influenza che la musica impone.

Come ha incontrato “musicalmente” Adriano Viterbini?

Mi ricordo di avere sentito Adriano per la prima volta dal vivo nel 2015 a "Fortissimo", nome provvisorio del famoso festival "Balla Coi Cinghiali" che allora si faceva al forte di Vinadio. Suonava con "Bud Spencer Blues Explosion", un power duo che mi lasciò a bocca aperta. Avevo già sentito Viterbini su alcuni CD ed LP, tutti i miei amici più grandi, quelli che di musica ci capivano qualcosa, ne parlavano e lo citavano continuamente. Ho da subito apprezzato il suo immenso talento con la chitarra, ma quello che più mi colpì fu il suo fraseggio che continuamente proponeva musica tipica dell'Africa Occidentale di cui io sono completamente dipendente. Mi portava costantemente all'attenzione perché riconoscevo il linguaggio tipico di alcuni strumenti popolari come il Jeli Ngoni o la Kora. Più lo ascoltavo e più mi sorprendeva perché a quell'età non riuscivo a concepire che qualcuno in Italia potesse apprezzare e conoscere così bene la musica Afro. Da lì ho cominciato a seguire ogni sua singola mossa e a prendere coraggio per dare spazio anche alla mia corrente africana a cui sono particolarmente legato. Ho avuto la fortuna di ospitarlo all'interno del mio album grazie a Riccardo Parravicini, fonico-produttore da cui ho registrato e mixato il disco. Durante l'ultima sessione in studio, riascoltando "Keep On Falling", lo vedevo pensieroso. Ad un certo punto mi guarda e mi fa: “Ci vorrebbe la chitarra di Viterbini qua! Che ne dici se lo sento e glielo chiedo?”. Io mi sono messo a ridere nervosamente come se mi avessero detto che aspettassi un figlio ed ovviamente ho accettato. Poco tempo dopo Parravicini è sceso a Roma per sbrigare delle faccende e nel poco tempo libero che aveva ha incontrato Adriano che in un paio d'ore ha registrato su "Keep On Falling" e "Brain Surgeon". Non esistono parole per poter esprimere la sensazione che ho provato nel sentire i miei pezzi suonati da lui.

È uscito venerdì il vostro singolo “Brain Surgeon”, quale storia ci racconta?


"Brain Surgeon" è un brano che non ho scritto io a cui sono estremamente legato. Mio padre è mancato di cancro nel 2017 e dopo alcuni mesi dalla sua scomparsa ho sentito la necessità di andare a perdermi tra i suoi scritti. Oltre alla miriade di quaderni di lezioni di inglese scritte a mano c'erano alcune pagine dedicate ai suoi pensieri. Una mi colpì particolarmente: anch'essa era scritta a mano, in pastello verde. A differenza di altri fogli questo non era stato consumato dal tempo, quindi intuì che doveva essere stato scritto non troppo tempo addietro. Era sicuramente un testo per una canzone, c'era un titolo, due strofe, un ritornello. Il titolo era "Cut Away" e le prima riga dice: "I am the brain surgeon, I will try to steal your soul". Io credo che sia un testo scritto nel periodo in cui mio padre era già malato e sapeva esattamente a cosa andasse incontro. Immagino che tra le mille paure che ti travolgono in determinati momenti, a volte, il pensiero di speranza sia veramente intenso. Il testo parla di consapevolezza: porre la propria esistenza nelle mani di altri. Sul retro del foglio c'era scritto il giro di accordi ma mi sembravano inadatti al contenuto del testo, così li ho riscritti. Forse il vero significato del testo devo ancora comprenderlo a fondo, ma non è forse questo il bello della musica?

Questo primo estratto fa parte del disco “Me & Mrs Music”, chi sono il signore e la signora della musica?

Beh, la signorina Musica (la chiamerò signorina perché l'album si chiama così ma è un concetto che va ben oltre al sesso) è il mio primo amore. Negli anni ho curato molto più lei di quanto abbia fatto con me stesso. È l'unica entità a cui permetto di penetrare il grande scudo che mi trascino dietro e di conoscermi per quello che sono davvero, così poi può mostrarmelo. La Musica ha questo grande potere di nascondere la concezione del tempo e dello spazio. Spesso la sostituisco al sonno, al cibo... è l'amore morboso meno tossico che ci sia, come si fa a non dedicarle almeno un disco?

La tua Torino musicale e non.

Torino è una città che per me rappresenta il cambiamento. Sono nato a Cuneo ma per cinque anni ho vissuto in mezzo alla campagna giocando con le galline nei prati. Torino è sicuramente un'ottima realtà in cui cullare la primissima musica, ma suonare è un'arte che ha bisogno di cambiamenti e di novità, perché l'insoddisfazione che porta l'abitudine è il peggior nemico del musicista, almeno secondo me. Da quando ho diciotto anni ho sempre sentito il bisogno di viaggiare, vedere posti nuovi. I nuovi stimoli nel quotidiano hanno sempre portato benefici alla mia musica. A Torino ci ho sempre bazzicato, partivo col treno da Cuneo la sera per venire a ballare ai Murazzi, passavo la nottata lì e tornavo col primo regionale del mattino dopo, mi ha sempre affascinato. Da ragazzino la vedevo come se fosse la città più grande e bella del mondo ma ora che ci vivo mi rendo conto che è il giusto compromesso tra la grande metropoli e la piccola città in cui sono cresciuto. Sono venuto a vivere a Torino circa cinque anni fa, dopo la perdita di mio padre. Avevo un estremo bisogno di cambiare qualcosa dentro di me e, soprattutto, sentivo che l'eredità musicale che Kit mi aveva lasciato andava coltivata in un luogo in cui ci sarebbe stata qualche porta in più da aprire e scoprire. Non mi sento ancora a casa e forse non mi ci sentirò mai in nessun luogo, ma questo mi dà forza e so che sarà motivo di approfondire questa mia grande curiosità per l'ignoto. 

News, live in programma, appuntamenti.

La vera news è che, dopo quasi venticinque anni trascorsi a cantare in inglese, sto finalmente preparando qualcosa in italiano. Per me è sempre stato comodo mascherarmi dietro la scarsa conoscenza della lingua inglese sul palco (no, non sono madrelingua se ve lo stesse chiedendo), farlo in italiano è tanto diverso, molto più intimo. Un ostacolo gigantesco che spero di riuscire ad affrontare senza troppi problemi. I prossimi appuntamenti live con il gruppo al completo per quest'estate sono il 9 giugno allo Spazio 211 a Torino e il 30 giugno a Cuneo ma il luogo è una sorpresa.

Federica Monello

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