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Economia e lavoro | 30 maggio 2025, 08:00

Il lavoro che non c’è o che nessuno vuole: Paola Veglio e la sfida del lavoro in Alta Langa

I lavoratori specializzati sono sempre più introvabili: lo confermano i dati pubblicati da Unioncamere e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2024 ammonta al 47,8% la difficoltà di reperire personale, in aumento del 2,7% rispetto al 2023. 

Tra le regioni, le più in difficoltà sono Veneto, Umbria e Friuli-Venezia Giulia con il 65% circa di lavoratori introvabili, seguono Trentino-Alto Adige con 62,7%, Piemonte – Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, con il 61,7% e la Lombardia con 61,2%. 

A pesare su questa carenza il mismatch tra scuola e lavoro, la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, ma anche il cosiddetto paradosso del “grande spreco” rappresentato dai giovani inattivi, che riguarda un quarto dei giovani tra 25 e 34 anni.

L’imprenditrice piemontese Paola Veglio, attiva nel mondo dell’automazione industriale, da anni denuncia la difficoltà di trovare giovani lavoratori. Nel suo caso, il problema è acuito dalla particolare dislocazione geografica della sua azienda: il piccolo borgo di Cortemilia, nell’Alta Langa, lontano dai servizi offerti dalle grandi città. 

Impazzire per trovare lavoratori qualificati è un lusso che il nostro Paese non può permettersi. Penso sia sempre più importante che tra scuola e tessuto imprenditoriale ci sia maggior vicinanza, in modo che i giovani possano toccare con mano cosa significhi lavorare in azienda. I percorsi di stage o l’alternanza scuola lavoro sono utili ma non sufficienti – racconta Veglio. Dovrebbe esserci una maggior presenza fisica dei ragazzi sul luogo di lavoro, per capire cosa si faccia realmente, in modo che una volta preso il diploma possano avere le idee più chiare su ciò che vorranno fare. Sto lavorando concretamente per ridurre questo gap, costruendo un dialogo produttivo con le scuole tecniche del territorio. Spero che quante più aziende vorranno fare altrettanto”. 

Welfare aziendale e territoriale per rendere Cortemilia più attrattiva per i giovani

Brovind vive un duplice problema, da un lato fatica a trovare personale qualificato, dall’altro i giovani sono poco inclini a lavorare in un piccolo borgo, scomodo da raggiungere. Consapevole del problema, Paola Veglio ha avviato diverse attività per renderlo più attrattivo, facendo coincidere le esigenze del welfare aziendale con quello territoriale. Con la crescita dell’organico, in Brovind la mensa era diventata troppo piccola, ma il territorio non offriva soluzioni utili per agevolare la pausa pranzo. Per questo, Paola Veglio ha ristrutturato e riaperto un ristorante pizzeria chiuso da anni che ospita 60 dipendenti a mezzogiorno, ma accoglie anche i cittadini e i turisti del borgo. Grazie agli sforzi del comune, finalmente a Cortemilia è presente un asilo nido e Brovind paga la retta ai figli dei propri lavoratori.

Da dove ripartire per riuscire a raggiungere i giovani

Da qualche anno il mondo del lavoro è cambiato: prima erano le aziende a scegliere le persone, ora avviene il contrario. È sempre più difficile agganciare i giovani, perchè il loro modo di pensare è estremamente diverso dalle generazioni precedenti; finchè non entreremo in sintonia con loro sarà difficile coinvolgerli. Si potrebbe partire da una narrazione diversa del lavoro in fabbrica, oggi sempre più tecnologicamente sofisticato, per riqualificare l’immagine dell’operaio e renderla più interessante. Ci vorrebbero più incentivi per assumere i giovani e dovrebbe essere reintrodotta l’opportunità ai minorenni di partecipare agli stage estivi: oggi i ragazzi hanno a disposizione solo l’esperienza di alternanza scuola-lavoro e spesso arrivano ai 18 anni completamente spaesati e senza avere la minima idea di come funzioni il mondo lavorativo. 

Il paradosso di un’Italia che non trova lavoratori mentre i giovani restano ai margini dovrebbe farci riflettere: forse non sono loro a essere lontani dal lavoro, ma il lavoro a non parlare più la loro lingua. Se vogliamo che borghi storici come Cortemilia continuino a vivere, serve più coraggio nel ripensare il lavoro: renderlo accessibile, umano e connesso al futuro delle nuove generazioni, non al passato delle imprese”.

I.P.

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