Marco Cappato ha presentato il suo libro "Credere, disobbedire, combattere" dove illustra tutte le sue battaglie, più o meno note, al grande pubblico. Il Salone Valdese di Torino lo ha ospitato giovedì 19 aprile.
Che cosa muove le sue battaglie?
Quando delle leggi producono sofferenze, è un dovere disobbedire a queste in nome dei principi costituzionalmente garantiti come quello di libertà.
La sua battaglia è anche una questione di dignità?
Il malato deve scegliere. Non c'è un modello di dignità: nella condizione di Welby e di Fabo c'é chi avrebbe scelto di continuare a vivere e avrebbe avuto il diritto di farlo e di essere aiutato.
La legge appena approvata non è ancora sufficiente?
La legge è un passo avanti importante perché consente di sospendere delle terapie in modo certo. Ma per i malati che non dipendono da una macchina, l'unica soluzione è quella di leggi come in Svizzera, Olanda e Belgio ovvero l 'eutanasia.
Che cosa spera di ottenere dalle sue battaglie?
In primo luogo spero che la Corte Costituzionale riconosca il principio dela libertà di scelta e della non criminalizzazione della libertà di suicidio e poi finalmente che il Parlamento si sappia assumere le sue responsabilità.
Lei ha portato avanti diverse battaglie ed una di quello (forse) meno note è quella che riguarda i bambini che nascono con dei genitali misti che sono ugualmente obbligati ad essere iscritti all'anagrafe come maschi o femmine. Questo che cosa comporta?
La cosa più importante sarebbe di evitare la chirurgia immediata ed invasiva sul genitale e quindi per l'anagrafe rispettare una situazione non immediatamente incasellabile. Questo potrebbe permettere alla persona di scegliere in un momento successivo in modo coerente con quella che sente essere la sua sessualità.
Che cosa le ha lasciato Fabo personalmente?
Era una persona forte e pieno di vita, mi sentivo come quando cerchiamo di aiutare qualcuno ad essere curato. Non è diverso, ma è solo un modo di rispettare gli altri anche la scelta di interrompere la sofferenza.