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In Breve

| 15 marzo 2019, 08:15

Come un sogno a occhi aperti

"Su tutti primeggiava Cristiano Ronaldo, giunto a Torino per dare mentalità e gol a una squadra impegnata a sconfiggere Mito e Destino, nel tentativo di incoronarsi Regina di Europa"

Come un sogno a occhi aperti

Così è stata Juve-Atletico Madrid, partita difficile da dimenticare per chi ha potuto assistere a quell’esperienza magnifica. 

Un’atmosfera sublime ha avvolto lo Stadium e quando lo speaker ha dato lettura delle formazioni, la tensione era altissima. 

Il gioco di luci ha donato agli spalti un che di magico, facendo presagire che un evento unico si sarebbe di lì a poco materializzato. Questo era quello che molti di noi almeno auspicavano nel proprio cuore che con un battito  bizzarro è impazzito, in preda a una tachicardia anomala, che solo il tifo può generare.

Migliaia di bandierine bianconere poste nei vari Settori hanno creato il giusto contorno al muro di sciarpe bianconere della Sud. Perché, diciamola tutta, non c’è miglior coreografia di una sciarpata spontanea, che profuma dannatamente d’antan. 

La Curva che, dimenticata ogni contrapposizione, ogni diverbio, ha gridato il proprio Credo, caricando la squadra verso la storica impresa. 

La notte degli Eroi poteva avere inizio. 

Su tutti primeggiava Cristiano Ronaldo, giunto a Torino per dare mentalità e gol a una squadra impegnata a sconfiggere Mito e Destino, nel tentativo di incoronarsi Regina di Europa. Un obiettivo ragguardevole. 

Quando sul suo colpo di testa la palla ha gonfiato la rete, a tutti è sembrato evidente che non era una delle tante, solite partite, ma ‘la sera’. Quella capace di infondere Orgoglio, Fierezza nei propri colori. 

Il polso tremante del direttore di gara ufficializzava il secondo gol. La palla era entrata. 

Tutto era ormai possibile. 

Quando Bernardeschi, spinto all’interno dell’area di rigore, induceva il direttore di gara al fischio del penality, molti attorno a me si sono seduti, girati di schiena con lo sguardo  chino, timorosi di dover assistere a una nuova delusione. 

La Champions è per molti di noi l’insieme di ricordi amari e troppi sono coloro che temono ulteriori disillusioni. 

Non mi sono adeguato agli standard, non mi sono sottratto all’attimo fatale, perché reputo che certi momenti siano imperdibili. Ho avuto ragione. 

Un silenzio surreale ha accompagnato la rincorsa di Ronaldo e un possente ululato ha sconquassato il cielo quando la palla si è prepotentemente insaccata alla sinistra del portiere.

Si inneggiava finalmente alla Vittoria, mentre veniva proclamato Re colui che era stato tra il principale artefice della stessa. 

Ma non esaltare e non esultare per una prova trionfale di tutta la squadra, sarebbe ingiusto e irriguardoso nei confronti di tutti. I Grandi non potrebbero esistere senza i gregari. E i gregari spesso diventano Grandi. Come l’altra sera. 

Lasciatemi tributare applausi scroscianti a una Curva Sud che ha suonato la carica. È innegabile. Altrettanti, doverosi applausi a quelli che, in altri settori, hanno sostenuto con il loro apporto la squadra, perché è così che si esterna la propria passione. Non con sterili polemiche e fischi, come avvenuto nelle precedenti partite. Uniti si vince. E si convince. 

Avanti Signora, perché l’altra sera hai dimostrato che chi osa vince. 

Solo chi non ci prova rimarrà alla finestra. Ansimante, frustrato e disilluso, come tanti tifosi anti juventini appaiono essere da qualche giorno a questa parte. Mi spiace, spero di vedervi ancor peggio. 

Nel mentre eccoci ai quarti. L’urna a breve avrà dato il suo responso e l’Atletico sarà solo più un ricordo, in attesa di nuove battaglie. 

Che affronteremo, con il giusto accanimento. 

La Vittoria è del Forte che ha Fede. 

Beppe Franzo

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