"Ex Embraco. Il processo di reindustrializzazione è fermo". A un anno dall'accordo con Ventures production, i sindacati tornano ad accendere i riflettori su una situazione che rischia di implodere. E lo fanno ritrovando un unità di intenti che altrove non c'è, con Fim, Fiom e Uilm concordi nel coinvolgere anche i candidati governatori alle Regionali.
"Dei 413 lavoratori rimasti, dopo uscite e pensionamenti, sarebbero dovute rientrare 280 persone, invece ce ne sono solo 146", snocciola i dati Dario Basso, segretario di Uilm Torino. "Ma soprattutto non ci sono macchinari, nemmeno uno. E al momento le attività si sono limitate a riverniciare muri e armadietti, a fare le pulizie e formazione col contagocce".
E ancora, "il piano industriale che ci hanno presentato all'epoca e che, con la garanzia del Mise, ci era stato assicurato come solido, è già cambiato molte volte. E dai robottini per pulire i pannelli fotovoltaici si è passati ad altre ipotesi, come i mattoncini intelligenti. Per questo chiediamo alle istituzioni, quale che sia il vincitore, di battere un colpo. Prima, in campagna elettorale e non solo dopo: firmate il documento d'impegno con noi". "Abbiamo un'immagine da difendere con i laboratori e una credibilità da tutelare - conclude Basso - e dopo essere andati in Europa e dal Papa non è immaginabile l'idea di essere stati presi in giro".
Di nuovo, ci sarebbe solo una stanza con dentro i prototipi di ciò che l'azienda vorrebbe produrre. "Non siamo all'annuncio di un passo indietro da parte dell'azienda - sottolinea Edi Lazzi, segretario di Fiom Torino e provincia - ma in questi anni, allargando il discorso oltre Embraco, ne abbiamo viste di tutti i colori. E innanzitutto vogliamo mantenere gli impegni che abbiamo preso con i lavoratori Embraco. E poi in generale vogliamo sapere cosa succederà a un'industria manifatturiera che a livello regionale è ancora fondamentale".
"Se stiamo ai fatti, non è ancora uscito un prodotto da quella fabbrica, mentre l'accordo e l'impegno era di entrare in produzione già da inizio anno - aggiunge Ugo Bolognesi, referente Fiom per l'azienda di Riva di Chieri -. Già in sopralluoghi precedenti era evidente il ritardo, c'erano ancora vecchi macchinari di Embraco che dovevano ancora essere portati via. A marzo, al Mise, l'azienda ha portato ordini di acquisto per linee di produzione, da installare entro giugno. E proprio Luigi Di Maio, oggi a Torino, aveva detto di voler fare il punto a metà giugno. Il processo di reindustrializzazione va accompagnato, anche per verificare eventuali ostacoli come la bonifica dell'impianto. Che andrebbe fatto da chi va via, ma che ci dicono dall'interno che sta trovano problemi". "Per ora siamo ancora nei tempi - conclude Bolognesi - ma non c'è tempo da perdere. Se tutto andasse per il meglio sarebbe un caso unico in Italia".
"Avrei voluto avere torto nel mio pessimismo su questa vicenda - aggiunge Claudio Chiarle, segretario di Fim CISL -. E sconta sempre il fatto di cadere in periodi elettorali, mentre servirebbe calma e tranquillità (all'epoca cambio il governo e dunque il ministro competente, da Carlo Calenda a Di Maio, ndr)". "Temo che il problema non sia solo negli investimenti da parte dell'azienda, ma sicuramente all'epoca si comunicò un accordo sindacale in maniera forse più semplice rispetto alla situazione reale. Bisogna capire se siamo di fronte a un'azienda che non procede perché non è aiutata, o perché sono state presentate carte che non corrispondono alle reali condizioni economiche e di mercato? Sulla vicenda abbiamo ancora molte perplessità".
Intanto l'orologio scorre: "Tra un anno scadrà la cassa integrazione. E se non succederà nulla, è facile immaginare cosa succederà", conclude Basso. E lo stato d'animo dei lavoratori, comprensibilmente, non è dei migliori, anche se fino a oggi gli stipendi sono stati pagati regolarmente. Ma quel che manda è la prospettiva, per persone che hanno già pagato abbondantemente il proprio tributo di sofferenza.