Non solo i giovani, ma anche le donne. Sono due le facce più delicate quando si parla di mondo del lavoro. E il Piemonte non fa eccezione, purtroppo: le donne occupate sono 819mila, pari a meno di un occupato su due (44,7%), anche se negli ultimi 15 anni la quota rosa è salita del 2,7%. E nel secondo trimestre 2019 le occupate in Piemonte sono aumentate addirittura di 22mila unità (+2,8%) e le disoccupate sono diminuite del 23%. Ma bisogna fare attenzione, visto che il miglioramento arriva dopo 4 trimestri in cui i cali hanno tagliato fuori dal mondo del lavoro 50mila donne, con un tasso di disoccupazione salito al 10,1%.
"Ben venga questo miglioramento, ma serve cautela - spiega Mauro Zangola, economista e ricercatore che ha condotto la ricerca per Ismel -. Per ora l'andamento è molto altalenante. E siamo sempre di fronte a una forte differenza di genere".
Tra i 15 e i 64 anni sono sei su dieci le donne che lavorano. Quelle che cercano un impiego sono 70mila, duemila in meno degli uomini, ma il tasso di disoccupazione è del 7,9%, dato che si colloca sopra quello maschile di 1,3 punti. E lo scoraggiamento sembra essere piuttosto forte .
La stragrande maggioranza (82%) lavora nel terziario mentre cala (15,4%) la quota di chi opera nella manifattura. Decisamente minore chi lavora nell'agricoltura e ancora meno nell'edilizia.
Alta l'età media: l'83% ha oltre 34 anni e poi della metà supera i 45. Un progressivo invecchiamento dovuto anche a studi per periodi più lunghi e la riforma previdenziale che ha allontanato la pensione.
Più difficile la condizione delle donne straniere: il tasso di disoccupazione è ancora molto alto (18,7% contro il 7,7% delle italiane), per lavori poco qualificati.
I dati che raccontano la differenza di genere sono quelli che quantificano in 14,8 punti percentuali la differenza di occupazione tra uomini e donne, anche se dal 2004 al 2018 si è ridotta la forbice di 4,7 punti. "Le donne fanno più difficoltà a trovare lavoro per la difficoltà a conciliare lavoro e vita famigliare. Costa troppo gestire i figli lavorando e spesso mancano strutture, asili nido e non solo, che diano servizi adeguati", spiega Zangola. E ancora: "Ecco perché in Piemonte lavorano 211mila uomini in più delle donne".
Ma con un effetto nuovo: dal 2017 al 2018 sono aumentate del 48% le dimissioni di lavoratori padri.
La differenza tra lavoratori e lavoratrici si concretizza anche a causa di una maggiore diffusione, non sempre volontaria, del part time. Una condizione lamentata soprattutto dalle più giovani (fino ai 29 anni). E a questo si affianca il lavoro precario.
La differenza si mostra anche negli stipendi, con una differenza del 14,6% a favore degli uomini. Questo anche se le donne sono mediamente più istruite, visto che il 27% ha una laurea o titolo superiore, mentre gli uomini si fermano al 17,5%.
Gli effetti sono positivi, ma solo all'interno del gruppo femminile: il tasso di occupazione sale dal 63,5 all'80,9% se si passa dal diploma alla laurea. Ma in linea generale restano ostacoli di pieno inserimento: trovare un lavoro adeguato alle proprie competenze resta complesso. In problema che riguarda il 25% delle donne sotto i 34 anni. "Ecco perché - commenta Zangola - su quasi 150mila donne torinesi tra i 15 e i 29 anni sono 32.500 quelle che hanno difficoltà a realizzare un normale progetto di vita".
Tra le province, sono Biella, Cuneo e VCO a mostrare una particolare vivacità per il lavoro delle donne. Mentre Asti e Vercelli mostrano maggiori criticità.
Torino mostra un tasso di occupazione pari al 59,8% per le donne, che scende a 29,3 sotto i 30 anni. La disoccupazione è del 9,8 (salendo al 27,2 per le under 30).
Asti è maglia nera con un tasso di occupazione pari al 54,8% mentre Cuneo si appaia a Torino e svetta addirittura tra i 15 e i 29 anni (37,7%). Prima della classe è Biella, con il 64,1% di donne occupate tra i 15 e i 64 anni.
Cuneo è invece locomotiva per i tassi di disoccupazione più bassi: addirittura solo il 5,1% totale e il 12,6 delle giovani. A Novara (11,3%) e Vercelli (31,2%) i valori peggiori per la disoccupazione generale e delle under 30.
"Le condizioni dunque sono migliorate, ma non tanto da eliminare le differenze di genere e i passi avanti faticano a consolidarsi - conclude Zangola -, dunque servirà tempo per capire bene. E le difficoltà per le giovani torinesi sono una nota che deve lasciare prudenti". "Anche la forte concentrazione nel terziario è un elemento di criticità, visto che se da un lato le ha protette dalla crisi, dall'altro rischia di limitarle a ruoli poco qualificati o precari".
Che fare, quindi? "Le differenze rispetto ad altri territori paragonabili al Piemonte ci sono. Bisogna perseguire una maggiore parità di genere. E bisogna impegnarsi per rendere il terziario più qualitativo, per offrire alle nuove generazioni occasioni di lavoro nuove, più qualificate, meglio retribuite e con maggiori prospettive di crescita professionale".