Nel 2016, i dati Inps ci informano di oltre 134 milioni di voucher venduti, in aumento del 24,1% sul 2015 per una stima di oltre 1,6 milioni di persone coinvolte (nel 2015 sono state più di 1,3 milioni).
Anno dopo anno, a partire dal 2008, anno di prima reale applicazione dello strumento, i voucher sono aumentati in forza delle numerose modifiche legislative che ne hanno ampliato sempre di più il campo di applicazione sia soggettivo che oggettivo, fino a farlo divenire uno strumento utilizzabile in qualunque status occupazionale e per qualsiasi settore di attività.
Nel corso degli anni l’assenza di una efficace tracciabilità dell’istituto, e l’eliminazione dell’accezione “occasionale” ed “accessoria” della prestazione, ha permesso che lo stesso si utilizzasse alla sola ed unica condizione di un tetto economico annuo non superabile per il prestatore di lavoro, che dal 2015 il Jobs Act ha innalzato a 7 mila euro annue.
Tutto ciò si è tradotto in una applicazione legittima dell’istituto, ma di fatto “precarizzante” per i percettori di voucher.
Se analizziamo i dati Inps, notiamo che i settori in cui viene maggiormente utilizzato sono il commercio, servizi e turismo. Settori che sono fortemente contrattualizzati e dove proprio lo strumento della contrattazione collettiva garantisce al lavoratore subordinato una ricca gamma di tutele e diritti.
Sempre più spesso il lavoro retribuito con voucher, viene utilizzato come “sostituto” di un contratto subordinato.
Seppur ne è chiaro il motivo (forte concorrenzialità in termini di costo del lavoro ridotto quasi a zero e di imposizione fiscale per la quale la legge prevede la completa esenzione), dall’altra è difficilmente comprensibile come si possa valorizzare ed incentivare con enormi stanziamenti di risorse pubbliche il contratto a tempo indeterminato e, nello stesso tempo, facilitare l’utilizzo di uno strumento altamente precarizzante quale il lavoro accessorio.
Al netto della tracciabilità introdotta con il dlgs 185/2016, che abbiamo salutato in maniera positiva sostenendo, però, che non può essere l’unico deterrente ad un abuso ed uso distorto dell’istituto, crediamo utile fornire al lettore, al legislatore ed alla politica tutta, la nostra proposta che va nel senso di una revisione dell’istituto che ne condizioni l‘applicazione a situazioni caratterizzate dalla “eccezionalità e mera temporaneità” della prestazione. Siamo in sostanza convinti che lo strumento possa avere una virtuosa funzione in casi limitati, determinati appunto dalla eccezionalità nel suo utilizzo al fine di evitare situazioni di lavoro totalmente informale.
Quindi, alle imprese e datori di lavoro, mettiamo a disposizione più strumenti (più tutelanti per il lavoratore), che possano sopperire alla necessità di temporaneità di alcune prestazioni: voucher, contratto extra e lavoro intermittente.
Da qui la proposta di limitare l’utilizzo del lavoro occasionale e accessorio per un massimo di 2 giornate consecutive, con un tetto annuo di compenso di € 4.980 per il prestatore (in luogo degli attuali € 7.000) ed un nuovo limite economico per il committente (€ 1200 l’anno “indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro”).
All’interno della proposta vi è anche, e per la prima volta dalla nascita dell’istituto, la previsione di un tetto annuo per il committente, indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro, e la corrispondenza del singolo voucher a 4 ore lavorate.
La “proposta UIL” di modifica alla disciplina del lavoro occasionale accessorio:
Lavoro occasionale accessorio
- solo in presenza di “casi del tutto eccezionali e meramente temporanei”, anche nei settori caratterizzati da attività d’impresa
- prevedere la riduzione da € 7000 a € 4.980 nette annue* di compenso percepibile dal prestatore di lavoro indipendentemente dal numero dei committenti;
- per beneficiari di prestazioni di integrazioni e sostegno al reddito resta il tetto di 3.000 euro;
- introdurre, ex novo, un tetto massimo annuo di compenso erogabile da parte del committente indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro che non dovrebbe superare € 1200 l’anno con un massimo di € 600 annue nette per singolo prestatore.
- che il singolo voucher corrisponda a 4 ore lavorate (= €30 nette ogni 4 ore lavorate);
- per il committente, un tetto massimo di 20 giornate l’anno di utilizzo dei voucher, indipendentemente dal numero dei prestatori, e per non più di 2 giornate consecutive;
- Settori esclusi: e’ vietato il ricorso a prestazioni di lavoro occasionale accessorio in edilizia e in agricoltura
*€ 4.980 netti annui per singolo prestatore scaturiscono dal calcolo avente come base di partenza i € 30 netti corrispondenti al valore netto del singolo voucher
Contratto extra o di surroga (tempo determinato)
Strettamente collegata a tale ipotesi di modifica, apportare un correttivo alla disciplina sul lavoro a tempo determinato, nello specifico all’art. 29, comma 2, lett. b) del d.lgs 81/2015, estendendolo a tutti i settori (oltre al turismo ed ai pubblici esercizi) delegando la regolazione alla contrattazione collettiva nazionale.
A tal fine il vigente art 29, comma 2, lett b) dlgs 81/2015, andrebbe sostituito con il seguente:
“b) i rapporti per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nei casi individuati dai contratti collettivi nazionali o da accordi interconfederali, fermo l'obbligo di comunicare l'instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;”
Lavoro intermittente
Emanazione del Decreto Ministeriale indicante le esigenze di tipo oggettivo per l’applicazione del lavoro chiamata, sentite le Parti Sociali (entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge)
In questo 4° Rapporto, è stato analizzato il numero di voucher venduti dal 2008 al 2016, sia a livello nazionale che a livello regionale e provinciale.