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Attualità | 18 maggio 2017, 16:29

IPAB: i Comuni si mobilitino per evitare la "svendita" della Regione Piemonte

Torino prende posizione sulla bozza di legge. Appendino: "Prima della legge vogliamo conoscere lo stato patrimoniale delle Ipab per tutelare il pubblico interesse della Città". Appelli alla Giunta e al Consiglio regionale: "Difendere e garantire i patrimoni pubblici destinati dalle leggi vigenti alla fascia più debole della popolazione"

IPAB: i Comuni si mobilitino per evitare la "svendita" della Regione Piemonte

"I Comuni si mobilitino nei confronti della Regione per chiedere la sospensione e il ritiro della proposta di legge 193 – attualmente all'esame della IV Commissione del Consiglio regionale – che prevede il regalo ai privati di ingenti patrimoni destinati all'assistenza o la loro gestione da società partecipate, che si sono dimostrate inefficienti e fonte di sperpero di denaro pubblico". È l'appello che lanciamo come associazioni del Csa - Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base e Fondazione promozione sociale. 

La bozza di provvedimento regionale riguarda tutte le Ipab (sia che esse siano non attive, sia che lo siano, molto spesso in settori non esclusivamente dedicati alle persone povere come è previsto dalla legge) e cancella la possibilità per i Comuni di acquisire (senza alcun onere economico) i beni mobili e immobili delle istituzioni disciolte, con il vincolo di destinazione al settore socio-assistenziale.  

Senza una reale, dettagliata, pubblicamente resa  nota consistenza dei patrimoni Ipab in Piemonte (secondo stime del Csa ammontanti a non meno di 4 miliardi di euro) il disegno di legge prevede la trasformazione delle Ipab in fondazioni private o in aziende pubbliche di servizi alla persona (nuove megastrutture partecipate mangiasoldi). 

Questo dovrebbe preoccupare enormemente i Sindaci e le Amministrazioni comunali, che si vedono sottratte ingenti disponibilità di risorse per il settore dei servizi assistenziali. Non piangano poi miseria sui trasferimenti e sulle risorse.

Le fondazioni private e le aziende di servizi alla persona, alternative con le quali i cittadini e le associazioni perdono la possibilità di controllo sulle ex Ipab e sulla destinazione dei fondi al settore assistenziale, oppure le Amministrazioni, rischiano di dover coprire buchi di bilancio esorbitanti, creati da inefficienti società partecipate (si veda il caso torinese del debito dell'Opera Pia Lotteri di 17 milioni di euro derivanti dalla gestione durata 12 anni di una Rsa). 

A testimonianza della preoccupazione per il disegno di legge, con una comunicazione del 17 marzo 2017 la Sindaca di Torino e della Città metropolitana, Chiara Appendino, è intervenuta sulla vicenda: «In relazione al disegno di legge, di cui all’oggetto, si richiede che la Città di Torino per la parte di propria competenza e gli altri Enti territoriali aventi parte in causa nell’assegnazione e nella gestione del patrimonio pubblico di cui il disegno di legge andrà a disporre, siano pienamente coinvolti nella discussione e nella stesura della stessa. La nuova Amministrazione insediata da luglio 2016, intende prendere piena visione del patrimonio immobiliare ascrivibile alle Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza e intende contestualmente valutare con esaustiva e completa conoscenza in merito alla destinazione d’uso di tale patrimonio, con il preciso intento di tutelare il pubblico interesse della Città su di una materia di tale importanza dal punto di vista dell’assistenza e del welfare. A tal fine vi si richiede di attivare al più presto un confronto in merito»

L'ex Assessore all'assistenza del Comune di Torino e Professore universitario emerito, Giuseppe Bracco, è intervenuto dalle colonne del settimanale della Diocesi di Torino “La Voce e Il Tempo”, sulla destinazione d'uso dei patrimoni ex Ipab, molto spesso destinati ad attività non appartenenti al settore socio-assistenziale. Occorre, scrive, «difendere (e non invece disperdere, come da talune parti si sarebbe tentati) il patrimonio di beni mobili e immobili donati dai torinesi al Comune nel corso dei secoli per garantire l'esistenza stessa dell'Assistenza».

C.S.

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