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Attualità | 19 novembre 2017, 13:24

La vita che nasce sotto l'inceneritore: 600 alberi piantati per il futuro (FOTO)

Torna anche quest'anno l'evento "1000 alberi per Torino". Appuntamento per istituzioni, volontari e cittadini davanti al termovalorizzatore del Gerbido

La vita che nasce sotto l'inceneritore: 600 alberi piantati per il futuro (FOTO)

Vanghe, pale, guanti, scarponcini. Ma, soprattutto, cuore e buona volontà. Se è vero che "per fare un albero ci vuole il seme", altrettanto vero è che per generare la vita occorre una buona dose di amore e senso pratico, organizzazione e voglia di creare qualcosa di bello. Soprattutto in un luogo spesso al centro di proteste a sfondo ambientale.

Terza operazione dell'iniziativa "1000 alberi per Torino", a un anno esatto da quella in lungo Stura Lazio e qualche mese dopo la versione primaverile in via Zino Zini. Questa volta il luogo scelto non poteva che essere più simbolico: il termovalorizzatore del Gerbido, o inceneritore, come più concretamente è conosciuto da tutti.

Tecnici comunali, volontari dei progetti Giovani per Torino e Senior civico, coadiuvati dal gruppo Badili Badola Guerilla Gardening, si sono ritrovati in via Gorini per mettere a dimora 600 alberi che andranno a formare una sorta di vivaio, un boschetto urbano rigoglioso e misto. Questi i numeri: 250 aceri campestri, 120 querce farnie, 150 sorbi, 80 bagolari.

"Dovendo scegliere un'area di intervento", ha spiegato l'assessore all'ambiente Alberto Unia prima di mettersi al lavoro, "questo luogo ci è sembrato particolarmente significativo. Il contratto del termovalorizzatore cesserà nel 2034: abbiamo 17 anni per inculcare nei cittadini l'idea che la raccolta differenziata è importante. Perché resta comunque sbagliato il concetto di incenerire i rifiuti, è una questione ideologica e culturale da diffondere il più possibile".

Molto fitta la partecipazione: circa un centinaio di persone, bambini compresi, sono accorsi per dare una mano, cimentandosi in operazioni di certo non di tutti i giorni. Ma, come spiega Andrea Marchesini, fondatore del gruppo torinese Badili Badola, mettere a dimora un albero è più semplice di quanto sembri. "Il terreno è stato precedentemente preparato dai tecnici del verde, quindi basta scavare la buca, facendo attenzione alle pietre, larga almeno tre volte il diametro della radice e profonda il doppio. Dopo aver posato la pianta nella buca, la si riempie con del terriccio, per concludere con dei quadrotti di materiale pacciamante alla base delle piente. Questo permette di proteggerle dai decespugliatori e limitare la crescita di erbe infestanti, mentre i rotoli shelter che avvolgono il fusto impediscono l'attacco dei roditori". 

In questa giornata di giardinaggio urbano, tra l'altro, si ricorda anche un importante anniversario: i dieci anni di vita dei Badili Badola, che portano avanti sul territorio interventi di abbellimento dei quartieri proprio piantando alberi o fiori, e agendo in completa autonomia per lasciare un marchio verde e rigoglioso in mezzo al cemento. In questa occasione hanno voluto collaborare con le istituzioni. "La nostra è una forma di protesta pacifica che mira a contrastare ideologie e diktat, cercando di risvegliare le coscienze dei cittadini che non si prendono affatto cura dell'ambiente in cui vivono", spiega ancora Marchesini. "Il nostro obiettivo è di cercare sempre nuove forme di partecipazione e collaborazione con le persone, coinvolgendole in modo sano".

E sicuramente questo obiettivo oggi è stato raggiunto. Diverse le presenze della Circoscrizione 2, a cominciare dalla presidente Luisa Bernardini. "E' importante essere qui", spiega, "perché si tratta di uno dei tanti interventi di bonifica ambientale per compensare le emissioni dell'inceneritore. Si parla anche di immettere un impianto di irrigazione per poterle mantenere, perché hanno bisogno di cure costanti, considerando che sono appena nate".

Ci vorranno cinque o sei anni prima che gli alberelli possano assumere altezza e dimensioni medie. Tra dieci già si vedranno risultati interessanti.

Ma intanto, mentre si osserva l'abbozzo di una nuova vita emergere dal terreno, sembra quasi di respirare, finalmente, aria buona.

Manuela Marascio

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