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Centro | 20 settembre 2018, 07:00

Se n'è accorta anche “la Busiarda”, verrebbe da dire

Certo che, se si vuole leggere tra le righe, ma nemmeno troppo, il periodo qui sopra gronda di veleni polemici.

Se n'è accorta anche “la Busiarda”, verrebbe da dire

Ma non lo dico, perché se no farei un torto a tutti quei colleghi che lavorano per La Stampa e che oltre che colleghi sono pure amici, al Museo sono di casa e spesso hanno speso belle e significative parole per raccontare, a chi ha voluto conoscere ed informarsi, la Leggenda Granata, che i volontari dell’Associazione Memoria Storica Granata da anni narrano agii ospiti da loro accompagnati in visita nelle sale di Villa Claretta Assandri a Grugliasco.

Certo che, se si vuole leggere tra le righe, ma nemmeno troppo, il periodo qui sopra gronda di veleni polemici.

Già, perché ci sono ancora molti che non conoscono nemmeno l’esistenza di questo museo ed altri che, pur conoscendola, la ignorano. Chi per pigrizia, con la scusa “il prossimo fine settimana ci vado, è una vita che devo farlo…” ben sapendo che un’altra vita passerà prima che lo facciano veramente, chi per precisa scelta.

MI riferisco, tra gli altri, alla dirigenza granata, che dopo una breve parentesi, iniziata con Lerda per la prima squadra e con Longo per la Primavera, si è poi persa per strada. Salvo qualche sporadica apparizione in contesti, tipo la visita della Chapecoense di quest’estate, in cui l’assenza sarebbe stata evidente e pesante come un macigno, il Torino FC pare non sapere dell’esistenza di un Museo che narra la storia scritta nel secolo di vita abbondante dai giocatori che hanno indossato le casacche granata. Eppure gli abbiamo sempre detto che il Museo è anche casa loro e sono sempre i benvenuti.

Ma in un certo qual modo, come dare loro torto? Il museo è ospitato nelle sale di Villa Claretta Assandri a Grugliasco.

Ripeto, Grugliasco.

Se una città come Torino, che ha tuttora spazi post olimpici dismessi ed abbandonati, non è riuscita a trovare mille metri quadri o poco più, all’indomani delle olimpiadi, in cui ospitare un museo sfrattato da Superga ed alla ricerca di una sede degna del profondo significato culturale e sportivo di ciò che narrava, che vogliamo pretendere?

Consideratela una polemica, consideratela una chiamata in correo, consideratela come volete, per me resta una vergogna incancellabile nella storia di una città che, dai ragazzi che hanno indossato le maglie della squadra che porta il suo nome, ha ricevuto lustro, fama e gloria in tutto il mondo, per decenni. Ma altro canto, nemmeno i politici torinesi hanno brillato per le loro presenze al museo.

La possibilità di riscatto, però, è dietro l’angolo. Come anche le pietre sanno, e come ha recentemente ribadito il neo presidente della Fondazione Filadelfia, Luca Asvisio, il Filadelfia non sarà completo fin quando non saranno terminati tutti e tre i lotti, compreso quindi il terzo lotto in cui dovrà trovare sede il Museo del Grande Torino.

In tempi di ristrettezze finanziarie, ovviamente, non pretendiamo che vengano sottratti ai bilanci pubblici denari che vanno spesi per la collettività, ma una debita sollecitazione alle fondazioni bancarie cittadine, che tanto hanno fatto per la cultura torinese e tanto possono ancora fare, sarebbe cosa gradita.

E anche il Torino FC, potrebbe fare di più, iniziando magari col riscoprire le sue radici nel posto dove esse sono custodite e amorevolmente accudite affinché non appassiscano.

I volontari del Museo sono li, ad accogliere a braccia aperte, chiunque voglia conoscere ed informarsi. Come dice l’ultima frase del nostro filmato di accoglienza al museo, “benvenuti nella Leggenda”

Domenico Beccaria

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